DISCUSSIONE/MANCONI Forse è solo la lotta che non continua, perché, se i tempi non sono cambiati, sono cambiate le persone. Siamo cambiati, per esempio, noi. Certo sul cambiamento si vanno costruendo distorsioni allarmanti. Non sempre comunque lo si può fraintendere per pentimento o dissociazione, malgrado faccia comodo e fac, eia moda. Così la corresponsabilità, che anche noi vogliamo dichiarare circa i gesti, il senso e le scelte di Lotta Continua, non vale come concorso di colpa. Gli orrori, le colpe, i drammi politici ed umani che nel nome o all'interno di un'organizzazione come LC si sono verificati, ci hanno riguardato e ci riguardano - di più e_al di sopra delle azioni, riflessioni e impegni ancora condivisibili e comunque meritevoli -. oggi come ieri, responsabili e consapevoli della nostra piccola storia e delle sue grandi idee. Sia l'una che le altre cambiano e cambieranno - proprio come avveniva ieri-,- attraverso l'arricchimento della conoscenza, la discussione e la critica, il processo ininterrotto della persuasione. La responsabilità invece resta, ma· neanche essa è immutabile e immobile, dal momento che si è costretti ad ampliarla e a rinnovarla ogni volta. . È proprio questo senso di responsabilità il motore silenzioso ma ineludibile del cambiamento delle coscienze. Ancora una volta siamo dunque cambiati e, di fronte all'arresto degli ex-compagni di LC, non abbiamo più la fantasia e l'ingen_uità - sacrosante - di costruire nuove interpretazioni e macchinose analisi sulle motivazioni- e gli ~biettivi di quel magistrato, di quel carabiniere, di quel pentito, ovvero di tutta la magistratura, delle forze dell'ordine e delle confraternite di penitenti. Ma ricordiamo quei tempi, forse diversi ma certamente non "superati" come si vorrebbe, in cui la violenza della repressione, delle stragi, dei fascisti e della polizia, i complotti dei servizi segreti, dei corpi separati, dei colpi di stato veri e presunti, striscianti o falliti, ci costringevano a contare i morti ~ i feriti, e a cercare di esorcizzarli dividendoli perlomeno m due schiere. A quei tempi Pinelli era dei "nostri" e Calabresi era dei ''loro''. . Questo lo possiamo testimoniare senza vergogna e senza npensamenti, con il pieno senso di una responsabilità che continua. Né ci interessa o ci sembra positivo svalutare adesso quella posizione al ruolo di un sentimento o svilire al livello d! un gioco diyassioni infantili quella che'era una responsabile quanto disperante convinzione: Anche perché, come la responsa?ilità, continua anche la disperazione, in.tempi come qu~l~1_e~o~e _questi, in cui la protervia, la stupidità, la mesc_hm_1ta,11c1ms_mo_sono i veleni di cui sono impregnate le az~o_me le relaz10m del potere, a qualunque livello lo si eserc1t1. Le azioni e le relazioni, però, più delle persone. Questa è almeno la nostra - immutata - speranza. I redattori che hanno fatto parte in passato di Lotta continua 6 COS1i POLITICA Luigi Manconi Questo di Carlo Donolo e Franco Fichera è un libro importante e, soprattutto, un importante libro politico (Le vie dell'innovazione. Forme e limiti della razionalitàpolitica, Feltrinelli 1988, lire 40.000, con contributi di Mimmo Carrieri Pier Luigi Crosta, Ota De Leonardis, Gabriella Turnaturi)'. Forse così non risulterà - in prima istanza - nella percezione dei lettori: il suo apparato metodologico, il s~o linguaggio complesso (e, tuttavia, spesso originale), la ricchezza della bibliografia utilizzata ne fanno un testo di scienze sociali estremamente colto. Eppure - ripeto - questo- è un libro politico, politicissimo. Vent'anni fa, Carlo Donolo, allora trentenne, scrisse un testo fondamentale: La politica ridefinita (in "Quarderni Piacentini" n. 33); e La politica ridefinita 2 o Bis sarebbe potuto essere il titolo di questo libro (al posto di quel Le vie dell'innovazione che, certo, bello non è) .. La politica ridefinita fu pubblicata nel luglio 1968 e fu · scritto, evidentemente, qualche mese prima. Dunque, nella primavera dell' "anno degli studenti", già Donolo aveva individuato alcuni profondi mutamenti in corso nella sfera dèlla politica. Non tanto nella politica intesa come attività militante; sì, anche qualcosa a proposito di ciò che, poi, sarebbe stato chiamato, stucchevolmente, "nuovo modo di fare politica", ma non essenzialmente di questo si trattava (pure se lì troviamo scritto, ed era - insisto - il luglio '68: "il nuovo militante si distingue anche dal rivoluzionario di profes"- sione, in quanto la plausibilità del suo discorso deriva dall'essere nel sistema, cioè di ricoprire un ruolo specifico - studente, insegnante, professionista, ecc. - e di non essere 'intelligenza rivoluzionaria sradicata'. Si deve infatti evitare l'ipostatizzazione del ruolo di rivoluzionario che produce una nuova divisione del lavoro politico ... "). La politica che lì si intendeva "ridefinire" richiamava innanzitutto, la natura e la toponomastica del potere: ovve: ro (~analisi degli attori del conflitto, delle poste in gioco, delle sedi dove si misurano i rapporti di forza: oltre, dunque, le due contrapposizioni classiche (quella tra capitale e lavoro e quella tra chi comanda e chi ubbidisce). Donolo partiva, allora, dalla constatazione che "il sistema sociale stesso definisce in complesso quel che deve essere considerato politico, garantendo la neutralità o irrilevanZ:a politica di questioni che in realtà sono sostanzialmente politiche, non semplicemente amministrative o settoriali( ... ). La depoliticizzazione della realtà non tocca soltanto, come credono gli scienziati politici, il disinteresse politico dei cittadini, l'apatia politica, ma qualcosa di più immanente al sistema: l'immagine della società". Analoga, e rimeditata, intuizione sembra guidare, a distanza di vent'anni, questo lavoro di Donolo e Fichera. li cuore del loro ragionamento e, insieme della loro teoria e della loro ?pzione politica può essere riassunto nei termini seguenti:
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