Lo Stato - anno II - n. 13 - 10 maggio 1961

m10 stomaco vive del mio pensiero e il mio pensiero vive dello stomaco» (p. 299). Tutto è brunianamente centro e periferia, verità ed errore, relativo ed assoluto, libertà e schiavitù, e così via. Soltanto adesso è possibile intendere il significato dell'ultimo saggio del vo– lume, Responsabilità della cultura, (pp. 323-338), che è in perfetta contraddizio– ne con i primi due, caratterizzati dal– l'apologia e dalla profezia del trionfo del Comunismo, che implicherà la « spri– vatizzazione » dell'individuo e la conse– guente soppressione delle libertà demo– cratiche o delle carte dei diritti. Adesso, invece, lo S. insiste sulla li– bertà e responsabilità dell'uomo di cul– tura, il quale « deve poter criticare e combattere tutto e tutti, portandosi al di sopra di ogni campo determinato e perciò esercitando la propria libertà sen– za confini di sorta » (p. 325). Non giura, infatti, il professore uni– versitario né sul Vangelo, né sulla Co– stituzione, a differenza dello stesso Papa e dello stesso Capo dello Stato, allo sco– po di non subordinare mai « la propria assoluta libertà... ad alcuna tentazione e ad alcun interesse particolare» (p. 325). Dimentico di quanto prima ha detto, ora lo S. stigmatizza « il parteggiare della cultura » (p. 332), il suo asservirsi all'ideologia e alla propaganda di un partito: « Lo spettacolo, anzi, che l'alta cultura dà di se stessa non è dei più confortanti, e gli interessi più particolari e anche più meschini caratterizzano purtroppo la massima parte di coloro che dovrebbero essere i rappresentanti delle più alte esigenze di universalità » ( p. 333). Da quale pulpito viene la predica! Dopo avere asserito che « la persona staccata dall'ent~ no~ ~a ragione di es: sc:re e la sua hberta e vana se non e al servizio della collettività> (p. 101), e che « la libertà nel senso tradizionale comincia a dimostrarsi a poco a poco di significato anacronistico », non essendo– ci più, infatti, « una sfera dell'attività umana che sia lasciata all'arbitrio del singolo » (p. 178), come può lo S. sen– za contraddirsi ad oculos, battersi per la libertà, la dignità e la superiorità morale e intellettuale dell'uomo, e del– l'uomo di cultura in particolare? Quale senso, dunque, possono avere le sue belle espressioni che l'uomo di cultura « deve difendere integralmente la libertà di dire » ? ( p.331); che egli deve sempre sottrarsi « dal giuoco delle parti :1>? (ibid.); che deve starsene « fuo– ri dei partiti », « ma fuori anche di 24 bibliotecaginobianco ogni manifestazione di parte»? (ibid.) E se prima egli ha plaudito al con– formismo comunista, come mai ora di– chiara che « l'uomo di cultura non può essere mai conformista e il suo atteg– giamento deve assumere fatalmente un carattere di opposizione più o meno radicale »? (p. 337). Contraddizioni, come ognuno vede, fin troppo stridenti e appariscenti di un pensiero che si mostra sempre, per chi vi abbia l'occhio dentro, abbondante– mente semplicistico, in un volume in cui non mancano gravi stranezze, come STORIA E IDEOLOGIE L'empirismo Lo studio deUe trasformazioni av– venute in· Europa e nel mondo nel corso del seoolo XIX, è senza dub– bio uno dei pu:nti di partenza fon– damentali per un esame approfon– dito e conoreto della ,presente realtà e dei suoi possibili sviluppi futuri Le forze storri-chee ,politiche op-eranti nel nostro se-oolo,così come le gra 1 ~– di ,correnti ideofogiche che lo dom:– nano, hanno avuto origine e si sono articolate nei c-ento anni che vanno dal congresso di