Lo Stato - anno II - n. 3 - 30 gennaio 1961

L correre con metodo democratico a de– terminare la politica nazionale ». Basta la semplice enunciazione di questi principi per rendersi conto come, i.\ Partito Comunìsta, che pure vuol mo– strare di essere il più fiero difensore del– la costituzione, sia in realtà al di fuori di essa. La sua azione non è ispirata, come - abbiamo rilevato, a:I « metodo democra– tico », ma alla finalità di pervenire co– munque alla conquista del potere. Se pure si volesse riguardare la que– stione alla luce ddlo art. 18 della Costi– tuzione, si dovrebbe ugualmente perve– nire alla conclusione della incostituzio– nalità e della illegalità dell'associazione rappresentata dal Partito Comunista Ita– liano. La condizione posta, come si è detto, è che i,Jfine dell'associazione non sia in contrasto con la legge penale. Ebbene considerando l'azione che, in armonia con la dottrina che li ispira, s\lòlgono giorno per giorno i comunisti, no11sarà difficile capire quali e quanti siano i reati che essi sistematicamente rea.Jizzano in violazione del codice pe– nale e della legge di Pubblica Sicurezza. A questo punto ci par di sentire il so– lito, monotono, isterico, rabbioso luogo comune: che quelle sono leggi fasciste, lt:ggi antidemocratiche, leggi fn contra– sto con la coscienza « democratica e po– polare » della Nazione. Ci si consenta allora di rispondere- in anticipo a code– sti falsi e ipocriti apostoli della coscien– za « democratica e popolare » della N a– zione che gli italiani sono ormai abba– stanza scaltriti per comprendere che, se quelle leggi, a diciotto anni dalla fi– ne del fascismo e dopo diversi anni di attività della Corte Costituzionale, esi– stono ancora, esse non sono più ormai né « fasciste » né « antifasciste »: sono leggi dello Stato, .che devono essere ri– spettate da tutti i cittadini, senza che a nessuno, e tanto meno ai comunisti, pos– sa essere consentito di violarle impune– mente. Ed or, per riprendere il nostro discor– so di prima; come esplicano la loro azio– ne politica i comunisti? • Anteponendo agli interessi della Na– zione, quclli di una potenza straniera, dalla quale ricevono e attuano, senza scrupoli di sorta, ordini e direttive. E così, ciò che per qualsiasi altro cittadino sarebbe moralmente e giuridicamente il– lecito, diventa per i comunisti atto di doverosa solidarietà verso il partito e •verso la potenza straniera che lo ispira. Procurarsi notizie che « nell'interesse po– litico, interno o internazionale, dello S~to debbono rimane"re segrete », per Lo Stato ginobianco qualsiasi cittadino comporta la condan– na alla reclusione non inferiore a quin– dici anni (art. 257 C.P.); compiere a,tti ostili verso uno Stato estero',·,in modo da determinare il pericolo di turbare le relazioni diplomatiche dell'Italia o di esporre i cittadini italiani residenti ;i.1- l'estero al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, significa commettere H reato previsto· dall'art. 244 C.P., che prevede la punizione del colpevole con la reclu– sione da due a otto anni; promuovere, costituire, organizzare e dirigere asso– ciazioni che si propongono di svolgere un'attività diretta a distruggere o depri– mere il sentimento nazionale, equi-wale a realizu.re l'ipotesi delittuosa dell'art. 271 C.P. e, quindi, essere passibile del– la condanna alla reclusione da uno a tre anni; far propaganda per la instau– razione della dittatura di una classe so– ciale sulle altre· o, comunque, per il sovvertimento violento degli ordinamen– ti economici o sociali costituiti dello Sta– to, è fatto, per cui il codice penale pre– vede la condanna alla reclusione a cin– que anni (art. 272). Tutto questo, pe– rò, per i comunisti è « pane quotidia– no », è la normale attività di ogni gior– no al servizio dei loro padroni sovieti– ci. Per essi diventa lecito e affatto ri– schioso offendere, con pubbliche mani– festazioni, le personalità degli Stati Uni– ti, della Francia e della Germania che vengono a render visita all'Ltalia; dar mandato ai loro agenti infiltratisi nei settori più vitali de.Ila pubblica ammini– strazione di impadronirsi dei segreti mi– litari e politici dello Stato; incitare i loro accoliti aJ.laconquista violenta della «piazza» e del «potere»; vilipendere il sentimento religioso e nazionale del popolo. Né, pur di realizzare le loro finalità eversive, si preoccupano di evi– tare altre violazioni della legge penale, e, per.tanto, non tralasciano di istigare i militari a disobbedire aJ.le leggi. co– me è avvenuto a Genova né di incitare i cittadini a rivoltarsi al.Je autorità co– stituite, come fanno con la loro stainpa continuamente. E così ai reati che ab– biamo prima indicato possiamo aggiun– gere quelli previsti dagli articoli 266 e 270 del Codice Penale. Ma non basta. La legge di P.S., col pretesto che si trat– ta di legge fascista, è praticamente con– siderata dai comunisti come inesistente. L'art. 18 e l'art. 19, che prescivono il preavviso al Questore per. le pubbliche manifestazioni e il divieto di portare nel corso di esse armi o qualsiasi altra cosa idonea ad offendere l'integrità fi– sica altrui, sono violati nella maniera più assoluta: tanto per non andare lon– tani, basta ricordare i fatti del luglio 1960 e quelli più recenti avvenuti a Milano ed Augusta. Possiamo, pertanto, affermare che mezzi non mancano davvero nella rio– ~tra legislazione per portare alla ragio– ne i comunisti e tutti i loro alleati. Ciò invece che manca è il coraggio di servirsi delle leggi per frenare le correnti-sovversive ed· assicurare agli ita– .!iani una meritata serenità. Quando l'esecutivo avrà capito che bisognerà mettere la Magistratura in grado di applicare inflessibilmente la legge penale anche' nei riguardi dei co– munisti, allora, ne siamo certi, la bal– danza dei comunisti avrà fine. Il PCI viola sistematicamente le leggi dello Stata 11

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