Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

nel tentativo di reprimere gli slanci che minacciano di rompere i loro schemi pre stabiliti. che Da parte nostra il discorso non pucfe– non essere diverso. Tutte le espressioni di disagio spirituale e di critica dei miti sui quali poggiano i templi sconsacrati del materialismo moderno, compresa la illusione di conseguire l'ordine e la fe– licità attraverso il benessere sociale, rap– presentano una salutare testimonianza dello stato di crisi in cui si dibatte la odierna civiltà livellata dal razionalismo e qui • disarmata di fronte all'ideolo– giiaierna C • e. quindi. positivo diventa meno im– m&!_amarX/fando dalla critica e dalla nega 1 i.i8"rl.'è ';i. passa all'ambito delle « pro– poste ». Troppo pressanti ed unilaterali sono le suggestioni della cultura moder– na perché sia possibile liberarsene com– pletamente d'un sol colpo ma non bi– sogna dimenticare che in secoli di pro– paganda « illuminista » sono state mor– tificate e quasi paralizzate le facoltà psichiche più sensibili al linguaggio del– l'anima, per cui qualsiasi tentativo di riprendere il dialogo - pur con ine– vitabili incoerenze - merita di essere attentamente seguito. Questo è il caso degli angry, che oltretutto risentono ddla non trascurabile eredità dell'angli– canesimo. Colin Wilson è un tipico esponente della tendenza che si muove oltre il manierismo osborniano. I personaggi del suo romanzo « Riti notturni » sono stati presi di mira da Gustavo Herling, che li ha ribattezzati definendoli « gio– vani dèi arrabbiati ». Nel suo primo li– bro - un lungo saggio sulle caratte– ristiche del « ribelle », scritto a soli ventiquattro anni - Colin Wilson af– fermò come conclusione: « Il problema della civiltà è l'adozione di un atteggia– mento religioso che possa essere assi– milato tanto oggettivamente quanto i titoli dei giornali dell'ultima domenica». Secondo la sua tesi i « ribelli » o meglio gli « esclusi » che abbondano nella storia della cultura moderna - da Kierkegaard, a Dostojevskij, a T. E. Lawrence - sono le vittime ed insieme i testimoni della crisi razionalista e materialista alla quale non vogliono ade– guarsi. In un successivo saggio Wilson scrive: « In ultima analisi, un credo religioso non è niente altro che il cemento desti– nato a tenere insieme i mattoni della civiltà; non appena quello manchi, la civiltà si dà a secernere, quasi fossero foruncoli, degli "esclusi" insoddisfatti: 24 tecaginobianco 'ammala e deperisce. Le occorre 'lente, un'aspirazione comune; e '"'ra 11;enza determina la condizione ...~raie, il clima intellettuale della ci– viltà». Ecco che lo spirito funzionale ed uti– litaristico col quale viene giustificata la religione (niente altm che cemento ...) tradisce ancora una certa eredità roman– tica le cui false vie d'uscita hanno per segnale la « richiesta » di un ideale, di una fede. Manca il coraggio di rompere il velo, di compiere il salto, di avere la Fede nella trascendenza che esclude tut– ti i discorsi immanentistici, per quanto brillantemente e religiosamente ispirati. Se si ha timore o vergogna della Fede a priori (e delle sue leggi che si incarna– no nella Chiesa, che non è una fabbrica di cemento), quali altri valori - se non sterili critiche - rimangono davvero in piedi come alternativa a quelli espressi oggi dalla produzione e dal consumo, che in fondo dànno un loro impulso ed un loro ordine all'attuale civiltà? La stessa ambiguità romantica si ri– specchia in « Riti notturni », i cui per– sonaggi aspirano disperatamente all'as– soluto, ma scelgono soluzioni piuttosto equivoche per soddisfare la loro ansia. Comunque, alla fine, lo scrittore am– mette che le sue creature sbagliano per– ché sono « malate », e rimane la no– stalgia per l'uomo concepito dal Catto– licesimo come « un'anima immortale, sospesa tra il cielo e l'inferno », secon– do l'espressione del protagonista del ro– manzo che si amareggia per la « sva– lutazione continua» dell'uomo: « oggi egli è semplicemente un membro della società che ha doveri verso tutti gli altri». Forse più interessante di Colin Wilson è un altro giovane angry, Stuart Hol– royd, quasi del tutto sconosciuto in Ita– lia. Anch'egli si è affermato scrivendo ad appena 23 anni un ponderoso saggio « Emergence from Chaos ». Holroyd parte dalla critica dell'Humanism, che giudica tutto con il metro dell'uomo, senza riconoscere la sua imperfezione e cercare quindi di trascenderlo; mentre è necessario non sfuggire -la sofferenza spirituale, avere un esatto concetto della Divinità, la consapevolezza della realtà del male e quindi una visione del mon– do che non sia ciecamente ottimista. Da questa premessa, lo sviluppo è preciso e coerente: « Nel 1848 Kier– kcgaard vedeva chiaramente quanto George Orwell vide appunto cento anni dopo quando scrisse il suo "1984". E Kierkegaard comprese allora che il pro- cesso di livellamento può essere fermato solo dall'individuo che raggiunga in so– litudine il coraggio e la perseveranza dell'uomo religioso che si rivolge a Dio. Ma il 1848 fu anche l'anno del mani– festo comunista di Marx ed Engels, e le constatazioni del solitario ed oscuro pensatore danese non potevano far nul– l,l per ostacolare il processo di livella– mento che questo documento interna– zionale accelerava ». Il giovane angry non teme poi di sca– gliarsi contro una fra le divinità mag– giori della mitologia contemporanea, la indiscriminata libertà, e scrive: « Al giorno d'oggi gli uomini politici parla– no con gran serietà dei "paesi liberi del mondo", senza sospettare nemmeno che nella frase c'è una sinistra ironia. La vera libertà non è possibile per una nazione o per un individuo se sono alienati da Dio... Quando siamo liberi esteriormente siamo spesso ciechi al fatto che è limi– tata la nostra libertà interiore... al gior– no d'oggi sulla mente sia dei bambini che degli adulti agiscono numerose sug– gestioni collettive che rendono impossi– bile pensare in maniera indipendente ». Infine Stuart Holroyd traccia una fe– nomenologia dell'esperienza religiosa contemporanea affermando che allo « uomo psichico » o « nato una volta sola», il quale spesso è religioso in senso convenzionale, deve succedere l'« uomo nato due volte» (riecheggiano i motivi del nostro Papini) che « risco– pre » e vive intensamente la religione. Ma nelle conclusioni lo scrittore cede agli stessi equivoci di Colin Wilson, cioè esaspera i presupposti individuali– stici. « In un momento come questo - egli afferma - solo la religione può salvare dal naufragio la personalità umana individuale. Con questo non vo– glio dire che può farlo la Chiesa, ma piuttosto che un uomo il quale abbia nei confronti della vita un atteggiamen– to veramente religioso sarà immune da questo processo di livellamento. Un tale atteggiamento non comporta semplice– mente l'accettazione di determinati aedi, ma è un rapporto attivo fra la personalità umana e la Divinità ». L'autore di <<Emergencefrom Chaos», insomma, non si accorge di cadere nel vecchio errore protestantico che aprì la serie degli H umanism, da lui stesso esplicitamente criticati. Non si accorge di indulgere all'egocentrismo romantico, che ha già tanto contribuito al discre– dito di tutte le rivolte genericamente spirituali. FAUSTO GIANFRANCESCHI

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