Linea d'ombra - anno VI - n. 27 - maggio 1988

CORTILIINTERNI Helga Schubert Alla fine uno trova ciò che fa per lui. (Anna Seghers, Il vero blu) A prescindere da piccole differenze temporali, oggi sono morti Cervantes e Shakespeare. E Shakespeare è nato proprio lo stesso giorno in cui è morto, ed è morto, a 52 anni, nel giorno in cui è nato. Ieri è venuto alla luce Lenin. Lunedì, tra due settimane, nasce Marx. Domani muore Alfred Polgar. Ed io rifletto sulla mia generazione. Se per caso non fossimo qualcosa di particolare. Come se .fossimo qualcosa di particolare. Bisnonna, nonna, madre e figlia. Bisnonno, nonno, padre e figlio. Sinora io sono solo madre e figlia, ma ben presto sarò già nonna. Quarantenne. Mio figlio è arrivato presto. Posso far parte di quattro generazioni. Ho preso coscienza solo alla soglia della terza. Classe 1940. I primi scolari, in Germania, che non hanno iniziato l'ora di lezione con "Heil Hitler". Allora innocenti. Il ricordo delle incursioni aeree a bassa quota, le esplosioni delle bombe, il rombo dei carri armati, i convogli dei profughi, le luminarie in cielo. Ci rovina la gioia dei fuochi artificiali e del temporale e la vista di una sfilata militare. La mia generazione ha quarant'anni. Sotto i nostri occhi è finito l'entusiasmo. E noi continuiamo a stare a guardare. Quelle prospettive dopo la guerra, quelle possibilità di ricominciare, dicono gli anziani scuotendo la testa. Eravamo davvero tutti uguali, dicono gli uni. Ma solo per poco, dicono gli altri, solo un attimo, in realtà mai. Siamo una generazione-test. Abbiamo giustificato le più grandi speranze. I primi Giovani Pionieri. I nostri insegnanti, i nuovi insegnanti, non avevano alunni prima di noi. Ci educarono secondo Pavlov. Tutti i nostri riflessi condizionati. Sin dall'inizio, il 21 dicembre il piccolo padre Stalin compiva gli anni. Subito dopo venivano le vacanze di Natale. 10 giorni più tardi il piccolo padre Gelo. La lingua russa suonava come quella francese. Con un po' di buona volontà, diceva l'insegnante. Ci davano buoni d'acquisto per gli zoccoli e quando andavamo a far la spesa, non dovevamo perdere i tagliandini delle tessere annonarie. Portavamo corpetti e calze lunghe, fasce nei capelli. Al ballo mascherato ci vestivamo da Biancospino e Rosetta, i capelli coi riccioli un po' bruciacchiati. Ce la dovevamo vedere con garanti e pietre miliari, eterni e imperituri; con precursori impavidi, indimenticabili. 24 Il sole splendeva sempre. Incrollabilmente. Tutti quei manifesti rossi con le scritte in bianco. Le foto dei volti che portavamo davanti a noi, attaccati alle aste, e che, dopo la manifestazione, raccoglievamo ordinatamente. Ah, era tutto troppo grande per noi. Troppo grande e troppo rumoroso. Gli altoparlanti. Le fanfare. I volti. I vecchi volti dei miei compagni di scuola, a sei anni. Vent'anni dopo, l'assemblea dei genitori per l'assegnazione di mio figlio alla sua classe. Noi genitori sedevamo nei banchi, come Biancaneve tra i nani. Davanti a noi l'insegnante di classe. Nostro figlio come un cavallino da corsa alla linea di partenza. Gli elogi li ricevemmo più tardi, quando ne veniva data lettura nelle aziende. I visi delle altre madri mi sembravano più vecchi, più rispettabili, più seri, più consapevoli, più risoluti. Questi sono veri adulti, pensavo. Veri padri, pensavo osservando i padri. Quest'anno, all'assemblea dei genitori degli apprendisti, stavano di nuovo lì seduti, gli altri genitori. La mia generazione, pensavo. Però suona bene: la mia generazione. C'è dell'affinità, della serietà. Si potrebbe quasi credere che esista davvero. E così, parlando di noi, ho cominciato a dire e a scrivere noi e lo leggevo ad alta voce. Ma loro si schermivano, e da questo "noi" volevano rimanere fuori. Sì, meglio che non li includessi, meglio scrivere tutto nella forma singolare. Allora si sarebbero potute trovare molte affinità. Persino opinioni concordi. Sorprendenti comunanze. Però anche gli anziani appartengono a una generazione: ai funerali, per esempio, si può dire cresciuto/cresciuta col secolo, egli/ ella fu tra i primi studenti o funzionari operai della giovane Repubblica di Weimar, egli/ ella intuì la crescente fascistizzazione della Germania, entrò nella Resistenza o poté salvarsi da Hitler con l'emigrazione. Dopo la dissoluzione del fascismo egli/ella fece parte di quella generazione che dedicò tutta la sua energia alla ricostruzione democratica, grandi meriti, posizione-chiave, punto di congiunzione, onorata memoria. Oppure: egli/ella - questo si può dire in occasione di un pensionamento - appartiene alla generazione di coloro che sono nati durante la Prima Guerra Mondiale. Scolaro nella Repubblica di Weimar, sotto Hitler studente oppure operaio, impiegato, funzionario, soldato. Rimasta vedova, ella ha - oppure, dopo una lunga prigionia egli ha - condotto una vita priva di radici, finché egli/ ella ha raggiunto una posizione solida e rispettata nella nostra società. Non si è tenuto fuori dal gioco: Ora i meritati anni di pace. Egli/ella - questo si può dire in occasione di una onorificenza - appartiene ancora alla generazione dei nati durante la Repubblica di Weimar, ma educati già nell'ideologia fascista. Egli/ella ha fatto parte della Gioventù Hitleriana o

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