Linea d'ombra - anno II - n. 9 - aprile 1985

LARECITA Eugenio De Signoribus "Un grido: I l'azione si svolge come in un film - L'eroe in scena!-" A. Achmàtova d'azione dove il fuorilegge (o la comparsa) è inseguito dagli sceriffi di vari stati il cavallo per suo destino rovina sui ginocchi e subito negli occhi gli cresce una luce che induce a sparare chi lo sguarda non si sottrae d'altronde l'ipotesi del suicidio è stata scartata a priori perché romantica e secondaria rispetto alla recita e poi la vita è fatta da una scena di colpi e cambiare la maschera è meglio che perderla non senza prima averla accarezzata Il l'attore che gli presta il volto assume il volto in proprio non si sa più se recita o fa sul serio sostiene il primo piano in piena luce fino ai dettagli più insignificanti le screpolature delle labbra il percorso dei lividi... la sequenza prevede che sul volto s'affacci il bambino che s'accaniva col proprio nome sul banco ... e via dicendo perché la storia deve sempre iniziare da un punto più o meno notevole un indizio che lasci trapelare una fine ... lll come si conviene che egli consegni le chiavi e ricucia la paura in una scommessa dove monete non precisamente valutabili sono parole scritte con sanguigna come si conviene che s'aggiri circospetto e vada a betlemme senza ridere e senza piangere con un parziale recupero dell'immobilità della maschera un po' inclinata rispetto al volto (l'azione è sempre uguale e invece è diversa sulla scena il pubblico sonnecchia fa vento sulle storie e vale appena un tremito di becco la messa in scena della delazione) POESIE Giovanna Sicari * * * Gettata nei tombini è l'anima delle prime strade. Nelle sere ramate si distendono rugiada e fango. A migliaia le stragi, in assenza di facce. Nella nuvola era stagione-estate, nel vaso grigio, violetto un discreto raggio di umori. Con il polline in grembo si rinnova la nausea di selvaggina, alle prese col sogno, nella piazza del sogno: tono, cristallo intero del mattino verso un compatto giorno nella pianura grassa dell'esistenza. Nel vaso grigio, molte stragi e tu dov'eri, amico imprudente? Dove sei stato questa notte. Ironica freccia: amarsi con la lingua impastata del mattino. Stanza di ufficio L'ora non è passata invano, nella tua stanza di ufficio non sei mai un padrone, scorri da esigenza primaria a miracolo di affetto, sei piuttosto curioso e mi frughi come io fossi insicura di te. È giovedì di credenze e presagi, io mi avvolgo per non vedere i tuoi occhi dietro gli occhiali della maldicenza perché dignità e sorriso particolare hai. Io piccola venere dei proletari piango in sordina, tu pensi ai miei anni a venire forme di meteorite sui rami, invidia di altre prigioni sorvegliata da secondini privi di nerbo. Angeli ti vorrei spedire Mio bocciolo sguarnito, ancora pieno ma senza parole è il mio glossario. Angeli, fiocchi ti vorrei spedire, schiarirmi al sole. Desiderio serpente strato, memoria ma chi ti vide? E io come aspettarti fra le braccia così a fondo nel momento, in quel momento di crisalide, fantasia nuova, ad angolo il letargo ribatte per salvarti. Mio passante, questo caos bastava, passava; dolce compagno, uomo, re, campione, ci contavo, io ero una stella di terra pallida ti stringevo, tonda ti pensavo con guanti, mi stordivo, malata negli occhi. Ero d'altro stampo, per questi guai mortali ero una forma di aprile che non riusciva ... 79

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