cine di milioni per acquistare i dati del mercato e delle sue tendenze (per lo più rilevati ed elaborati dalla Demoskopea e forniti loro direttamente), ai piccoli editori (che a quei dati non accedono) anche ogni informazione "pubblica" sul mercato editoriale può risultare di grande utilità. E dunque anche le classifiche. Ma se la lista dei più venduti, letta per cogliere alcune tendenze, può rispondere dunque ad un criterio di utilità, letta per cercarvi i propri titoli (con il sussulto del "non si sa mai"), è solo fonte di frustrazione. I titoli presi in considerazione, anno per anno, per questa indagine, non si limitano al top dei primi dieci in classifica (si è detto, può essere fuorviante perché elimina alcuni movimenti di vendita); allargando l'osservazione anche alle zone mediobasse delle classifiche riportate dalla Demoskopea si sono invece esaminati dai cinquanta agli ottanta titoli per anno. Il campione, sufficientemente vasto, permette appunto di spingersi in quei territori dove con più facilità si potrebbero trovare i libri degli editori meno forti. Traducendo in termini di mercato: se i libri top superano, in pochi mesi, per lo più le 50.000 copie (e ormai non sono così frequenti i libri - anche di narrativa - che raggiungono o superano le 100.000), gli altri oscillano tra le 10.000 e le 30.000-40.000 copie. I dati elaborati danno comunque un quadro nel quale domina esclusivamente la grande editoria, e, più in particolare, la Mondadori, in crescita dalla fine degli anni settanta: nel 1978 i titoli mondadoriani occupavano il 30% dei titoli in classifica, nel 1985 avevano raggiunto e superato il 45%. La Rizzoli (che nel 1978 aveva il 26% dei titoli in classifica), dopo la crisi dei primi anni ottanta (durante i quali ha registrato meno del 15% dei titoli di successo), è tornata a raggiungere il 30%. Gli altri editori (Longanesi, Bompiani, Garzanti), oscillano di anno in anno, a seconda degli autori di punta che presentano, e comunque i loro titoli non hanno mai superato il 12% dei titoli presenti nelle classi fiche dei best seller. Molto cresciuta è invece la quota di editori vari (altri) che, escludendo Einaudi (che passa dal 7,5% del 1979 al 3,5% del 1985), registra un notevole incremento nelle classifiche, arrivando al 29%. Nella voce "altri" sono compresi i piccoli, ma si limitano soprattutto a Sellerio, con Diceria dell'untore, e con la Grammatica della lingua italiana di Panzini. Altri casi sporadici sono legati a occasioni particolari e di breve durata. Presente ancora la sigla Sellerio con due testi di Sciascia: Kermesse e La sentenza memorabile, ma per un tempo molto breve e nelle fasce basse. Ma il discorso va allargato: altre sigle sono legate a pochissimi nomi, "di moda", si potrebbe dire; Longanesi, ad esempio, è sempre in classifica con Wilburn Smith e con Ende. Per Garzanti ricorrono per lo più i saggi degli opinion leaders: Alberoni, in particolare, o Ronchey, ad esempio. È la Mondadori a offrire un numero di autori più ampio, ma in fondo sono sempre gli stessi: marche di garanzia che ispirano fiducia e richiedono fedeltà. Anche un esame delle zone basse della classifica non ha dunque praticamente mutato i dati chf' si sarebbero ricavati dai primi dieci. Ma non solo: secondo i dati di una ricerca condotta al Dipartimento di Scienze Sociali dell'Università di Torino, e in parte resa pubblica da Giorgio Grossi in un saggio intitolato Il libro di successo. Elementi di analisi del mercato editoriale dei libri più venduti ( 1982-1984) (in AA. V. Almeno un libro, a c. di M. Livolsi, Firenze, La Nuova Italia, 1986, pp. 64 sgg.), anche considerando, per gli anni 1982, 1983, 1984, 1.397 titoli indicati dalla Demoskopea - con criterio molto discutibile - come libri di successo avendo raggiunto le 2000 