stri al Comune, le sentenze del conciliatore, i verbali dei carabinieri o delle guardie campestri, le lettere al sindaco, le petizioni) e passano poi, per la ricostruzione del periodo più recente, alle fonti orali. Approfittando del fatto che, per fortuna, "Anguillara è un paese di persone longeve e i vecchi conservano un ricordo molto lucido degli eventi più remoti". Già questa scelta delle fonti restituisce alla ricostruzione storica un carattere unitario: non c'è cesura di linguaggio né di argomenti tra quello che riferiscono le "carte" e quello che raccontano i vecchi. Documenti e ricordi hanno un centro, che è quello stesso della storia del paese. Che storia è quella di Anguillara? È, come per moltissimi altri piccoli paesi a economia agricola, la storia di una infinita lotta per la terra. Ma anche la storia di una comunità. Lotta per la terra significò soprattutto una serie interminabile di cause, discussioni, sentenze e occupazioni - senza soluzione di continuità: perché se le occupazioni arrivarono solo in epoca più recente, muovevano però da rivendicazioni e argomentazioni antiche, sostanzialmente quelle del diritto collettivo alla terra, o almeno a certe terre. Tra le discussioni giuridiche sugli "usi civici" -sui diritti comunitari che limitavano la proprietà privata della terra - e la propaganda socialista c'è una continuità impressionante. Il documento presentàto dagli anguillaresi in una causa giuridica del 191O, in epoca di forte proselitismo socialista, non può che richiamarsi a patti e diritti che affondano le loro radici in epoca premoderna, quando per esempio sulle terre del feudo c'era un esteso e minuziosamente regolato diritto di semina da parte della comunità: "Questo stato di fatto - diceva il documento - che si perpetuava indisturbato da epoca antichissima e della cui origine nofl rimaneva memoria, fu talora turbato dalla prepotente violenza dei baroni, sempre desiderosi di arricchirsi alle spalle del popolo; ma questo, protetto dal Sovrano e dai tribunali, ottenne sempre la reintegrazione dei diritti collettivi conculcati e ognuna di queste reintegrazioni conteneva la conferma dei diritti del popolo". Ecco riassunta in poche righe l'eterna questione della storia di Anguillara. Questa aspirazione alla terra, sempre uguale a se stessa, fa pensare davvero a una storia immobile ("Queste tre generazioni - scrive la Zucconi presentando la sua ricerca - portano gli stessi nomi, chiedono le stesse cose, sperano sempre di sfamarsi col prossimo raccolto, sulle terre da seminare pendono sempre le stesse cause civili, le loro pratiche sono sempre inevase, le loro petizioni disattese ... "). Ma poi fatti e avvenimenti, della più varia natura, intervengono ad accelerare improvvisamente il ritmo delle trasformazioni. La costruzione di strade e lo sviluppo di mezzi di comunicazione, per esempio. Anguillara, vicinissima a Roma, ne era in realtà distante anni luce proprio a causa della carenza di vie e mezzi di comunicazione; basterà che, con l'arrivo dello stato italiano, la situazione migliori perché la vita del paese cambi, sotto la spinta, per esempio, di un elemento economicamente e culturalmente formidabile come il turismo. Ma più in generale, nota la Zucconi, l'obbligo ehe lo stato italiano impose ai comuni di costruire strade per migliorare i collegamenti "introdusse nei paesi una riflessione del tutto nuova sulla propria identità". Lo stesso accade con l'istituzione di un efficiente servizio postale, di cui l'autrice mette in luce il valore in qualche modo simbolico: "ogni lettera che arrivava nel giro di poche ore da Roma ad Anguillara provava la straordinaria presenza dello Stato unitario". La circolazione di merci, messaggi e notizie arriva dunque insieme allo stato italiano e rompe pressoché definitivamente l'isolamento del paese - e insieme la chiusura e l'identità stessa della comunità. Il pregio maggiore del libro è proprio in questa sua capacità di restituire la differenza dei ritmi e dei tempi delle trasformazioni; nell'intuire gli effetti di mutamenti epocali attraverso il filtro di piccole vicende pubbliche e private: una denuncia, una protesta collettiva, una petizione. E poi nella capacità di racconwre queste trasformazioni, i mutamenti anche sottili di_punti di vista, condizioni di vita, comportamenti sociali. A differenza di certe "microstorie" la narratività di Angela Zucconi non è però Angela Zucconi. SCHEDE/STORIE debordante o compiaciuta, ma conserva una misura, una laconicità che fa pensare davvero ai modi della memoria contadina (e che più di tutto mi sembra giustifichi il titolo di Au1obiografia). Come in questa storia di emigrazione: "Partirono un figlio e una figlia di Lucia detta La Zirra, una delle donne che avevano guidato l'occupazione delle terre. Il figlio, Enrico detto Rigacciò, trovò lavoro in una fabbrica di cucchiai d'argento, e la sorella Ester in una fabbrica di pennini a New York. Ester si ammalò e morì giovanissima e il fratello per il gran dolore se ne tornò ad Anguillara, senza niente, con un orologio che non era neppure d'oro". Altre volte la memoria, specie di fronte alle tragedie, si arma d'ironia: "Partì certo Felice Incecchi, detto Felicione, e neanche lui fece fortuna; tornò anzi senza un occhio oltre che senza soldi, e quando in paese gli chiedevano che aveva fatto dei soldi, raccontava che nel viaggio di ritorno gli era cascato il portafogli in mare". Naturalmente questa capacità di narrazione si esprime ancor meglio a contatto di vicende che non si limitano a mutare comportamenti e condizioni di vita, ma li sconvolgono completamente: come appunto nei brevi accenni al fenomeno dell'emigrazione, che pure non ebbe ad Anguillara le dimensioni grandi e tragiche che conobbe altrove; e soprattutto nelle straordinarie pagine dedicate a quell'evento decisivo, specialmente per la gente delle campagne, che fu la prima guerra mondiale. Qui la memoria delle fonti orali si sovrappone alle tracce documentali, e la narrazione si fa più ricca e affascinante. Decine di storie si incrociano, cognomi che eravamo abituati a vedere in calce a petizioni per l'acqua o sulla nettezza urbana diventano protagonisti, e spesso vittime, di un evento capitale. Qui c'è un'esempio tra i più significativi della capacità dell'autrice di leggere i "piccoli segni" della storia per individuare trasformazioni più generali e profon-· de. Nota la Zucconi come ai bambini nati ad Anguillara nel' 19 o nel '20 "non furono dati i nomi sacri della Grande Guerra - Italia, Trieste, Isonzo, Trento, Gorizia - come avvenne in altri paesi. Quei bambini si chiamarono Quinto, Primo, Giovanni, Biagio come gli altri di tante generazioni". Interrogandosi su questo fatto arriva a un'unica spiegazione: la memoria della guerra non alimentava nessuna esaltazione nazionalista, nessuna rivendicazione di eroismo, ma solo "la rabbiosa attesa che la terr? venisse data ai contadini; come era stato promesso". Da qui deriva anche la scarsa presa iniziale del fascismo, in un paese dove le varie forze progressiste avevano sempre incontrato 87
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