Lo Stato - anno II - n. 9 - 30 marzo 1961

bi lseguito di pag. 15) Dopo questa premessa di assoluta e incondizionata solidarietà con la agitazione forense in corso, non pos– siamo tuttavia esimerci dal rilevare che le manifestazioni di ostilità av– venute nei riguardi di taluni avvo– cati, che hanno ritenuto di dare pre– minenza al loro dovere di difenso– ri rispetto alla loro qualità di ap– partenenti alla classe forense, non possano esserg da noi condivise. In primo luogo per raiioni cii forma. Pensiamo, infatti, che, per la digni– tà stessa della classe forense, sa– rebbe stato preferibile evitare alcu– ne chiassate verificatesi nel Palazzo di Giustizia di Roma. In secondo luogo perché gli avvocati, per la lo– ro qualità di cultori e studiosi del diritto, dovrebbero essere i primi a rendersi custodi inflessibili della li– bertà di lavoro. E se taluni di essi hanno, nella loro coscienza, ritenu– to di non potere venir meno al loro dovere di difensori di imputati, che, « in vincoli », si sono a loro affida- ti, nessuno, a noi pare, ha il diritto di insultarli per questo. Tanto più che, così come sarebbe ingiusto de– finire ~ sciopero » l'attuale agitazio– ne degli avvocati, altrettanto sareb– be disdicevole per la categoria fo– rense parlare di «crumiri>. Tra gli avvocati non vi possono essere né scioperanti né crumiri, ma solo uo– mini che, a prescindere dal loro at– teggiamento nel cm:o specifico che ci interessa, sono pensosi e solleciti per l'amministrazione della giustizia. Problemi dell'agricoltura 11 patrimonio olivicolo italiano è concentrato per 1'80% nel Mezzogiorno. Tale dato è già di per se sufficiente a 90tto– lineare l'importanza che si deve connettere ai problemi legati al settore Contrariamente a quanto accade per il vino, la nostra produzione di olio di oliva è inferiore alle eiigen– ze del colilsumo naziooale, che as– sorbe oltre cinque milioni di quin– tali di olii vegetali, di cui la metà di oliva. E ciò nonostante che l'Ita– lia sia preceduta ~olo dalla Spagna nella graduatoria mondiale dei pae– si produttori. I problemi di tale col– tura, pertanto hanno dimensioni e– eonomiche diverse da quelle di al– tri rami della nostra agricoltura, ma non sono meno importanti. Per va– lutarne i limiti, occorre ricordare che il patrimonio olivicolo italiano a~ende ad oltre 4.000 miliardi di li– re - per 1'80% circa concentrato nel Mezzogiorno - e dà una produzio– ne annua di oltre 100 miliardi, im– pegnando un miliardo e 150 milioOni ore lavorative. A ciò Ya aggiunto il notevolissimo valore dell'industria olearia di prima trasformazione e di raffinazione, alla quale sono le– gate numerose attività di lavoro e di scambio. Ma non è tutto: la coltu- 18 caginobianco IV ra olivi,wìa rappresenta in numero– se zone la principale, ie non l'unica, fonte di reddito, e tende ad e§pan– ùersi, soprattutto nei terreni asciut– ti del Sud, per il non eccessivo co– ste di impianto e per la f!)Ossibilità di consociarla con altre colture, fra le quali la vite, fìn0 a quando la piantagione non abbia raggiunto la piena produttività. (In genere, ro– livo entra in produzione verso i 5- 12 anni di età, ma raggiunge la pie– na produttività verso il 35°-45° an– no, mantenendola molto a lungo - circa un secolo - prima di comin– ciare a decadere). La tendenza alla espansione della coltura, inoltre, è sollecitata, in mod0 sensibile, dai contributi statali per le spese di im– pianto, disposti con la legge 26 lu– glio 1956, n. 839, e dei contributi or– dinari della Cassa per il Mezzogior– no nei comprensori di boniiica del Sud. E' vero che l'azione della leg– ge del 19i6 si esaurisce con l'eser– cizio 1960-61, ma il Piano Verde pre– vede nuovi im:entivi. Questo rapido quadro potrebbe d@re l'impressione che i nostri pro– blemi olivicoli si riducano, in bre– ve, ad uno solo: la necessità di di– latare la proGiuzione, o almeno di accrescere la produttività delle pian– tagioni. Naturalmente, il problema non è solo queito: ve ne sono altri, infatti, che investono la produzione e la tecnica colturale, l'industria di trasformazione e il mercato, cio~ tutte le fasi del ciclo economico del ramo. Anzitutto è da rilevare che l'ovi– coltura ha un andamento produtti– vo irregolare, caratteristica, questa, che rappresenta uno dei punti debo– li della coltura. Più che di alternan– za delle produzioni, però, si può par– lare di «casualità», come è dimo– strato dai numerosi raccolti che, con– siderati di <r carica », hanno poi re– so in misura nettamente inferiore alle aspettative: basti ricordare, a questo proposito, il raccolto del 1955, che è stato fra i più scadenti dell'ul– timo decennio. L'aumento delle me– die produttive di lungo periodo è determinato, in effetti, dal rapporto, costantemente più favorevole, fra la coltura specializzata e quella pro– miscua. (La produttività dell'olive– to specializzate è di 3-4 volte mag– giore di quella dell'oliveto a colt11- ra consociata). Questa rilievo porta, evidentemen– te, a una prima conclusione: non ba– sie. estendere indiscriminatamente le

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