Lo Stato - anno I - n. 1 - 20 dicembre 1960

10 Lo Stato DEMOCRAZIA IN CRISI E' ormai comune anche in Italia la definiz.ione di de– inpcraz,ìa quale problema_ di costume, di educazione ci– vica, cioè, di ma,tu.rità politica più che di formule e strut– ture giuridiche di diritto positivo. Ciò vale a sociologhi, giur,isti e politici per spiegare come e quando ·i difetti di natura insiti ne,i popoli latini in genere ed in quello italiano in pa-r.t-icolare ostacolino tuttora l'assimilazione dei prinoipi liberali di f air play e di Teciproca tolleranza su cui si fonda la consapevolezza individuale e col.lettiva di una rea·le democrazia. Su un piano diverso - ma il paragone è comunque efficace ed utile per le conseguenze che se ne debbono trar.re - .l'.incapa~ità e la immaturità di taluni popoli economicamente sottosviluppati al Ehe-ro autogoverno ha fornito ad alcuni teoreti della dottrina marxista il comodo pretesto di una .ipotetica distinzione fra democrazia poli– tica e damoc-raz.ia socia•le. Nella prima sarebbero indivi– duate le antiche forme di governo liberale borghese, men– tre nella seconda ,troverebbero attuazione i nuovi priniòpii del regime cosiddetto .popola,re e progressivo caratteristico delle società comuniste. Le due libertà La confusione fra libertà economica e libertà .spirituale, fra educazione all'autogoverno e soddisfazione dei bisogni materiali è i,l punto debole di ogni filosofia fondata sul materialismo stoTico; la dialettica marxista cade quando non riesce a spiegare con moventi di mero utilitarismo ta– lune componenti della s.toda passata ed attuale la cm na– tura è quando meno prevalentemente idealistica e sp1n– tuale. L'errore scaturisce da una fallace e gooerailizzata valu– tazione prospettica di fenomeni statistici i quali, se rive– lano come dominante nei popoli, per esemqJio, di colore l'aspirazione -a considerare esigenze primarie quelle della iibertà dal bisogno e di ,una effettiva giustizia sociale, non autorizzano per ciò stesso a ritenere meno pressanti la necessità di esser liberi anche dal timore dell'altrui prepo– tere - quali che ne siano le giustificazioni morali - o di esser liberi comunque di manifestare le proprie opinioni sulla strumentalità della politica in rapporto alla comune finalità del pubblico bene. Non mancano gli esempi -· ed alcuni di essi son tanto recenti da costituire ancor oggi fatti di cronaca più che di bibltotecaginobianco genza di progresso economico e sociale con la libe-rtà di pensiero, di opinione e di culto. Il New Deal degli anni trenta ,nell'America rooseveltiana, come la redistribuzione della ricchezza nell'Inghilte-rra laburista, documentano 1a efficacia ddle for,mule intermedie e testimoniél!Ilo altresì la efficienza ddla civiltà occidentale, la cui idoneità alla rev..isione critica di cose e sistem•i, nel rispetto delle libertà umane tradizionali, rappresenta la migliore smentita al pri– mitiv-i~o della ·pseudo civiltà comunista ove l'unica alter– nativa all'ipocrisia ddl'autoc.ritica è racchiusa nella mate– riale soppressione fisica ddl'oppositore. E' vero che i casi •indicati si ,riferiscono entrambi ad episodi congiunturali depressivi di ordine prettamente eco– nomico verificatisi in società aduse, come quelle a.ngk~.– sassoni, al culto delle libertà individuali e pertanto solida: mente pennieate di democratismo ass,u.rto ad elemento do~ minante di u,n amlbiente non suscettibile di comparazioni storiche o geo.politiche. Senonché, a .par.te l'ovvia constatazione che numerosi popol,i econo,micamente sottosviluppati. come quelli del Maghreb africano, per esempio, o dell'hinterland afroasiatico di religione isla,mica, non sembrano seguire le costanti evo– lutive tracciate -da Stalin per le col:lettivi1tàex coloniali, si deve osservare che se -il determ.inismo avesse valore di vera e p,ropria legge stodca, non potrebbe sfuggirgli ogui e qual– siasi fenomeno econo,mièo e sociale insorto secondo i suoi canoni,, senza che considerazioni di ambiente o di congiun– tura possano com/unque limitarne sviluppi ed effetti. Teoria e realtà .Diviene quindi incomprensibile, in term1m di o.rtodossia marxista, il fatto che, do:po -la grande crisi americana del 1929, le colonne dei dimostranti s-i siano ben guardate colà dalla conquista violenta del potere, astenendosi per di più dalle stragi e devastazioni a cui invece si concedono talora le folle di altri paesi, e non soltanto extraeuropei. Così come, del pari, non v'è t,racc-ia, nelle cronache inglesi del secondo dopoguerra, di ricorsi alla piazza, alla sommossa e alla sedizione da parte dei lavoratori britamnici quale protesta nei confronti dei conservatori per la resistenza da essi opposta ai piani di nazionalizzazione laburista. Il signoc Va,rgas - celebre economista sovietico - at– tende ancora a Mosca che dalle contraddizioni del capita– lismo occidentale scatur.isca quella profonda cns1, troppe

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