Linea d'ombra - anno VI - n. 28 - giugno 1988

EVENTI LEGGERE 11 IL CAPITALE" Vittorio Dini Leggere il Capitale: per un intero decennio, a cavallo tra gli anni '60 e '70, è stata quasi una parola d'ordine, un imperativo morale per i numerosi militanti della sinistra. Così suonava anche un libro importante, discutibile e molto discusso, curato da Louis Althusser, ma che certo come slogan temo non abbia convinto nessuno, complesso com'era e rivolto esclusivamente a coloro che quella lettura avevano già per i fatti loro compiuta. Come quasi tutti gli imperativi morali, con il suo carattere un po' costrittivo e con il vago sapore di imposizione scolastica, anche l'invito alla lettura dell'opera maggiore di Marx è stato ampiamente disatteso. E tuttavia, chissà quante frustrazioni e sensi di colpa ha in quegli anni questa scappatella provocato! Oggi alcuni se ne vantano - mentre qualche "cattivo maestro" ha fondato non poca della propria autorità su quella lettura - , ma allora si sono sentiti non soltanto inferiori, ma anche colpevoli e impotenti, allo stesso modo di un cattolico che non abbia mai letto i Vangeli. Un parallelo non poi solo metaforico se si tiene conto che l'opera di Marx era in qualche modo, anche per i meno dogmatici, vista come una specie di Bibbia. Oggi fortunatamente un tale rischio non lo corriamo più: a concepire così l'opera marxiana è rimasto solo qualche tardivo, abbastanza solitario, e innocuo osservatore della storia del mondo, senza più contatti con la cruda realtà dei fatti. E allora forse davvero si può leggere il Capitale così come si dovrebbe leggere la Bibbia: un grande libro, che raccoglie e comunica esperienze decisive dell'umanità, pur in epoche diverse, con obiettivi diversi e con linguaggi affatto diversi. D'altra parte, il Capitale non ha voluto, nelle intenzioni del suo autore, rappresentare sul terreno della storia universale l'avvento di una nuova epoca e delinearne in anticipo le caratteristiche. Marx ha con nettezza dichiarato che lasciava ad altri le ricette per la cucina dell'avvenire. Tuttavia, sarebbe ugualmente improprio considerare il Capitale alla stregua di una qualsiasi opera letteraria, sia pure un classico, privo comunque di valore prescrittivo. Ciò che ne fa la sua stessa grandezza è in effetti la ragione per la quale gli economisti hanno spesso discusso l'appartenenza ai grandi classici dell'economia, il fatto cioè che, assieme e a fianco all'analisi economica, vi sia un forte e decisivo elemento di analisi sociale - il capitale, come Marx non si stanca mai di ricordare, è un rapporto tra soggetti, tra classi sociali, non una rigida quantità economica - , di analisi storica - nessuno storico potrebbe oggi fare a meno delle analisi storiche sull'origine del mondo moderno e sui suoi sviluppi, sulle crisi ricorrenti, contenute specie (ma non solo) nel primo libro, di diagnosi e al contempo di prospettiva. L'analisi e la diagnosi non sono mai disgiunte: la rappresentazione scientifica della realtà mai è separata nettamente nella esposizione dal rilievo della dimensione strettamente storica e perciò trasformabile dei rapporti sociali ed essi stessi storici tra le classi. Il lato scientifico e l'aspetto morale - il rilievo dell'ingiustizia propria di un meccanismo sociale fondato sull'estrazione del plusvalore ed il riconoscimento dei soggetti che tale ingiustizia subiscono - convivono strettamente ed in modo unico nella storia del pensiero scientifico, elaborando nella prassi scientifica stessa un metodo che IL CONTESTO supera di fatto la rigida distinzione tra giudizi di fatto e giudizi di valore. Proprio ciò che in effetti è risultato inaccettabile da parte della scienza accademica, che tende invece proprio a separare i due aspetti e a relegare il rilievo dell'ingiustizia nel campo strettamente morale - anzi, moralistico - dell'indignazione generosa ma infondata dal punto di vista scientifico e storico. La rivoluzione sociale diventa così pura prospettiva di cambiamento strettamente politica, di potere. La scienza è nettamente separata da ogni prospettiva rivoluzionaria. Proprio quando la presa di quell'imperativo morale di cui si parlava sopra si andava eclissando, nel 1974, iniziava una impegnativa impresa di una nuova edizione italiana del Capitale, condotta da uno dei 21

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