IL CONTESTO DAILETTORI L'ULTIMOFILMDIROHMER Paolo Concetti (Fermo) Si possono avere sempre vent'anni? Vedendo l'amico della mia amica (1987) si direbbe di sì. Questo è, probabilmente, il limite e la forza di Rohmer. I "venti anni" sono "la stagione degli amori" (o, almeno, la più tipica e coinvolgente), e dello "amore come problema" sembra che parlino tutti i film di Rohmer. Ma, dopo 16 lungometraggi dedicati allo stesso tema (la sola eccezione è Reinette e Mirabelle, 1986:a parte I' "anomalo" Perceval le Galois, 1978, in cui, comunque, l'amore gioca il suo ruolo), non si rischia la noia? Niente affatto. Anzi, l'unico film "diverso" (Reinette) risulta, a mio avviso, il solo in cui sia evidente una caduta di tono. Dunque, l' "amore"! Ma quale amore? In primo luogo un amore ben determinato nel tempo e nello spazio, soprattutto nello spazio. Esiste una "geometria dei luoghi" da cui l'amore è, in qualche modo, condizionato e le svolte del terreno (la "topografia") decidono, spesso, anche le "svolte" dei sentimenti. Amarsi a Clermont-Ferrand, Talloires, Granville, Parigi, Biarritz o Cergy-Pontoise non è mai la stessa cosa, nei film di Rohmer. Per il nostro film, per esempio, Rohmer ha atteso che fosse terminata la costruzione di Cergy-Pontoise (una "ville nouvelle" della cintura parigina) per potervi ambientare la sua storia (scritta da tempo, ancor prima de Il raggio verde), perché solo "qui" potevano realizzarsi certi incontri e particolari momenti. Ma, oltre al "luogo geografico", c'è anche un "luogo del corpo" che, ogni volta, viene messo in primo piano: "Ogni donna, dice Jér6me ne Il ginocchio di Claire, ha un punto vulnerabile. Per alcune è l'attaccatura del collo, la vita, le mani. Per Claire, in quella data posizione, in quella data luce, era il ginocchio. Rappresenta come il polo magnetico del mio desiderio ... " (cit. in Rohmer di Michele Mancini). Ma, accanto al "luogo del corpo", esiste, altrettanto importante, un "luogo dello spirito": ogni donna (o uomo) dei film di Rohmer ha un "punto vulnerabile" nelle segrete profondità della propria anima (nel nostro caso il carattere melanconico e introverso della protagonista - e ricordiamo, ancora, che se i "racconti morali" (la prima serie di film: 1963-1973) hanno come protagonista l'uomo, le "commedie e proverbi" (seconda serie di film: 1980-1987)vedono, al centro dell'attenzione, la donna: e qui, intorno al "luogo vulnerabile", si svolge la 32 battaglia dei sentimenti. I film di Rohmer, nonostante la "unicità del tema", non si "ripetono" mai, proprio perché infinita è la tipologia della "educazione sentimentale". Noi "umani" (questo sembra essere l'assunto di partenza di tutte le storie di Rohmer) non riusciamo mai a conoscere veramente i nostri sentimenti, specie i "sentimenti d'amore": davanti ad essi siamo tutti come bambini. L'imprevisto e la meraviglia dominano la nostra vita: dobbiamo scoprirci a ogni istante, e a ogni svolta di questo sconosciuto paesaggio dell'anima abbiamo una "auto-rivelazione". Ed è questa "scoperta" che rende affascinante il "racconto" del nostro regista. Si sa benissimo di "cosa" parlerà un film di Rohmer, ma si ignora il "come" ne parlerà (egli stesso, del resto, il più delle volte, non sa "come andrà a finire"), e il fatto di utilizzare attori sempre diversi e non-professionisti fa parte di questo "gioco dell'incertezza". UTOPIA: SOSTANTIVFOEMMINILE Alessandro Panci (Torino) Il film, opera prima, Ma/com dell'australiana Nadia Tass è un delicato sistema di scatole cinesi, ideato con intelligenza e montato con encomiabile senso della misura. È anche la duplice storia, né violenta né volgare, di una rapina e di una solidarietà fra emarginati, entrambe piuttosto originali: la rapina si svolge completamente telecomandata e la solidarietà trasforma la vita di un terzetto di nati-per-perdere in una fetta di Paradiso terrestre. Legame fra le due vicende, ambientate nella periferia di Melbourne, è Malcom, apparentemente il protagonista: un ragazzone goffo e maldestro, un caratteriale introverso, timorosissimo di tutto e assolutamente inadatto alla vita sociale, ma con un talento sbalorditivo per la meccanica e l'elettronica. Rimasto orfano per la morte della madre e disoccupato per la perdita del lavoro, si risolve, su consiglio e assistenza di una vicina, ad affittare una camera a Frank, un ex-carcerato e ladruncolo tutto muscoli e niente cervello, sostanzialmente innocuo, e alla sua donna, Judith, cameriera in un locale di infimo ordine. Nella convivenza i tre prima si annusano a distanza diffidenti e curiosi, poi si avvicinano. con cautela, acquistano confidenza, solidarizzano reciprocamente e si legano con vincoli non solo d'amicizia ma anche di affari, intraprendendo una brillante carriera di rapinatori "elettronici" di banche. Il racconto inizia lento e, finché riguarda solo lo strambo mondo di Malcom, impigrisce nei meandri di un'estrosa frammentarietà; si fa più brioso e scorrevole via via che la vicenda, arricchendosi di personaggi, cresce e si complica. L'impressione è di sfogliare le annotazioni di un diario redatto con spigliato gusto umoristico ed efficace capacità espressiva. Ma anche di essere relegati a un livello inferiore del film, dove restano ancora sparsi e inutilizzati molti interessanti indizi. Per esempio, l'ambiguità narrativa fra il realismo d'esordio e la favola finale; la doppia insegna di sorriso-divertimento e lutto-morte; o la troppo sospetta coincidenza fra i destini di Malcom e di Judith: un figlio che cerca una madre, una madre che cerca un figlio; e lo scombussolamento di Malcom senza donne che lo guidino: ieri la madre, poi la vicina vice-madre, poi Judith ... questa donna forte fra uomini fragili, che da quando entra in scena (ultima del terzetto) acquista sempre più consistenza e rilievo fino ad assumere il ruolo principale nel gruppo, a cui dà coesione, uno scopo e una guida. Film dominato da una donna, dunque; diretto da una donna e straripante di tematiche intorno alla donna. E infatti è il film di un'utopia femminile/ista esposta sotto forma di favola atipica, a sua volta costruita intorno a un macabro, agghiacciante apologo. La classica polpetta avvelenata. E il veleno, spremuto come un succo dall'apologo, consiste nella tesi che la società - società degli uomini - è profondamente malvagia. L'utopia, ovviamente, è quella di una società nuova, femminile, disinfestata e decontaminata da tutte le colpe dei maschi e detersa anche dai minimi residui di macchie. La favola, invece, è la sostanza stessa del racconto: la storia del primo mini-commando matriarcale (due "figli" legati eroticamente alla "madre") che inizia l'opera di sgretolamento del vecchio ordine colpendo le banche, le moderne cattedrali fortezze del "Dio che ora effettivamente comanda sulla terra, il Denaro", vero e proprio bilanciere magnetico del mondo (maschile); oppure, a una lettura più radicale e inquietante, la storia della spedizione di due esemplari di maschi "dimezzati", l'uno tutta intelligenza e niente sesso, l'altro ridotto a mera funzione itifallica, portati al guinzaglio dalla donna-maga-madre verso il Paradiso terrestre.
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