Linea d'ombra - anno VI - n. 27 - maggio 1988

PERCHÉSCRIVO Bohumil Hrabal Fino a vent'anni non avevo nemmeno idea di cosa fosse scrivere, cosa fosse la letteratura. Alle Medie ero continuamente rimandato in ceco e ripetei due volte la prima e la quarta, prolungandomi in questo modo di due anni la giovinezza... Dopo i vent'anni si spezzò l'asse saldo della mia incoscienza e questa volta caddi invece preda della letteratura e delle arti figurative, per cui leggere, guardare e studiare era il mio passatempo. E ancor oggi mi mettono in uno stato di continua euforia gli scrittori che ho amato negli anni della mia giovinezza, e conosco a memoria non solo il Gargantua e Pantagruel di François Rabelais, ma anche Morte a credito di Louis-Ferdinand Céline, e i versi di Rimbaud e Baudelaire, e ancor oggi leggo Schopenhauer, e in questi ultimi anni il mio maestro è Roland Barthes ... Ma è stato Giuseppe Ungaretti ad avermi ispirato in quei miei vent'anni, e suggestionato dalla sua lettura cominciai a scrivere versi ... e così salii sul ghiaccio sottile dello scrivere, e la forza motrice della mia scrittura era la gioia che mi davano le frasi che gocciolavano lentamente dalla mia anima sulle pagine della macchina da scrivere Underwood, ed ero stordito da ciò che si agganciava a quella mia prima frase scritta, e così scrivevo quel mio diario intimo, quella mia corrispondenza amorosa, quel mio monologo interiore combinato con un monologo fornito di destinatario ... E avevo sempre l'impressione che quello che scrivevo era soltanto mio, che quello che riuscito a scrivere sulle pagine bianche era qualcosa che mi faceva onore e allo stesso tempo mi sgomentava. A quel tempo, quando gli amici e i vicini chiedevano a mia madre come andavano i miei studi di legge, mia madre faceva un gesto sconsolato con la mano e diceva che "ero sempre con la testa da qualche altra parte'' ... Ed era così, a quel tempo ero un ragazzo posseduto dallo scrivere e gravido di scrittura, e non sognavo nient' altro che il sabato e la domenica, quando me ne tornavo a Nymburk da Praga, soprattutto perché in quelle giornate l'ufficio della fabbrica di birra era tranquillo, e io per due giorni potevo scrivere sulla macchina da scrivere Underwood, potevo scrivere quella prima frase che mi ero portato dietro da Praga, e poi stare seduto davanti alla macchina ad aspettare, con le dita sollevate, l'istante in cui quella prima frase avrebbe generato la frase successiva... E in questo modo talvolta aspettavo un'ora e più, mentre in altri momenti scrivevo così velocemente che la macchina si inceppava e balbettava, tanto grande era il torrente delle frasi... e quel flusso e quello scorrere di frasi mi ha fatto capire che "era proprio quello che ci voleva" ... E così scrivevo per la gioia di scrivere, per quella certa euforia nella quale, pur sobrio, mostravo segni di ubriachezza ... E così scrivevo secondo la legge ottica della riflessione di quello che vivevo come un folle... Insomma, imparai a scrivere, e quel miò scrivere era un esercizio, erano variazioni su Apollinaire e Baudelaire, mentre più tardi mi esercitai con Céline nel flusso del parlato della grande città, e poi fu la volta di Babel, e poi ancora Cechov, e furono loro a insegnarmi a rispecchiare in quello che scrivevo non solo me stesso ma anche il mondo attorno, mi inse40 gnarono ad andare verso me stesso partendo dagli altri. .. e mi insegnarono cos'è il destino. E poi arrivò la guerra e furono chiuse le università, e io alla fine la guerra la passai come ci,tpomovimento alle ferrovie, e nella mia scrittura entrò la Nadia di Breton e i Manifesti del Surrealismo ... e tutti i sabati e le domeniche continuavo a scrivere, nell'ufficio solitario della fabbrica di birra di Nymburk, quelle mie note in margine a ciò che vedevo ed era diventato il destino degli altri. Ero terrorizzato e allo stesso tempo onorato di esser divenuto, con quello che scrivevo, un testimone oculare, un poetico cronachista dei dolori della guerra, mentre - allo stesso tempo - dopo tutti quegli anni passati a scrivere sulla mia Underwood, quella cruda e crudele realtà mi aveva costretto ad allontanare da me la lirica giovanile, sostituita dal mesto gioco con frasi che tendevano al trascendentale.:., e così continuavo a trascrivere quel mio monologo interiore che aveva però allo stesso tempo un suo destinatario, ma sempre senza alcun commento, ed essendo così io il primo lettore di me stesso, avevo l'impressione, quando guardavo quelle pagine scritte, che a scriverle fosse stato qualcun altro ... , e continuavo a essere onorato di riuscire a scrivere, di essere testimone di quell'enorme avvenimento nella mia vita, di riuscire a pensare soltanto attraverso la macchina da scrivere... E così continuavo a scrivere come stessi confessando non solo me stesso ma l'intero universo ... E da allora ho sempre considerato come forza motrice della mia scrittura l'essere testimone,\ il: dover scrivereì e /trascrivenj tutttj ciò che mi impressiona e allo stesso tempo mi agita, il dover dare testimonianza - sulla macchina da scrivere - non di tutti gli avvenimenti ma di taluni gangli della realtà, come se gettassi dell'acqua fredda su un dente che mi fa male ... Ma consideravo anche questo un dono divino, così come mi aveva insegnato lo scrittore-filosofo Ladislav Klima ... E poi la guerra finì e io divenni dottore in Giurisprudenza, ma caddi però preda della legge della riflessione ottica nella scrittura, dando vita allo sceneggiato a puntate dei miei folli mestieri, solo per sporcarmi, e non soltanto dell'ambiente intorno, ma anche dell'ascolto delle chiacchiere della gente ... E non la smettevo mai di stupirmi che, da allora, ogni sabato e ogni domenica, nell'ufficio solitario della fabbrica di birra dove i giorni feriali lavorava mio padre con la sua contabile, io continuavo a registrare le cose notevoli che mi erano capitate durante la settimana e quello che inventavo nella calotta della mia mente ... E continuavo a giocare in questo modo, e avevo l'impressione che una bella ragazza mi spalmasse il petto di grasso d'oca, tanto mi sentivo onorato e unto da quel mio scrivere... E così era avvenuto che i miei anni di apprendimento erano terminati, e adesso dovevo tagliarmi via dalla fabbrica di birra, dovevo lasciare le quattro camere e la cittadina dove il mio tempo aveva cominciato a fermarsi..., e mi trasferii a Liben, alla periferia di Praga, in una cameretta, l'ex fucina di un fabbro, e così cominciai non solo una nuova vita ma anche una maniera diversa di scrivere... E poi per quattro anni sono andato avanti e indietro a Kladno, a la-

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