Lo Stato - anno II - n. 8 - 20 marzo 1961

• Il pensiero conservatore negli Stati .Uniti· Il risveglio conservatore avvenuto ne– gli Stati Uniti durante lo scorso de– cennio ha offerto, sul piano di una ricca produzione intellettuale, vistosa dimostrazione di come siano colà av– versate le tendenze verso 'Ì sistemi di pianificazione economica e sociale. Negli USA un surrogato alle for– mule che il socialismo offre alla solu– zione dei problemi economici è rappre– sentato dalle tendenze alla pianificazio– ne economico-produttiva espresse da una nuova scuola di economisti e di sociologi. Si tratta per lo più di teorie f10rite in ambienti radicali, mediante le quali si vorrebbe imporre alla ·socie– tJ formule razionalistiche di livella– mento. A queste tendenze si sono op– posti e si oppongono tuttora validi espo– nenti delle varie correnti consevatrici che sono presenti nella cultura e nella politica americana. La polemica che i neo-conservatori hanno condotto, in difesa dei principi rdigiosi, morali e politici propri alla t.tadizione del loro grande paese, è giun– ta a noi soltanto come una eco smorza– ta. Eppure, gli autori che in decine di libri hanno denunciato il pericolo che l'America venga condotta ad una fase di « comunismo bianco » attraverso la rigida regolamentazione dei rapporti· so– ciali sulla base di schemi egualitari, rappresentano la parte più viva della generazione intellettuale americana de– gli ultimi dieci anni. Pensatori quali Russell Kirk, che nell'opera « The Con– servative Mind: from Burke to San– tayana » (ed. Henry Regnery Co.) ha raccolto le testimonianze più impor– tanti della tradizione conservatrice eu– ropea ed americana, o quali Clinton Rossiter che in « Conservatism in Ame– rica » (ed. Alfred Knopf) ha riscoperto le fila della continuità storica del còn– strvatorismo statunitense, e molti altri ancora, in centinaia di pagine dedica– te alla valorizzazione del comune pa- Lo STATO liotec ginobianco trimonio culturale dell'Occidente, rap– presentano un serio tentativo di oppor– re ai piani di sviluppo dei neo-roosevel– tiani la serietà di una Cultura saldamen– te ancorata alla storia ed alle tradizioni nazionali. Non si tratta soltanto di di- · scutere i possibili sviluppi della orga– nizzazione sociale e produttiva, ma an– che di riandare alle radici degli pseudo ideali del socialismo, indicandone i ca– ratteri sovvertitori alla luce della tradi– zione cristian'a dell'Occidente e denun– ciando la loro inadeguatezza ad offri– re soluzioni umane ai gravi problemi che investono la vita delle nazioni oc– cidentali. Dopo gli anni dell'ottimismo super– ficiale ingenerato dal crescente svilup– po della tecnica e dell'organizzazione industriale, anni che cadono all'inizio del secolo, e dopo l'esaltazione inco– sciente della generazione liberal-progres– sista del periodo rooseveltiano, vi è stato in America un ripiegarsi degli intellet– tuali verso un riesame degli pseudo va– lori del pragmatismo del James e del– l'anarchismo educativo del Dewey, lar– gamente dominanti la mentalità ame– ricana dell'ultimo mezzo s~colo. Autor·i quali Richard Weaver hanno addirit– tura scritto che « le catastrofi della no– stra età non sono il prodotto di una ne– cessità, ma di una scelta non intelli– gente », scelta operata allorché, con il Rinascimento, si volle porre l'uomo a misu~a di ogni cosa, dando così l'avvio al « tradimento dei chierici». Ross J. S. Hoffman, massimo esponente degli in tellettuali cattolici negli Stati Uniti, e~presse dieci anni or sono le proprie idee in relazione ai vari aspetti del se– colarismo liberale e della americana fi– lo~ofia del pragmatismo. In « The Spi- • rit of Politcs and the Future of Free– dom » (ed. The Bruce Pubi. Co.) egli condannò recisamente l'interpretazione radicale della cosiddetta « Rivoluzione america,ia », rivendicando alla coscien- za conservatrice dei fondatori della Re– pubblica uno spirito immerso nella tra– dizione degli antichi diritti inglesi ( respingendo le tanto vantate influenze giusnaturalistiche, così da aprire una revisione storiografica che negli ulti– mi anni ha prodotto frutti copiosi. E dopo aver posto in risalto ,l'opposizione ai principi del liberalismo e del sociali– smo, concluse nella denuncia vigorosa di ogni tendenza che miri ad instaura– re in America uno Stato pianificato, valendosi all'uopo di ampie citazioni tratte dai vari messaggi del defunto Pontefice PIO XI1°. A porre però i termini del risveglio wnservatore avvenuto negli Stati Uniti dopo il 1950, è stato lo scrittore Russell Kirk. Nel libro « The Conservative Mind » (sarebbe opportuno che qual– che editore italiano non sinistreggiante presentasse da noi questa pregevole ope– ra) egli scrive che « il Conservatorismo non è un corpo fisso di dogmi e i con– servatori ereditano da Edmund Burke h capacità di riesprimere le loro con– vinzioni in aderenza ai tempi». L'es– senza di esso è di preservare le antiche tradizioni morali dell'umanità, in quan– t0 la società è una realtà spirituale, che possiede vita eterna. Secondo il Kirk il pensiero conserva– tore si può riassumere nei seguenti ca– nom: « 1°) Il credere che un divino inten– to governa la società e la coscienza, for– giando una eterna catena di diritti e di doveri, la quale lega i grandi e gli oscuri, i vivi e i morti. I problemi po– litici, sono in fondo, problemi morali e religiosi. 11°) Amore per la varietà ed il mi– stero della vita tradizionale, perché di– stinta dalla stretta uniformità e dai fini egualitari ed utilitaristici dei sistemi radicali. 111°) Convinzione che la società ci- • vile richiede ordini e classi. La sola 25

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