Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

L'ARTDEELROMANZO Grazia Cherchi Mentre sto uscendo suona il telefono. "C'è Grazia Cherchi?" "Chi la vuole?" "Sono un commercialista di Macerata. Vonei sapere se può leggere il mio romanzo che è... " "Spiacente, ma è fuori Milano", lo interrompo precipitosamente, "non tornerà prima di un paio di mesi". In metrò sfoglio il "Corriere". Comincio a leggere un articolo in terza pagina. Al solito: più l'autore si sforza di render tutto consolatorio più mi assale lo sconforto. E poi dicono che i troppi aggettivi sono una caratteristica della scrittura femminile: qui ne conto undici nelle prime nove righe. "Sei Grazia, vero?" chiede uno sconosciuto. Non posso negarlo ma sono già sulla difensiva. "Non ti ricordi di me? Sono Bruno. Abbiamo fatto il liceo insieme". A ben guardarlo, rassomiglia molto al padre del mio antico compagno di scuola. "Faccio l'architetto ma mi sono stufato", mi informa. "Così mi sono preso due anni di libertà e ho scritto un romanzo". Il tono è di chi annuncia la buona novella. "Non fa notizia. Oggi tutti scrivono romanzi", dico. "Sì, ma questo è speciale. Non dovrei essere io a dirlo, ma è proprio speciale. E ci ho impiegato due anni, due anni della mia vita! Ti ho cercato molto negli ultimi tempi, ma non ti trovo mai. Vorrei che lo leggessi e mi dessi il tuo parere". La situazione è eccellente: la prossima fermata è la mia. "Spiacente, ma non ho tempo. Mi ci vorrebbero due giorni, due giorni della mia vita, e non li ho", dico accingendomi a scendere. Dovrei provare rimorso per il brusco congedo, ma sono sicura - conosco la razza - che in questo momento è rattristato per me. Non sa cosa si è persa, starà pensando. Entro al Policlinico a trovare l'amico poeta. Rigorosamente poeta: la sua degenza produrrà solo un manipolo di liriche. "Capiti male!" mi dice subito. "Sta per venire Minetti, dirigente dell'Enel. Vorrà avere notizie del suo romanzo, che mi ha scongiurato di leggergli. Che gli racconto? È di una bruttezza offensiva. E poi verrà Carini: gli hai bocciato il suo Nibbio verde, ti ricordi? È venuto a saperlo che sei stata tu". Mi congedo all'istante. In casa editrice l'editore mi fa segno di entrare nella sua stanza. Lancia un 'occhiata ai dattiloscritti che ho tra le braccia. "Che carico!" "Chi li ha scritti farebbe bene a dedicarsi a un lavoro manuale", dico. "Non lo metto in dubbio. D'altronde non ci sono più CARATTECRHI/ERCHI scrittori al di sotto dei sessant'anni. Il fenomeno è mondiale". La seduta è tolta. Passo dal direttore letterario a consegnargli le mie letture. "Forse ho trovato l'esordiente", mi annuncia. È da un lustro che ne è alla caccia. Speriamo che non abbia più di cinquantanove anni. "Leggilo il più presto possibile", dice allungandomi un dattiloscritto. "Anzi, se ce la fai, portatelo subito a casa". "Accidenti! Ma sono 308 cartelle!" "Ho letto le prime 29. Se continua così ce la fa". Il problema sono le restanti 279. Si è messo improvvisamente a piovere, una pioggia fitta e aguzza. Il "Corriere" può infine essermi utile. Ma chi riparare: me o l'esordiente? Arrivo fradicia al caffè. Francesco mi fa segno da un tavolo. Al mio arrivo chiude un dattiloscritto. "Questo romanzo è una maledizione. Me lo porto dietro dappertutto ma non riesco a finirlo", dice. "Hai notato che adesso scrivono soprattutto i non addetti ai lavori?" dico chiedendo un caffè. "Nell'ultimo mese ho letto i romanzi di un giudice, un medico, due avvocati, un sociologo ... " "E le donne dove le metti? lo la scorsa: settimana mi sono fatto una contessa, un'attrice, una psicanalista e un'assistente sociale". Quattro ragazzi seduti nel tavolo accanto ci stanno guardand? con insistenza. Ecco che scoppiano a ridere. "E vero, le donne sono tornate in forze alla scrittura. Proprio ieri un critico se ne lamentava con me: 'Ormai sono costretto a una castità forzata. Arrivati a un certo punto tutte, dico tutte le donne tirano fuori un dattiloscritto". "Dovrebbero rubare un titolo a Giudici: li mondo in cui scriviamo, altro che viviamo!" Alle risate i quattro alteroano lunghi e torvi silenzi. Così noi o quasi gridiamo per sentirci o ci mettiamo di colpo a bisbigliare. "Sarà l'influenza dei telefilm americani, ma da qualche tempo i romanzi rassomigliano a copioni cinematografici", dico. "C'è più p/ot di prima, è vero, ma l'azione non è mai mozzafiato. Ci pensa a mozzarla lo scrivente, che tra una rapina, un agguato, uno stupro infila i suoi monologhi, con rievocazioni di infelicità infantili, domestiche ed esistenziali di cui non importa un accidente a nessuno". "Già, il vice di Le Carré cede sempre il passo alla controfigura di Molly Bloom". "Sono anche in aumento oscenità e scurrilità varie. Ah, come rimpiango gli stuzzicanti puntini di sospensione di una volta!" Restiamo in silenzio: diamo il tempo all'ondata di scoraggiamento di lambirci e passare oltre. "Ecco i libri che mi avevi chiesto", dico estraendoli da una delle mie due borse. "Ed ecco i tuoi", dice Francesco facendo altrettanto. Ora le risate dei vicini sono quasi dei latrati. Che sia 81

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