Il Leviatano - anno II - n. 16 - 6 maggio 1980

6 maggio I980 500 lire IL.LEVIATANO · l;: · Direttore responsabile: G1uuO SAVF.I u ~ . e ...__.- ... ,.••-..._.,.,;.;.......·.•··-· -~. ., ..- . • • - _---- , Università: pubblica oprivata? 16

Un ripiegamento A DISTANZA DI SEIMESI, SIAMOCOSTRETTIA interrompere la pubblicazione del «Leviatano» settimanale. Ne spieghiamo ai lettori le ragioni, illustrando contemporaneamente i nostri propositi. Le ragioni di questa decisione sono soprattutto finanziarie. «Il Leviatano» è nato, come è stato detto più volte. con lo scopo di dare un contributo e offrire un punto di riferimento alle forze dell'area laica e socialista disposte a rinnovarsi, anzitutto, e ad avviare un processo di avvicinamento interno. Finanziariamente esso è nato dal contributo individuale di due sole persone, le quali, fin dall'inizio sapevano: I ) che il giornale non avrebbe mai potuto pagare da sé i propri costi; 2) che. se non fossero pervenuti altri contributi al di fuori da quelli dei promotori, il giornale non avrebbe potuto sopravvivere. Perché « Il Leviatano• non può autofinanziarsi è presto detto. Senza pubblicità, con una distribuzione fortemente carente e non migliorabile. stante il numero delle copie tirate e vendute. con un pubblico relativamente ristretto per il fatto di essere giornale strettamente politico. senza organizzazioni politiche alle spalle in grado di assicurare una diffusione «alternativa». nessun giornale può sopravvivere. Contavamo sul fatto che la situazione politica italiana avrebbe convinto chi aveva ed ha più mezzi di noi della necessità di uscire dal minoritarismo per vocazione e dalle diatribe senza costrutto e di dar vita a un tentativo unitario e rinnovato. Qualcuno effettivamente di questo è apparso convinto; qualcuno effettivamente ci ha aiutato: ma non purtroppo nella misura e nei tempi necessari. Poiché. dunque. non è possibile ritenere che questo sforzo possa continuare a gravare su due sole persone. ammesso che ne abbiano la possibilità materiale. in assenza dei finanziamenti ingenti che sono indispensabili anche per una piccola impresa come la nostra. non resta altro che decidere un ripiegamento. Un ripiegamento. non una chiusura. perché i motivi che suggerirono la fondazione del «Leviatano» ci sembrano ancora validi. il senso politico della nostra battaglia ci sembra ancora attuale e intendiamo quindi perseverare sulla strada intrapresa. Ma ciò che sei mesi fa ci sembrava possibile. impegnarci in questa battaglia con uno strumento che, per quanto esile e discontinuo, attraverso la periodicità settimanale ci consentisse una tempestiva presenza sugli avvenimenti politici. oggi non ci è più consentito. «Il Leviatano». dunque. con nostro rammarico. cessa di essere settimanale e diventa, almeno per ora mensile. A sessantaquattro pagine, con la stessa ispirazione politica, la stessa quantità di carta stampata eh~ ora forniamo. ai lettori ma con costi per noi praticamente dimeziati. La forte sproporzione tra tiratura e vendita. che deriva dalla nostra presenza in edicola e dalle conseguenti rilevanti «rese» che dopo essere costate milioni valgono centinaia di lire. dovrebbe essere sanata da una tiratura commisurata alla vendita, dalla distribuzione solo nelle librerie (salvo Roma, Milano e poche altre località) dall'arco di tempo più vasto. in cui i nostri lettori potranno trovarci. 2 Eppure c'è da dire che i risultati conseguiti non erano da disprezzare. Abbiamo raccolto più di mille abbonamenti, senza nessun aiuto organizzativo: così. spontaneamente, di lettori che, individualmente sono andati a versare le loro dieci o ventimila lire alla posta o hanno raccolto l'abbonamento del vicino. Abbiamo vendute cinque. seimila copie alla settimana. il che non ci sembra poco, se si tiene conto di quanto vendono settimanali che costano miliardi. Chiediamo ai nostri lettori il sacrificio di seguirci nella nuova formula. Chiediamo soprattutto a tutti coloro che hanno acquistato «il Leviatano» in edicola di abbonarsi (il prezzo è ancora di ventimila lire all'anno, per un numero di pagine non inferiore a quello attuale); a chi preferisce acquistarci di mese in mese, chiediamo il sacrificio di rivolgersi al libraio anziché all'edicolante. 