Vienna alla prim::i guerra mond'iale. Non è dunque pos– sibile gi-ung>er-ead una conoscenia esatta dei grandi contrasti di forze e di idee che caratterizzano il nostro tempo, senz;a aver dato una inter– rpretazfone al periodo in cui quelle farne maturarono e quelle ide-e pre– sero forma. E' parimenti impossio:ie però, staccare l'indagine stori·ca cd id-eologica di quel secolo, dag'i anni che ne hanno costituito la co.1~lu– sione e lo sbocco. Né si può giudi~are della validità delle idee e della lo– gica dei processi di svil11ppo, s·e11za tener pr-esente le conseguenz;e finaii alle quali esse -condussero nella pri– ma metà del nostlro secolo. La trasformazione che co:1dusse la Europa dal consesso di Sovrani che la regolava attraverso la Santa Al– leanza, fino •alla sua frattura in gruppi di stati che non obbedivana più ad un unico iprincipi-o informa– tore, ,e che avevano quasi ,tutti il centro di gravità dei loro interes'>i fuori del continente, è senza dubbio il risultato più evidente che si pre– senta allo sguardo di- chi limita l'esame alfa fase che termina con la prima guerra mondiale. Il fallimento del tentativo di restituire all'Europa ,un'unità «ecumenica », il prevalere delle energie nazionall sulla sovra– ni-tà degli Stati, la proiezione ester– na dei nazionalismi che sl tra.sfor– marono in imperialismi, mutò radi– cahnente in cento anni la fisionomia la Velocità quale nuovo Valore, l'esigen• z.i. di sacrificare le libertà democratiche, di sprivatizzare l'individuo, di trasfor– mare e adattare sempre il proprio pen– siero, al valore di chi comanda l'istanza scettico-dogmatica di relativizzare scien– za e filosofia, la grande « trovata » che il Comunismo non è Marxismo. Qui tocchiamo il punto, in sostanza il volume significa: il profeta del Mar– xismo non è Marx, è ...Ugo Spirito. Questo il suo intento pratico, e questi 1 su01 limiti speculativi. FILIPPO ARGENTI di Russel deU'Europa. AlJ'inizio del XX secolo, l'Europa non era più dominata da una comunità di Sovrani. ma era costitui-ta da un insieme ·a.i imperi nazioniali. N-on è tuttavia sensaito, il giudi– care della validità del principaio di «legittimità» sul metro del suo 1fal– I-im,ento,né d-ella vitalità dei nazio– nalismi, dal fatt-o che essi condus– sero alla guerra. B'.isogna tener pre– sente il fatto decisivo, verificatosi al– la fine non della prima, ma deHa seconda guerra mondia'e, la scom– pal\Sa, cioè, dell'Europa nel suo com– plesso come fattore de.terminante del1a politica mondia1e, per vedere 1!l processo nella sua reale prospet– ti va. Si vedrà allora che i principii che animavano l'Europa det Sovrani era– no essenziali alla vi-ta del continente, e che essi ,potevano essere trasfusi In nuova ed originale forma in uno dei gruppi ·di forze nazionali che dalla sua dissoluzione er.ano scatu– riti. La «catMtrofe» del secolo XIX non è nel fatto di aver -condotto ai conflitti mondiali, ma nel fatto che da quel conflLtti non •scaturi :J'avit– toria di forze capaci di suscitare una rivolta euro.pe.a,nella quale principi! perenni trovassero .in f,orme ortginall e w si vuole «moderne », la possi– bilità di vivere e di svil1up;parsi. Visione parziale Una simHe limitazione di visuale, è il difetto più evidente dell'open. di Bertrand Russe!, «Stori,a delle idee del secolo XIX», presentataci r,ecen– temente dalle edizioni Monda:dori. Il suo titolo originale «Libertà e or– ganizzazione» definisce <forsemeglio e più ·esattamente H reale contenuto di questo lavoro. Il problema ,princl-

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