copie vendute, si rileva che Mondadori da solo ne pubblica un terzo, "seguito a debita distanza da Rizzoli (15%) e poi, ancora più lontani, da Bompiani, Einaudi, Garzanti (con valori tra il 7 e il 5% DISCUSSIONE circa)". Degli altri non si fa cenno, tantomeno dei piccoli. I dati la dicono lunga sul peso dei grandi editori sul mercato editoriale: se si fondasse - come le rilevazioni citate - sui best seller o sui libri di successo in senso anche più esteso, i piccoli editori non esisterebbero. È vero, le classifiche e anche altre rilevazioni statistiche sul mercato editoriale non sono significative se si vuole registrare movimenti di vendita concentrati non solo nelle grandi librerie o in particolari città: il venduto delle librerie FeltrineHi, ad esempio, non riproduce le liste settimanali della Demoskopea. Ma non esistono classifiche o altre rilevazioni mirate ad interlocutori che non siano i grandi editori. Per dirla in altro modo: la Demoskopea non "manipola" affatto i dati, ma utilizza criteri di rilevazione funzionali alle richieste dei suoi clienti, gli editori più forti. Altri criteri di rilevazione e di elaborazione permetterebbero di mettere meglio a fuoco la situazione del mercato. E tuttavia il problema non è ancora solo questo: la scoperta di qualche titolo in più nell'elenco dei più venduti darebbe qualche gratificazione alla piccola editoria, ma non cambierebbe la riflessione qui condotta. Secondo alcuni osservatori del mercato, la quota di vendita dei best seller non è poi così vasta. Secondo altri lo è. Per superare la semplice impressione, si può invece citare ancora la ricerca di Grossi, che scrive: "la punta di diamante del mercato dei libri di successo è costituita dai best seller, cioè dai volumi a più alto numero di copie vendute. (... ) Il peso dei best seller sul mercato risulta( ... ) assai rilevante; pur rappresentando solo l' 11,6% dei titoli essi infatti raggiungono il 35,7% del fatturato" (ivi, p. 75). Prima ancora che il critico letterario o il sociologo della cultura, deve fare dunque i conti con questa realtà chi intraprende un'attività editoriale. Ma a questo punto il discorso si complica. Il mercato del best seller è un mercato ancora vasto. Ma d'altro canto è solo una nicchia - più grande delle altre - delle tante nelle quali si è differenziato il mercato editoriale di questi anni. Rispetto a questa nicchia il prodotto destinato alle vendite deve avere delle caratteristiche ben precise per quanto riguarda il testo e per quanto riguarda il prodotto. Devono cioè essere facilmente riconoscibili e accettati i codici narrativi, o, per dir meglio, di scrittura, variati ma non troppo con lo scorrere degli anni, anche se esternamente muta la tipologia del libro di successo: oggi ad esempio trionfa il giornalista narratore, autore spesso di un genere che non è più saggistica ma non è nemmeno narrativa, per cui si è sentito dire, in passato, per un saggio, "si legge come un romanzo". In questa linea si colloca il successo delle biografie o, viceversa, di una "narrativa" tutta dentro l'attualità, da "consumare" come un lungo articolo. Ma questo intervento non riguarda il best seller tout court. Si torni dunque al tema per sottolineare, con John Sutherland, che "C'è una relazione diretta tra il best seller, il proprio tempo ed il suo apparato produttivo" (John Sutherland, introduzione a Best seller, Popular Fiction of the 1970s). Forse sta proprio qui la vera ricetta del best seller, ma è una ricetta banale se ridotta alla formula: "il libro giusto al momento giusto". Non è banale se, togliendo di mezzo quella formula vera ma un po' insulsa, si ridefinisce la considerazione di Sutherland dicendo che il libro best seller non può prescindere dall'at-
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