Linea d'ombra - anno VI - n. 27 - maggio 1988

mo a bere informazioni, informazioni, informazioni... E chi aveva più tempo per il teatro? Naturalmente, questa è un'osservazione un po' semplicistica ... Un passo dell'intervista a Dubcek pubblicata su "L'Unità" il 10 gennaio dice che lafase informatico-elettronica (in cui viviamo) "avvicina i popoli, le classi e le nazioni sviluppando la loro identità". È d'accordo? - Ho letto con grande interesse l'intervista e Dubcek mi piace molto, ma questa osservazione non è plausibile. Proprio qui, in questa società che offre mille volte più informazioni di quella da cui provengo, noto come il sovrappiù di informazione si muti a volte in disinformazione. Un fatto descritto da 20 diversi punti di vista presuppone un essere umano estremamente progredito e raffinato, altrimenti non potrebbe formarsi un'opinione personale di questo fatto. Ma oggi - temo - siamo a un punto in cui il singolo non è più in grado, o lo è difficilmente, di avere una visione personale delle cose, di distinguere tra bene e male ... Non è quindi detto che un sovrappiù di informazioni avvicini i membri di una società, o le società tra loro. Può anche essere il contrario. Pensiamo a Babilonia ... alla Babilonia della Bibbia. Che ne pensa dell'osservazione di Ota Sik secondo cui le motivazioni della spinta alle riforme in Cecoslovacchia, vent'anni fa, e dellaperestrojka oggi in Unione Sovietica sono, fondamentalmente, identiche: scopo comune è quello di sbarazzarsi di un sistema di pianficazione della produzione centralizzato, "non più in grado di assicurare una produzione tecnologicamente moderna, agile, rispondente ai bisogni", un adeguamento, quindi, alle leggi di mercato?_ Si può dire davvero che le riforme sovietiche siano iniziate a Praga vent'anni fa, e questo dà la misura dell'assurdità del tutto. La somiglianza è senz'altro forte, e risalta soprattutto nel fatto che, in ambedue i casi, si tratta di riforme promosse dalle strutture di potere esistenti, e non di spinte di rinnovamento dal basso, contro le strutture di potere in carica. Anche le riforme di Praga erano volute dal partito comunista di cui Dubcek, il leader della "primavera", era segretario generale. Allora senz'altro il fattore economico ha avuto grande importanza, ma il cuore della spinta al rinnovamento era senza dubbio una motivazione di carattere etico: volevamo prendere le distanze dagli orrori dello stalinismo e restituire al socialismo quello che alle origini era nelle sue intenzioni. Si trattava quindi di una liberazione, economica e spirituale, di una lotta contro l'asservimento economico e spirituale a cui ci aveva portato Stalin. Ambedue gli aspetti erano quindi presenti. È innegabile che oggi, in Unione Sovietica, si tenga soprattutto in considerazione, nella spinta riformistica, l'aspetto economico. I sovietici hanno enormi problemi in questo campo e grossi problemi anche con il know-how tecnologico, a differenza di noi cechi. La Boemia, già nel 1850, è stata prescelta per divenire un paese industrializzato. La monarchia asburgica aveva bisogno di una induINCONTRI/KONOUT stria forte, e dove avrebbe dovuto metterla in piedi? Là dove aveva a disposizione materie prime e mano d'opera a buon mercato, in Boemia, appunto dove, dal XIX secolo, esiste un proletariato industriale. Questo in pratica significa che dopo 100, 130, 150 anni di questo sviluppo se le capita un guasto alla macchina in un paesetto boemo tutti quanti glielo sanno riparare, perché tutti sono in possesso del know-how, il know-how è ormai un fattore genetico ... In Unione Sovie- · tica, è ben diverso. I sovietici hanno una storia diversa, la maggior parte della popolazione era contadina e analfabeta. La produzione ha sempre avuto un carattere di massa, non è mai stata tecnologicamente raffinata ... questo renderà le cose più difficili. · E gli esiti dei due processi riformistici saranno simili? Temo che in Unione Sovietica le forze che si oppongono alle riforme siano più forti di quelle che hanno chiamato i carri armati a Praga. I carri armati loro li hanno più vicini. Ma i processi si svolgeranno in modo diverso. Bisogna tener conto anche di un'altra differenza fondamentale tra noi e i sovietici: questi ultimi sono privi di tradizioni democratiche, non ne sentono il bisogno. Dal 1850 i cechi, per quasi cent'anni, sono vissuti in regime di democrazia. Anche sotto gli Asburgo c'erano i partiti. Per tutta la durata della prima repubblica, tra le due guerre, il partito comunista era un grande partito legale, ma ugualmentè legali erano anche i partiti borghesi. Cose simili i sovietici non le hanno mai vissute, non sanno neanche cosa sia una decisione di maggioranza. Per questo dico che il bisogno di democrazia deve venir creato, ma il processo dura anni, decenni... Torniamo al suo romanzo. Finalmente! In occasionedi uno dei tanti arrestiefermi che lei affronta armato della sua borsa da cacciatore piena di libri, mele e utensili vari, scopre un 'altra arma nei confronti del potere. Quella di affrontarlo con la "curiosità professionale dello scrittore", di uscire dalla "parte umiliante de/l'impotente per entrare in quella dell'osservatore". Sì, ogni intellettuale ha elaborato la sua strategia per difendersi di fronte al potere. Da Havel, a Klima, a Mazulik e chissà chi altri. Io mi sono immaginato che quella che vivevo fosse una situazione teatrale, mi dicevo: "Ci scriverò sopra, e per questo è interessante quanto mi sta capitando" e il pensiero mi dava forza. Pure ha avuto bisogno di distanziarsi da quegli avvenimenti per descriverli. Ho dovuto lasciare maturare a lungo queste esperienze e le ho ripercorse con uno sforzo razionale, anche se è proprio questo intento razionale che dovrebbe far sì che la coloritura emozionale dei fatti di allora non vada persa. Ho cercato quindi di scrivere con una "emozionalità guidata". 43

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