Lo Stato - anno II - n. 14 - 20 maggio 1961

FILOSOFIA AMERICANA JOSIAH ROYCE CONTRO IL PRAGMATISMO « Lo stato d'animo, anche se non sempre il prodotto del pensiero, era più scientifico che religioso: come aveva visto Henry Adams, il secolo ventesimo adorava più la dinamo che la Madonna e, come aveva sospettato, l'adorazione era altrettanto irrazionale. L'assolutismo era abbandonato in ogni campo, anche in quello etico, sebbene le attività etiche proseguissero in massima parte lungo le linee tradizionali. Il pragmatismo °trionfava sulle filosofie concorrenti non tanto per la sua logie.asuperiore quanto per l'interesse e l'utilità superiori che presentava, e un popolo che trasformava l'individualismo in un feticcio, socializ– zò la filosofia e applicò il termine di scienza sociale alla storia, ali'economia, al!a politica :i,. Questo passo di H. S. Commager (Lo Spirito americano - La Nuova Italia - Firenze) sintetizza lo spirito dell'odier– na cultura americana e indica, a suffi– cienza, in quale direzione si muova, in linea di massima, la ricerca negli Stati Uniti. Ottimismo e successo L'abito pratico dell'americano, il suo innato ottimismo, la fiducia riposta più nel suo comportamento pratico che nelle idee, il giudicare sul metro del successo e dell'affermazione personale più che su quello dell'intelligenza, fa della sua cul– tura l'espressione più tipica di un ca– rattere e di una mentalità. Il grande in– teresse nutrito per i problemi pedago– gici e sociali deve essere considerato sotto questo aspetto: un interesse emi– nentemente pratico che prescinde da considerazioni e valutazioni teoriche, da postulati filosofici e che fonda, invece, la sua validità soltanto nell'agire e nello operare. La praticità di una norma diventa la Z4 bibliotecaginobianco validità della norma stessa: la statistica, che raccoglie i dati numerici dei vari comportamenti, è l'indice più sicuro per la verifica di ogni azione. Cosicché il giudizio si fonda su dati quantitativi e proprio nel numero ricerca valore e au– tenticità. La moralità, tradizionalmente intesa, lascia il posto ad una moralità di tipo nuovo, « l'etica del comportamento :i,, fondata sull'agire e sul presupposto che un'azione è verificabile dal successo che se ne consegue. In modo che successo ed affermazione diventano i capisaldi di una concezione della vita basata sul benessere individuale dei singoli e sul senso di uguaglianza dei cittadini. La personalità, concepita come indi– vidualità cosciente - cioè come vita in– teramente vissuta, consapevole sforzo di .autorealizzazione - scade a mera indi– divualità: nasce l'individuo che ben co– nosciamo, il componente di una società di massa caratterizzata da gusti, con– vinzioni, aspirazioni uguali, in cui la abitudine, e non la responsabilità, guida le azioni di ognuno. La tipica affermazione del cittadino americano: « I am averageman i>, « Io sono un uomo comune :i,, è l'espressione caratteristica di una società livellata e pianificata nelle sue aspirazioni e nei suoi ideali, in cui l'uomo scompare e si ha un individuo, numero tra numeri, identico a milioni d'altri individui come lui, privi di personalità, ingranaggi di una gigantesca macchina sociale. L'esi– stenza decade a ruolo di «routine>, un susseguirsi, ad ore fisse, di gesti, movi– menti, ripetuti all'infinito, senza con• vmz1one. Il carattere « scientifico e sperimen– tale » della vita della società americana spiega, sul terreno dell'interpretazione culturale, come le correnti del naturali– smo, del pragmatismo, e successivamen– te del neo-positivismo logico siano di- ventate le scuole « ufficiali » della filo– sofia americana. Una filosofia diventata costume, un « modus vivendi », un abi– to mentale che conduce ad una ottimi– stica fiducia nel progresso, nella civiltà delle macchine, nella scienza e nella tec– nica, considerate fine e non mezzo di conquista della natura. "Basta con gli assoluti,, Dal momento in cui, alla fine del se• colo scorso, il filosofo pragmatista Wil– liam James, in polemica col trascen– dentalista Josiah Royce, diceva enfati– camente: « Basta con gli Assoluti>, ne– gli Stati Uniti, il pragmatismo iniziò una violenta quanto aspra campagna non soltanto contro il concetto di Asso– luto e contro quals·iasi impostazione metafisica, ma mirante a sostituire ai metodi speculativi della ragione i meto– di proprii della scienza sperimentale. Veniva così negata, in blocco, tutta una tradizione filosofica, che si era af– fermata da Platone a Hegel, e agli an– tichi metodi, alle tradizionali imposta– zioni si opponevano dimostrazioni de– sunte oltre che dalla pratica e dalla di– namica degli avvenimenti, da analisi biologighe e sociali. Mentre la sociolo– gia diventava la prima delle scienze, i metodi empirici e di laboratorio veni– vano trasferiti nel campo della filosofia. Si parlò di « ricostruzione filosofica », una ricostruzione che prescindesse dai risultati cui era pervenuta la filosofia tradizionale e, di questa, abbandonasse problemi e temi considerati « astrattezze e vuotaggini ». Fu J. Dewey a prospettare la necessi– tà di una ricostruzione « totale l>: « Il problema della ricostruzione nel campo morale come nel campo filosofico, in ge– nere - come ebbe a scrivere colui che

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