1 collaboratori del «Leviatano», il cui contributo è stato prezioso. anzi indispensabile. restano gli stessi. Caso mai. con la formula mensile essi potranno essere più facilmente e adeguatamente utilizzati, senza l'assillo di scadenze ravvicinate e con una redazione che. sebbene ridotta all'osso (sempre per i motivi finanziari accennati), potrà ora meglio seguirli. suggerendo temi e accogliendone il consiglio. Contiamo anzi di estendere l'arco dei collaboratori verso nuove sponde politiche e verso nuovi interessi culturali: rapporti e contatti sono già in corso; dichiariamo anche pubblicamente la nostra disponibilità per nuovi contributi. Cercheremo. nei limiti che ci sono imposti da una scadenza diversa, di non fare un mensile slegato dall'attualità e di non propinare ai nostri lettori illeggibili mattoni. Liberati però dai vincoli di spazio rigorosi cui eravamo obbligati dal settimanale, cercheremo di essere più esaurienti su temi finora soltanto accennati, sviluppando soprattutto i contenuti programmatici di una possibile area laico-socialista più unita e rinnovata. Argomenti, personaggi. problemi finora sacrificati all'attualità troveranno un loro modesto. ma continuativo. spazio. Le forze migliori. intellettuali e politiche, di questo Paese vivono soffocate dalla massiccia presenza della Democrazia cristiana e del Partito comunista. Non siamo certo noi in grado di poterle liberare e di poter dare loro il posto che pure meritano. Che il Partito socialista italiano sia il più piccolo dei partiti socialisti europei; che il Partito liberale italiano sia il più piccolo dei partiti liberali europei; che socialisti e liberali siano in Italia divisi quelli in PSDI e PSI. questi in PLI e PRI è causato da ragioni di fondo che possiamo cercare di comprendere ma non superare d'un colpo; che questa divisione e questo sottosviluppo si possano combattere. è invece ciò che crediamo. E qualora non lo credessimo possibile in un tempo ragionevole. non per questo cesseremmo di batterci perché avvenga più tardi. Che agli italiani. diversamente dagli altri popoli europei. debba essere lasciata solo la scelta di essere malgovemati dai democristiani o disoccidentalizzati dai comun!sti è una realtà alla quale non sappiamo rassegnare,. Per questo. con i mezzi di cui disponiamo. continuiamo la nostra battaglia. A chi condivide questa p~ss1one ch1e?1am~d1seguirci; a chi può. chiediamo d1a1utarc1. Prima d1concludere che non c'è niente da fare e che la cosa migliore è, per chi ne ha i mezzi. di andarsene ~Il' estero, vogliamo tentarle tutte. Vogliamo. semplicemente. che l'Europa. la civiltà. l'onestà, la cultura. la ragione abbiano dimora anche in Italia. 6 MAGGIO /980

EDITORIALE Il <<nuovo»internazionalismo METÀ DOTTRINA METÀ CODICE PRAGMATICO, il «nuovo internazionalismo» appartiene alla gamma delle duttili formule con cui i comunisti definiscono la propria politica. Uno di quegli sperimentati virtuosismi che consentono di mettere d"accordo un po' tutti nell'ormai policentrico PCI, salvando le apparenze. Piace ai più secolari, ai disincantati fautori della sinistra europea, che vi vedono più che altro un'accorta diplomazia. Accende l'immaginazione di quegli eurocomunisti che non rinunciano al «miraggio» della transizione a un ordine solidale tra i popoli fondato sul diritto rivoluzionario delle masse all'autoaffermazione, sulla sparizione delle classi e sullo sviluppo di una superiore economia socialista. Non scontenta i filosovietici. Il nocciolo strategico è la ricomposizione del movimento operaio in Europa: un'assimilazione implicita, quindi, alle scelte occidentali del socialismo europeo. Ma il nuovo internazionalismo non sarebbe tale se non lasciasse esercitare al movimento operaio la sua «funzione storica», come dice Pajetta («Rinascita», 28 marzo) ufficializzando questa dottrina, «al di là delle frontiere del nostro continente». Abbraccia per principio tutti i movimenti antimperialisti, si rende garante della varietà delle strade che conducono al socialismo, riconosce come propria «componente» fondamentale la Cina. non è antisovietico. In esso deve realizzarsi «in modo concreto e nuovo•, conclude Pajetta, quell'internazionalisn:io proletario che ha «più volte fatto fallimento». Un passo avanti e due indietro. Se i comunisti credono di rinvigorire in questo modo quel che rimane dell'eurocomunismo, di quel progetto disatteso di autonomia, ingannano se stessi e danno prova di un singolare non-senso storico. Del comunismo internazionale sono in realtà crollate le basi. C'è voluto il fragore delle armi per strappare ai conflitti di interessi, statali ed egemonici, che hanno frantumato l'universo comunista, quel velo ideologico che ne era rimasto il sottile involucro. Ben modesta deve tuttavia esserne stata la portata liberatoria se il più accorto Partito comunista d'Occidente aggiorna la propria strategia con un