Linea d'ombra - anno VI - n. 30 - settembre 1988

un operaio che sciopera per opporsi allo sfruttamento, ecc. ecc. ecc. Simili opere, o azioni, nell'affermare, ciascuna coi propri mezzi, la libertà dello spirito contro il disonore dell'uomo, sono tutte allo stesso titolo belle e morali. E per definizione, esse non sono distinziorie e proprietà di una classe, ma dell'uomo assolutamente in quanto tale, secondo quanto è affermato ai paragrafi 2 e 4. 11. Se in nome della rivoluzione si riafferma il potere, questo significa che la rivoluzione era falsa, o è già tradita. 12. Qualunque rivoluzionario (foss'anche Marx o Cristo) che si riadatti al Potere (o assumendolo, o amministrandolo, o subendolo) da quel momento stesso cessa di essere un rivoluzionario, e diventa uno schiavo e un traditore. I 3. Supponiamo adesso un individuo solo, davanti a un fabbricato in preda a un incendio. Attraverso una finestra aperta (unico adito accessibile, anche se rischioso) l'individuo scorge un bambino solo, che sta per essere investito dalle fiamme. L'uomo penetra nel vano e a proprio rischio salva il bambino. E sarebbe evidentemente un pazzo criminale, chi lo accusasse di avere commesso un atto antisociale e ingiusto, perché, nell'impossibilità di salvare gli altri abitanti del fabbricato, non ha lasciato bruciare vivo anche quest'unico bambino. L'uomo che (c.s. coi mezzi e dentro i limiti personali, naturali e storici che gli sono concessi) afferma la liber-· tà dello spirito contro il Potere, e dunque anche co11tro le false rivoluzioni, compie la vera Lunga Marcia, anche serimane chiuso tutta la sua vita dentro un carcere. Questo ha fatto Gramsci. In mancanza di compagni o di seguaci, di ascoltatori o di spettatori, lo spirito libero è tenuto alla sua lunga marcia lo stesso, anche solo di fronte a se stesso e dunque a Dio. Niente va perduto (v. il granello di senape e il pizzico di lievito); e in conseguenza, chiunque schiavizza, sotto qualsiasi pretesto, il proprio spirito, si fa agente con questo del disonore dell'uomo. Doppiamente disgraziato è chi si adopera a diffondere il contagio fra gli altri e tanto più miserabile se lo fa in vista o per il gusto di un proprio potere personale. Servirsi a fini di potere degli sfruttati (anche solo del loro nome) è la peggiore forma di sfruttamento possibile. Peggio per chi lo fa a proprio beneficio personale. Proclamare il proprio amore per gli operai può riuscire un comodo alibi per chi non ama nessun operaio, e nessun uomo. Una folla consapevole che afferma la libertà dello spirito è uno spettacolo sublime. E una folla accecata che esalta il Po,tere è uno spettacolo osceno: chi si rende responsabile di una simile oscenità farebbe meglio a impiccarsi. DISCUSSIONE/• • • CHETEMPISONOQUESTI'? È una domanda legittima e sta giustamente diventando ansiosa, quella di chi vuol capire o chiarire la situazione presente, il momento o - come si sarebbe detto - "la fase che stiamo attraversando''. A questo scopo non bastano i dati e le classifiche sull'Italia del Rinascimento Economico, la stabilità governativa frutto del concorso di tutte le pacificate forze politiche, e giù a scendere nei dettagli statistici dei consumi, dei risparmi, degli incidenti, delle malattie incurabili, ecc. Non bastano le sovrabbondanti informazioni quotidiane che i mass media, come i centri di ricerca, gli enti di sviluppo, le banche-dati e le banche semplici vanno incessantemente raccogliendo e producendo sull'oggi. Bisogna anche chiarire qualcosa di ieri, di un passato prossimo che si è dichiarato sorpassato e che si vuole dimenticare, ma che ha lasciato mille ingombranti e indigeste domande su altrettante zone oscure, su altrettanti problemi irrisolti, tutti di capitale importanza per ben comprendere e collocare questo radioso periodo di storia patria. E fra le tante, chissà perché, è venuta fuori questa: "Chi ha ucciso, sedici anni fa, il commissario Calabresi?" Lenta, ma inesorabile, la macchina della giustizia ha colpito ancora. Per la quarta volta, se non andiamo errati. Quattro ex-compagni di Lotta Continua sono stati arrestati, due dirigenti e due militanti di base. Naturalmente i primi due come "mandanti" e i secondi come "sicari". Uno di questi è il "pentito", che ha accusato se stesso e gli altri. Naturalmente era l'autista e non l'esecutore. Naturalmente era quello socialmente più sfortunato: ieri avremmo aetto "proletar.io". Certamente a così grande distanza di tempo non ci si può stupire se le prove non sono oggettive e schiaccianti. Come non fa meraviglia che la stessa durata giovi a trasformare il pentimento in calvario, e spieghi l'ostinazione delle convinzioni degli inquirenti, che finalmente si è autorizzati a immaginare come al termine di uno spossante e meticoloso lavoro pluriennale. Non è vero dunque che il tempo giochi a favore degli imputati, e non valgono allora le minacce di Scalfari - per citare l'esempio più illustre e arrogante-, che ha già avvertito i sudditi della Repubblica di non tirare in ballo la scusa degli anni che sono passati. Eppure, a dispetto di tanto giornalista, a cui va almeno riconosciuto il valore e la coerenza nella nobile battaglia in difesa dei classici Beatles contro la vana pretenziosità di musiche più attuali, il tempo è passato davvero. Ma i tempi - quelli tradizionalmente al plurale - sono cambiati? A giudicare dalla stampa e dalla televisione, dagli attentati in Alto Adige, dalla' lotta alla Mafia e nell'Antimafia, dai cento altri possibili esempi di una preoccupante stagnazione, non sembrerebbe. Anche a voler tacere dei problemi del lavoro e della disoccupazione, della scuola, della casa e della salute, perfino peggiorati da quando hanno cessato di essere sbandierati gli striscioni dei cortei gruppettari e non. 5

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