HEIDEGGER Gian-Carlo Rota La Logica Genetica, il metodo di analisi logica istituito da Edmund Husserl, ha aperto nuovi e ampi orizzonti nello studio dei fondamenti delle scienze. Le innovazioni di Husserl, tuttavia, furono rese meno efficaci e accettabili da una contaminazione con elementi metafisici (come per primo osservò Nicolai Hartmann) che provocano oscurità e malintesi. Stranamente, mentre nel corso degli anni consolidava la sua metafisica, Husserl trasformava la sua logica in una tecnica approfondita e versatile e i suoi ultimi scritti (per esempio, Logica forma/e e trascendentale) sono un misto di intuizioni logiche e di discutibili affermazioni metafisiche intorno all'ego trascendentale e all'intersoggettività. L'offuscarsi della distinzione fra logica e metafisica non è certo un elemento di fascino teoretico, soprattutto per un profano che non sia introdotto alle molteplici sottigliezze husserliane. La logica genetica deve essere liberata da ogni residuo idealistico se se ne vuole fare una disciplina autonoma, come lo stesso Husserl avrà certo auspicato prima del 1929. La presente nota intende essere un passo in questa direzione. Nessun oggetto può essere dato senza l'intervento di un soggetto che opera una selezione di alcuni aspetti di esso da una varietà potenzialmente infinita. Per esempio, è impossibile riconoscere che tre monetine allineate con tre biglie rappresentano "lo stesso numero" senza concentrarsi sul "numero di" e trascurare altre somiglianze, come il colore, che potrebbero essere più significative in altre circostanze. Questo " concentrarsi", data la sua possibile relazione con dei ricordi e con le associazioni che provoca, è irriducibile, dal punto di vista logico, alla sola oggettività. È un atto che richiede un contributo da parte del soggetto percipiente e tale atto, con la selettività che implica, è in definitiva arbitrario o, più precisamente, contingente. Siamo così costretti a concludere che la costituzione di ogni oggetto nel mondo, così come il mondo stesso, dipende da una scelta umana. In ogni scelta del genere, per quanto ben radicata storicamente e lontana dalla casualità, vi è sempre la possibilità latente che l'oggetto divenga altro da ciò che è. Lo spettro della trasformazione accidentale si cela nel!' ombra di ogni intervento umano. Quando questa conclusione perviene a una dolorosa consapevolezza si ha il concetto heideggeriano di Angst. Eppure noi sappiamo per esperienza che gli oggetti sono dotati della qualità della pre-esistenza. Il mondo è costantemente presente nella sua marmorea fattualità. Non si possono facilmente confondere le stelle del cielo con dei polli in una stia celeste, come proponeva la metafora di Balthasar Graciàn. Siamo di fronte a un paradosso. Da una parte, la necessaria presenza di un osservatore trasforma l'oggetto in un evento contigente la cui esistenza è appesa al filo del riconoscimento. Dall'altra, il fatto che il mondo sia pre-dato ci sta davanti come la più ovvia delle realtà. Questo paradosso - come ogni paradosso - risulta dal fatto che una parte della realtà viene nascosta e svanisce non appena si esamina la motivazione di ognuna delle due alternative. 56 Un artigiano, uno scienziato, un uomo comune considera gli oggetti delle relazioni quotidiane principalmente come utensili. Il requisito essenziale di un utensile è che esso offra a chi lo usa un'attendibile garanzia di identità. Solo quando l'utensile si guasta o diviene altrimenti problematico (come quando si avverte l'esigenza di un nuovo utensile), la contingenza di ogni "utensilità" si rivela all'utente come una crepa nell'intonaco di un muro. In questi momenti di crisi, chi usa l'utensile è costretto a impegnarsi nella ricerca delle origini, delle motivazione perdute, dei meccanismi dimenticati che nel tempo sono divenuti scontati: è un'operazione molto simile a quella che compie un meccanico nel suo lavoro quotidiano. Così le due alternative, necessità e contingenza nella natura di un oggetto, invece di costituire un paradosso irresolubile, si rivelano fili complementari nel tessuto di ogni sforzo organizzato. La logica genetica è lo studio formale di questa struttura dialettica. Applicata alle scienze dell'uomo, la logica genetica è principalmente la logica della formazione dei concetti e si volge a contrastare la tendenza all'adozione acritica di nozioni della vita quotidiana come concetti strutturali. Nelle scienze biologiche, per esempio, concetti di uso corrente come "vita", "evoluzione" o "organico" somigliano, anche solo per la loro origine plebea, ai quattro elementi aristotelici. La chimica, però, nacque soltanto nel momento in cui quattro nozioni ben salde e tratte dalla vita quotidiana - acqua, aria, terra e fuoco - vennero sostituite da concetti artificiali che non avevano un immediato riscontro empirico ma erano il risultato di una vera e propria ricerca genetica, molto diversa dall'ingenua registrazione dei fenomeni naturali per come appaiono ai sensi. Se e quando le scienze biologiche seguiranno l'esempio della chimica per fare un analogo balzo in avanti è un mistero guardato sempre con ansiosa partecipazione nel mondo scientifico. Nelle scienze esatte il compito principale della logica genetica è la critica dei fondamenti. In questo campo, una proliferazione di strutture, favorita da un incredibile successo - almeno in passato - ha portato a una Babele di teorie stratificate. Il progresso è reso difficile da una tradizione che ispira reverenza. Come acutamente scrisse Martin Heidegger: "La tradizione che sta diventando dominante, innanzi tutto e per lo più nasconde ciò che essa 'trasmette' piuttosto che renderlo accessibile. Essa consegna il tramandato dell'ovvietà e fa smarrire l'accesso alle 'fonti' di fenomeni, da cui furono in parte autenticamente creati concetti e categorie trasmessi. La tradizione induce persino a dimenticare tale provenienza. Essa sviluppa la mancanza del bisogno anche di comprendere un simile ritorno nella sua necessità." (Sein und Zeit, p. 21) I fondamenti della matematica come appaiono oggi rispecchiano fedelmente la descrizione di Heidegger. È una legge di natura che i concetti matematici si formino su un modello di identificazione che deve sempre cancellare le proprie orme; mentre il tempo e la teoria procedono, livelli
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