Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

bi Le assicurazioni sociali dovrebbero, oltre che proteggere gli individui, essere un modo per redistribuire il reddito nazionale in maniera equa. Col sistema vigente si ha il risultato opposto. L'art. 53 della Costituzione dello Stato, « tutti sono tenuti a concorrere alla spesa pubblica in ragione della loro capacità contributiva », è praticamente eluso ed il contributo previ– denziale non è commisurato al reddito ma alla mano d'ope– ra impiegata, con evidenti sperequazioni a favore delle azien– de più ricche e più moderne. Ugualmente il sistema si riflette a danno della occu– pazione oltre a facilitare alle imprese il trasferimento del– l'onere, posto giuridicamente a loro carico, sui consumatori. Come afferma giustamente D'Agata « la politica previ– denziale toglie con la mano sinistra ciò che ha dato con la destra, in qua·nto l'aumento dei prezzi dei prodotti del– l'ordine primario diminuisce il potere d'acquisto dei percet– tori di redditi fissi e ne assottiglia le eventuali disponibi– lità per i consumi di comodo». L'intervento dello Stato con opportune riforme è quindi giustifacato e reso necessario non solo per assicurare una ripartizione più umana e più equa del reddito nazionale, ma anche per rimuovere gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo economico del paese. Copertura dei rischi E' ormai necessario non solo unificare i contributi, in modo da renderne più semplice l'esazione e la gestione, ma anche modificare il sistema passando dall'attuale fase con– tributiva ad un'imposta progressiva su determinati redditi e particolari consumi. Al principio mutualistico di una so– Lidarietà fra tutti i cittadini, in cui ciascuno sia chiamato a contribuire alla copertura dei rischi in proporzione al proprio reddito. 1Molte difficoltà si frappongono però alla realizzazione di un'organica riforma del sistema contributivo. La Com– missione di Studio per l'unificazione dei contributi di pre– videnza e di ass,istenza sociale, a suo tempo istituita con decreto del Ministro del Lavoro nel 1954, concluse i suoi lavori affermando esplicitamente che I'« esistenza del pro– blema non è che la espressione del disordine sostanziale del vigente panorama previdenziale, conseguenza della man– canza di organicità con cui nacquero e si svilupparono le diverse forme di previdenza, dei diversi momenti in cui esse si affermarono e della natura delle forze in gioco ». Per avere un'idea almeno approssimativa del caos esi– ~tente nel settore, s-i pensi che solo l'INAIL esige contributi a percentuale, per l'assicurazione infortuni sul lavoro e malattie professionali nel settore industria, secondo 657 voci o gradi di rischio. a. Lo Stato ~inobianco Un aspetto interessante è inoltre offerto dall'esame di merito delle diverse voci di spesa dei bilanci degli Enti previdenziali. Nel 1951 uno solo di questi (INPS) ha dichiarato di aver speso ben 349,4 milioni di lire per « registri, stampati, mo– duli di servizio, oggetti di cancelleria». La voce dà un'idea delle montagne cartacee che soffocano le prestazioni dei servizi assistenziali e del modo come vengono spesi i fondi faticosamente rnccolti. Sarebbe particolarmente -interessante, e non solo una curiosità, conoscere quanto viene a costare all'ente mutua– listico un malato pr•ima di ammalarsi. Quale è cioè la som– ma che un individuo sano deve versare per mantenere in piedi l'apparato organizzativo ed amministrativo dell'ente al quale appartiene, senza che gli venga erogata alcuna pr,.. stazione? Caos amministrativo Da,i bilanci degli enti poco si comprende, e basterà a questo proposito leggere le osservazioni formulate dalla Com– missione Parlamentare d'Inchiesta sulle condizioni dei Lavo– ratori, non soltanto riguardo all'impostazione tecnica dei bi– lanci degli Enti Previdenziali, ma soprattutto riguardo al merito di alcune voci di spesa. Attualmente ogni Ente ha un suo regime finanziario di– verso. Alcune gestioni sono « a ripartizione », e là si cerca di adeguare le entrate alle spese, anno per anno; altre sono anche esse a ripart•izione, ma con l'accantonamento d-i ri– serve prudenziali; altre infine « a copertura di capitali>. Quel che è certo è che nessuna gestione è in equilibrio; alcune registrano forti disavanzi, altre capitalizzano somme ingentissime. Ciascun ente si è scelta una sua strada ed è andato avanti seguendo anche un po' l'estro dei dirigenti. Nonostante tutte queste difficoltà occorre ormai, senza indugio ulteriore, avviarsi verso una equilibrata riforma per la quale valgono le affermazioni che abbiamo fatto al– l'inizio di questo articolo. Basterebbe per prima cosa comunque soddisfare le due esigenze più vive, cioè « distinguere le espressioni tecnico– sanitarie dell'assistenza da quelle amministrative e tecnico– attuariali », come fu detto nella relazione finale di una Commissione per lo studio dell'organizzazione sanitaria isti– tuita dal Governo e dalla Rockefeller Foundation ben dieci anni orsono; e l'esigenza di acco~unare in una gestione unica tutte le attività sanitarie dipendenti dallo Stato e dagli Enti pubblici, cioè di riunire le sparse membra per fare un corpo assistenziale che funzioni come organismo unitario ed efficente. Per tutto questo occorre naturalmente definire le linee precise di una politica previdenziale del nostro Paese. 21

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