Lo Stato - anno II - n. 10 - 10 aprile 1961

Come s'è detto, è in corso da vari anni una polemica sulla politica fiscale dello Stato, alimentata sopratutto da C().· loro che sono direttamente o indiretta– mente interessati nel settore della moto– rizzazione e che cercano di indurre il governo a modificare i criteri che infor– mano il suo sistema tributario. Della questione si sono interessati anche eminenti economisti e specialisti in materia tributaria. Fin dal 1952-53 è stato proposto, per esempio, di desti– nare alle costruzioni stradali, e più ge– nericamente a tutti i servizi attinenti alla circolazione automobilistica, per un certo numero di anni, quella parte del gettito fiscale fornito dalla motoriz- zazione, che eccede, negli anni succes– sivi il totale dei gettito fornito in un determinato anno. Così, per esempio, se lo Stato avesse adottato questo criterio negli ultimi sei anni, a partire cioè dal 1955, si avrebbe: anm gettito fiscale complessivo quota fissa quota destinata sugli autotrasporti dello Stato alle strade 1955 296 miliardi di lire 296 1956 331 » » 1957 386 » » 1958 460 » » 1959 463 » » 1960 527 » » In altre parole, e per concludere, lo Stato, assicuratosi 296 miliardi annui (il gettito fiscale fornito dalla motoriz– z.azione nel '56), avrebbe potuto desti- » 296 35 miliardi > 296 90 » 296 164 > » 296 167 ) » 296 231 » nare alle opere stradali, negli ultimi 6 anni, ben 686 miliardi senza provo– care squilibri nel suo bilancio. Problemi dell' agri col tura Le scienze economiche e la tecnica, nel loro costante sforzo di adeguarsi alla realtà, possono suggerire alla poli– tica l'azione opportuna per favorire un equilibrio del sistema economico su li– velli più alti, ma non sono certamente in grado di indicare i mezzi atti a crea– re un rapporto di fiducia, una intesa profonda fra classe dirigente e ammini– strati. Il progresso, d'altra parte, non dipende soltanto da concetti razionali, ma da influssi emotivi, da ,reazioni psi– cologiche talvolta non facilmente iden– tificabili. Tali impulsi - che spesso de– terminano il bisogno dei singoli di af– fermare la propria personalità, il desi– derio di rappresentare qualcosa in una società operante, - possono avere, in– fatti, le più diverse origini. Ma qualun– que sia la spinta che crea nell'uomo la necessità di agire, di dare un significato etico al proprio lavoro, è indubbio che il progresso, nella accezione più vasta del termine, dipende dal!'entusiasmo che la sua ricerca fa nascere in una collettività. La crescente partecipazione dei citta– dini alla vita nazionale rende più acuta la posizione critica di larghi strati della popolazione verso tutti i settori ammi– nistrativi e operativi del Paese, provQ– cando incomprensioni e risentimenti che tendono a risolversi in « idee-mito ». A ciò concorre, purtroppo, il comporta– mento della burocrazia, gelosa delle sue Lo STATO ib11otecaginobianco Molte cose non vanno in agricoltura per imprevi– denze del passato, ma molte non vanno per la mcom– petenza ed il disinteresse di non pochi fra coloro che controllano le leve della politica agraria in Italia prerogative e indifferente alle sollecita– zioni esterne. Avviene così che anche buone leggi - applicate con criteri ri– gidi e tecnicistici, incompatibili con i principi che dovrebbero ,regolare i rap– porti umani in una comunità democra– tica, - perdono vigore sotto la sferza di una critica apparentemente sommaria, ma comunque guistificabile. In questo clima di crisi dei rapporti nella comunità, coloro che dovrebbero formare l'opinione (gli « opinion ma– kers » del mondo anglosassone) denun– ciano limiti preoccupanti; poiché non considerano a sufficienza che i giudizi del cittadino sulla classe dirigente - e quindi la possibilità di creare una in– tesa democratica attiva nel Paese - sono direttamente proporzionali alla . vitalità e al coraggio che i partiti al po– tere manifestano nella loro condotta po– litica. Tanto più questi sono inclini agli equilibrismi tattici, e la loro opera ha fini «congiunturali», tanto più l'opi– nione è confusa, cioè negativa. V Il problema dello sviluppo economico e della più equa distribuzione della ,ric– chezza, tema centrale delle economie del nostro tempo, non dipende quindi solo da una scelta di strumenti tecnici, ma dall'azione che la classe dirigente sa svolgere nel campo psicologico e sociale: vale a dire, sul piano politico. E' un fatto che nel nostro Paese biso– gna stabilire la fiducia fra lo Stato e il cittadino. Si dirà che il fenomeno della diffidenza verso l'ordine costituito è an– tico quanto le istituzioni politiche; si obbietterà che esso è circoscritto ai gruppi minoritari dell'opposizione (e si direbbe il falso); si affermerà che l'Italia è uno Stato di diritto, uno Stato democratico; ma non si potrà negare né l'esistenza del fenomeno, né la sua pe– i:icolosità, né, infine, che la parte della popolazione più esposta ad esso è quel-– la agricola, cioè oltre il 30 per cento della popolazione attiva. 21

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