nostalgico richiamo alle origini. Con spirito evangelico i comunisti italiani diffondono come una buona novella l"internazionalismo, mentre millenarie rivalità nazionalistiche corroborano l'antagonismo tra micro-sistemi dr potere totalitario e gerarchico, e richiamano l'URSS «ai_punti più gloriosi della propria tradizione ' (la Rrvoluzrone d'Ottobre)• perché abbandoni l'idea dr «esportare» la rivoluzione - termini che la TASS pot~ebbe sottoscrivere - mentre questa potenza si assicura sfere di influenza a bordo dei carri armati. Difficile, insomma. di questo internazionalismo vedere il nuovo. Alimenta le remore del PCI nel giu~izio sull' Unio~e so_vieticae ne costringe l'analisi dell assetto mondiale rn una specie di cosmologia IL LEVIATANO esoterica. •Esiste~ sono ancora parole di Pajetta - una crisi del capitalismo che noi consideriamo di decadimento, corrispondente alla crescita di una domanda di socialismo, ed esiste anche una crisi del mondo socialista che noi possiamo giudicare di crescita•. Tradotta in termini di relazioni internazionali è questa anche la sostanza di ciò che i comunisti intendono per «fine del bipolarismo• e da cui fanno discendere un inedito «protagonismo,; dell'Europa che dovrebbe essere il perno di una redistribuzione di potere e ricchezza e quindi di un nuovo «ordine» che consenta lo sviluppo indipendente del Terzo (e Quarto) mondo. Che cosa sarebbe. al di là delle proposizioni di pacifismo utopistico, quest'Europa anti-eurocentrica, antimperialistica, anticapitalistica, in questo senso ami-americana e quindi non sgradita ai sovietici? Che cosa sarebbe. al di là dell'enfasi filantropica una redistribuzione delle ricchezze che conta sulla crisi irreversibile dello sviluppo industriale in Occidente, come se di questo sviluppo l'Occidente potesse ad arbitrio decidere di fare a meno? Troppo peso per le sole esili spalle europee. mentre le grandi potenze si disputano •interessi vitali» non facilmente componbili. Le insufficienze di analisi e le contraddizioni del1'occidentalismo neutralistico del PCI si corroborano a vicenda: niente potrebbe apparire più sfasato rispetto ai fatti. Eppure ciò che ha condotto i comunisti italiani in giro per l'Europa. in Cina. ciò che non li ha fatti partecipare alla Conferenza di Parigi. è la corrente del sistema internazionale. il calcolo degli interessi nazionali e internazionali. la valutazione spregiudicata degli effettivi rapporti di forza. la percezione dei segnali di squilibrio; non certo eteree verità internazionalistiche. Sono noti i limiti di questa politica che si barcamena tra obiettivi incompatibili: che cerca una fisionomia autonoma al riparo di qualche formula ideologica di copertura. che si muove in un orbita antisovietica riservandosi il diritto di veto· per scelte politiche contrarie all"URSS. Ha ragione Vittorio Strada («li Mondo». 25 aprile): il dissenso del PCI dall'URSS rischia di diventare «persino intellettualmente ridicolo». se questo partito non riesce a «delineare un orizzonte generale coerente per un insieme di singole prese di posizione affinché l'autonomia non sia un fatto (... ) astrattamente culturale ma si misuri sulla capacità di interpretare la realtà». Se questa politica - la sola attualmente possibile - sia una fase della lenta trasformazione del PCI In un partito di tipo socialdemocratico occidentale o se sia uno «stabile ubi consistam» come di recente ha sostenuto Giuliano Amato. è una questione che decideranno i fatti. Vulnerabilissima questa politica rimane nel non riuscire a esprimere un disegno chiaro per l'avvenire del continente da cui l"eurocomunismo prende nome. Pialuisa Bianco J

...... ~ ... _ ..... ~ .... ...... "' .. - ..... "' . DIBATTITO Nuovo fumo, stesso a"osto L, EDITORIALE DI GIUUO Savelli sul numero 14del «Leviatano» coglie in molti punti nel segno ed induce ad alcune riflessioni. È certamente vero che «il dato più negativo del secondo ministero Cossiga è l'elemento di divisione, il rischio di rottura che esso introduce nei rapporti tra i partiti dell'area laico-socialista», sicché essi si ritrovano, ancora una volta, subordinati alle scelte, o meglio alle non scelte della Democrazia cristiana, la quale non chiede altro che di poter continuare nella pratica, per lei così fruttuosa, del non governo, di gestione confusamente corporativa del potere che l'ha sempre ampiamente ripagata sul piano elettorale. Il giuoco non è nuovo ed è triste vedere come i laici tomino continuamente a ricadere negli stessi errori. Negli anni del centrismo, la DC scaricava alternativamente dal