Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

stessa attenzione a un flusso che non può mai essere del tutto irreggimentato. Il popolo vive le tragedie della politica in modo diverso dai politici, sembra ricordarci; si adatta e si arrangia cercando e scavando spazi di autonomia che nessun potere potrà mai perfettamente controllare. "Vivere da cittadino sovietico tra i cittadini sovietici, cindividendone le pene e le gioie, non rende più esperto nelle intenzioni del Cremlino: la gente qualunque è l'ultima a venirne a conoscenza" (p. 149), dice Karol quasi giustificando la approssimazione e confusione politica del Solik di allora. Ma egli sa anche bene che le contraddizioni degli anni '40 sono diverse da quelle di oggi, e certamente le contraddizioni della Russia di quegli anni erano diverse da quelle della Germania dello stesso periodo. In quella sterminata e giovane confederazione, in quella variatissima società, l'intervento canalizzatore e repressore trova tuttavia i suoi freni, deve in qualche modo scendere a patti col "sociale". Il libro ci rievoca il miscuglio di speranze e frustrazioni, in cui le speranze erano tuttavia più forti, di una società uscita non da molto da una enorme rivoluzione e unificata dalla necessaria risposta collettiva a un'invasione subita. Le stesse tragedie vengono vissute, dalla gente comune che crede nella fondamentale giustezza del percorso collettivo intrapreso, con una fiducia di fondo, oppure, dall'altra che reagisce a ogni mutamento storico con una dose di nascosto scetticismo, con quelle forme di resistenza passiva cui da sempre chi sta sotto ricorre, per poter sopravvivere. Il libro dimostra la compresenza di queste due risposte spesso nelle stesse persone. In definitiva, ci conferma in quell'amore, che è lo stesso dell'autore, per un popolo i cui talenti e la cui vitalità potrebbero ancora soprendere. LAVERASTORIA DELMULINOBIANCO Gianfranco Bettin L'Italia del boom economico, illusa e gratificata dai nuovi consumi e dal tenore di vita certamente più elevato, dimenticava volentieri il suo recentissimo passato. Dietro le spalle, appena un passo indietro, c'era l'Italia povera e statica uscita dalle guerre, dalle basi industriali ristrette, con un'economia largamente agricola. La fame e la durezza di quell'epoca ispiravano al frenetico tempo del boom una ricerca di "modernità", di "benessere", che rappresentavano un taglio netto, materiale e culturale, col passato. L'eSCHEDE/STORIE Nuto Revelli in una famiglia di contadini intervistati (Archivio Einaudi). sodo dalle campagne, favorito dalle politiche industrialiste dei governi, si alimentava anche delle illusioni, dei miti del nascente (e poi trionfante) consumismo. La televisione - il caminetto davanti al quale si ascoltano oggi le favole, come dice Paolo Volponi - esibiva, nei suoi Caroselli, i simboli reificati del nuovo tempo: automobili, cucine americane, detersivi (grazie ai quali anche Calimero, il pulcino nero, tornava al suo colore naturale). La città era il centro di questa rivoluzione - la più rapida e profonda che il nostro paese abbia mai conosciuto -mentre le campagne, e ancor più colline e montagne, perdevano vitalità, si spopolavano. Diventavano il "mondo dei vinti". A quel mondo, al suo passato e alla sua realtà attuale, ha continuato a guardare, tra gli altri, ma con una passione politica e civile peculiare, Nuto Revelli. Ultimo di una serie di volumi ormai lunga, Revelli pubblica ora L'anello fon e. La donna: srorie di vira conradina (Einaudi, pp. 502, lire 18.000). Come indica il sottotitolo, in questo libro protagonista è la donna contadina, delle campagne, colline e montagne cuneesi. Già nei lavori precedenti Revelli aveva raccolto testimonianze e vicende di donne ma, come lui stesso riconosce nella densa prefazione al libro (che è anche una sorta di autobiografia, sia pure solo accennata) mai la donna aveva ricevuto una specifica e prolungata attenzione. Le ricerche finivano sempre, prima o poi, per tornare a registrare voci di uomini. Anche la storia fatta di "storie di vita" (disciplina nella quale Revelli è maestro) raccoglieva soprattutto il punto di vista maschile. Invece, le storie di L'anello forre sono narrate soltanto da voci di donne. E di vere e proprie narrazioni si tratta, non di sole "testimo• nianze": dense di fatti oggettivi, di notizie, le autobiografie si aprono in scene corali, in dettagli, in riflessioni che suggeriscono l'irriducibilità delle esperienze individuali al mero dato sociologico o "storico". È grande merito di Revelli aver saputo "registrare" e selezionare per la pubblicazione questo elemento. Con L'anello forre siamo di fronte a un libro di storia che sa che la storia, fatta di protagonisti vivi, è sempre anche "romanzo" (come tutta una recente discussione rammenta). li libro di Revelli appare in un momento in cui l'atteggiamento comune verso il mondo contadino sembra ancora mutare. La civiltà dell'industria e dell'urbanizzazione ha provocato tanti e tali danni in così poco tempo da suscitare diffusi sentimenti di ripulsa. A un'opinione pubblica stressata dai ritmi di vita cittadini, inquinata o allarmata dai possibili disastri ecologici, la campagna e la montagna sembrano tornare a porsi come alternative salubri, come poli d'attrazione per altre mutazioni culturali, più umane, più in armonia con cidi biologici e stili di vita disalienati. Dev'essere ben profonda questa "voglia di cambiare vita" se dà origine alle corse estive verso le località montane, se fa la fortuna delle agenzie turistiche che organizzano trekking per chi cerca fac-simili 85

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