Il Leviatano - anno II - n. 16 - 6 maggio 1980

...... ~ ... _ ..... ~ .... ...... "' .. - ..... "' . DIBATTITO Nuovo fumo, stesso a"osto L, EDITORIALE DI GIUUO Savelli sul numero 14del «Leviatano» coglie in molti punti nel segno ed induce ad alcune riflessioni. È certamente vero che «il dato più negativo del secondo ministero Cossiga è l'elemento di divisione, il rischio di rottura che esso introduce nei rapporti tra i partiti dell'area laico-socialista», sicché essi si ritrovano, ancora una volta, subordinati alle scelte, o meglio alle non scelte della Democrazia cristiana, la quale non chiede altro che di poter continuare nella pratica, per lei così fruttuosa, del non governo, di gestione confusamente corporativa del potere che l'ha sempre ampiamente ripagata sul piano elettorale. Il giuoco non è nuovo ed è triste vedere come i laici tomino continuamente a ricadere negli stessi errori. Negli anni del centrismo, la DC scaricava alternativamente dal governo socialdemocratici e liberali, facendo pesare su di loro le proprie irrisolvibili contraddizioni interne. In questo modo i partiti laici si ridussero ad ombre inconsistenti, mentre i democristiani diventavano padroni incontrastati dello Stato e del parastato. Tuttavia, se questa politica della terza forza continua a fallire da più di un trentennio, ci sarà pure qualche motivazione che va al di là delle inevitabili concorrenze elettorali e di una certa fastidiosa tendenza al protagonismo personale della classe dirigente laica. Savelli invita a discutere sulla «possibilità di delineare un programma comune per l'area laicosocialista», un programma capace di erodere, nella società civile, i consensi di cui godono i due grandi partiti di massa. Perché il problema sta appunto qui: non si tratta di varare l'ennesimo progetto ad uso e consumo degli intellettuali impegnati nelle tavole rotonde, ma di offrire ai cittadini alcuni concreti punti programmatici che siano realmente alternativi all'attuale gestione del potere. Ebbene, qualcosa del genere, negli anni sessanta, è già stato fatto e su questo qualcosa la sinistra democratica aveva raggiunto anche una qualche forma di unità politica. Si tratta del programma riformatore del primo centrosinistra, imperniato sull'idea della programmazione economica come razionale quadro di riferimento di un'economia capitalistica matura. Tutti i progetti riformatori elaborati successivamente non hanno, in definitiva, che aggiunto molto fumo grigiastro a quel primo arrosto. Allora i laici, eccettuati i liberali erano d'accordo sull'esigenza di fare presto e bene determinate riforme costringendo la DC ad uscire dalle sue ambivalenze. Eppure quel progetto riformatore non funzionò e, nel giro di pochi mesi, al corporativismo e al clientelismo democristiano cominciava a sommarsi quello degli alleati, mentre comunisti e sindacati spingevano il pedale di una politica indiscriminatamente demagogica. Non vorrei che oggi ricadessimo nelle stesse illusioni illuministiche di allora, che continuassimo a pensare che per governare un Paese come l'Italia bastano le dichiarazioni di buona volontà e i programmi ben congegnati secondo le migliori ricette della cultura liberale e socialdemocratica europea. In realtà, anche se la cosa può essere per taluni sgradevole, bisogna prendere atto che è impossibile imporre in questo Paese l'indispensabile patto sociale di cui parlava La Malfa senza stabilire un qualche rapporto con il Partito comunista e con le forze sindacali da questo influenzate. Davvero si crede possibile combattere l'inflazione e il terrorismo rompendo i ponti con una parte così essenziale della società italiana? Mi si risponderà che nessuno propone rotture drastiche, nessuno rinnega la politica di unità nazionale, purché resti assodata l'esclusione dei comunisti da qualunque coalizione di governo in un prevedibile futuro. È su questo punto che si sono infranti i progetti unitari dell'area laico-socialista. Cerchiamo, nonostante il clima elettorale che inasprisce le polemiche e falsa le linee dei problemi, di ragionare serenamente su que- ...... ~ ... - .... .. llnl .. ■ sta questione. Anch'io ritengo il governo a tre un grazioso regalo fatto alla Democrazia cristiana e la posizione in esso di socialisti e repubblicani obiettivamente assai debole, anch'io avrei preferito un pentapartito a direzione socialista che, oltretutto, avrebbe offerto al Paese un segno concreto e visibile di mutamento, la sensazione che la direzione democristiana del governo non ha l'ineluttabile necessità delle leggi di natura, ma può essere rovesciata se si ha il coraggio di affrontare uniti e a muso duro il partito di maggioranza relativa. Ma, onestamente, la responsabilità per non essere arrivati a questa soluzione della crisi è tutta di Craxi e di Spadolini, o c'è anche, da parte di socialdemocratici e liberali, la tendenza a ragionare secondo un'ottica da anni cinquanta e a vedere nel pentapartito la reincarnazione, più o meno aggiornata e con un diverso rapporto di forze, delle vecchie formule centriste? Se così fosse, si tratterebbe di un grave errore politico, capace di vanificare ogni onesto tentativo di rendere più compatta l'area laico-socialista. La questione comunista, in tutta la sua spinosa complessità, esiste non solo per i socialisti, ma anche per le forze laiche, se queste pensano davvero di realizzare, nei prossimi anni, una politica di tipo riformistico-occidentale. È paradossale ed irritante che il riformismo in Italia abbia bisogno per poter realizzare i propri progetti dell'appoggio o almeno della non ostilità di un partito ancora semi-leninista, ma l'esperienza del centro-sinistra ci ammonisce che le cose stanno così. Proviamo ad immaginare un pentapartito a direzione socialista che escludesse, anche in prospettiva, ogni ipotesi di collaborazione governativa con i comunisti: questo significherebbe lo scatenamento nel Paese di una lotta politica e sindacale così violenta da far saltare ogni progetto di patto sociale, di impiego razionale delle risorse. Nel contempo il Partito socialista si troverebbe stritolato fra le resistenze conservatrici della DC e l'indiscriminato rivendicazionismo dei comunisti. Si tratta di un copione che i socialisti ben conoscono e che non amerebbero dover ancora una volta interpretare. 6 MAGGIO /981)

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