governo socialdemocratici e liberali, facendo pesare su di loro le proprie irrisolvibili contraddizioni interne. In questo modo i partiti laici si ridussero ad ombre inconsistenti, mentre i democristiani diventavano padroni incontrastati dello Stato e del parastato. Tuttavia, se questa politica della terza forza continua a fallire da più di un trentennio, ci sarà pure qualche motivazione che va al di là delle inevitabili concorrenze elettorali e di una certa fastidiosa tendenza al protagonismo personale della classe dirigente laica. Savelli invita a discutere sulla «possibilità di delineare un programma comune per l'area laicosocialista», un programma capace di erodere, nella società civile, i consensi di cui godono i due grandi partiti di massa. Perché il problema sta appunto qui: non si tratta di varare l'ennesimo progetto ad uso e consumo degli intellettuali impegnati nelle tavole rotonde, ma di offrire ai cittadini alcuni concreti punti programmatici che siano realmente alternativi all'attuale gestione del potere. Ebbene, qualcosa del genere, negli anni sessanta, è già stato fatto e su questo qualcosa la sinistra democratica aveva raggiunto anche una qualche forma di unità politica. Si tratta del programma riformatore del primo centrosinistra, imperniato sull'idea della programmazione economica come razionale quadro di riferimento di un'economia capitalistica matura. Tutti i progetti riformatori elaborati successivamente non hanno, in definitiva, che aggiunto molto fumo grigiastro a quel primo arrosto. Allora i laici, eccettuati i liberali erano d'accordo sull'esigenza di fare presto e bene determinate riforme costringendo la DC ad uscire dalle sue ambivalenze. Eppure quel progetto riformatore non funzionò e, nel giro di pochi mesi, al corporativismo e al clientelismo democristiano cominciava a sommarsi quello degli alleati, mentre comunisti e sindacati spingevano il pedale di una politica indiscriminatamente demagogica. Non vorrei che oggi ricadessimo nelle stesse illusioni illuministiche di allora, che continuassimo a pensare che per governare un Paese come l'Italia bastano le dichiarazioni di buona volontà e i programmi ben congegnati secondo le migliori ricette della cultura liberale e socialdemocratica europea. In realtà, anche se la cosa può essere per taluni sgradevole, bisogna prendere atto che è impossibile imporre in questo Paese l'indispensabile patto sociale di cui parlava La Malfa senza stabilire un qualche rapporto con il Partito comunista e con le forze sindacali da questo influenzate. Davvero si crede possibile combattere l'inflazione e il terrorismo rompendo i ponti con una parte così essenziale della società italiana? Mi si risponderà che nessuno propone rotture drastiche, nessuno rinnega la politica di unità nazionale, purché resti assodata l'esclusione dei comunisti da qualunque coalizione di governo in un prevedibile futuro. È su questo punto che si sono infranti i progetti unitari dell'area laico-socialista. Cerchiamo, nonostante il clima elettorale che inasprisce le polemiche e falsa le linee dei problemi, di ragionare serenamente su que- ...... ~ ... - .... .. llnl .. ■ sta questione. Anch'io ritengo il governo a tre un grazioso regalo fatto alla Democrazia cristiana e la posizione in esso di socialisti e repubblicani obiettivamente assai debole, anch'io avrei preferito un pentapartito a direzione socialista che, oltretutto, avrebbe offerto al Paese un segno concreto e visibile di mutamento, la sensazione che la direzione democristiana del governo non ha l'ineluttabile necessità delle leggi di natura, ma può essere rovesciata se si ha il coraggio di affrontare uniti e a muso duro il partito di maggioranza relativa. Ma, onestamente, la responsabilità per non essere arrivati a questa soluzione della crisi è tutta di Craxi e di Spadolini, o c'è anche, da parte di socialdemocratici e liberali, la tendenza a ragionare secondo un'ottica da anni cinquanta e a vedere nel pentapartito la reincarnazione, più o meno aggiornata e con un diverso rapporto di forze, delle vecchie formule centriste? Se così fosse, si tratterebbe di un grave errore politico, capace di vanificare ogni onesto tentativo di rendere più compatta l'area laico-socialista. La questione comunista, in tutta la sua spinosa complessità, esiste non solo per i socialisti, ma anche per le forze laiche, se queste pensano davvero di realizzare, nei prossimi anni, una politica di tipo riformistico-occidentale. È paradossale ed irritante che il riformismo in Italia abbia bisogno per poter realizzare i propri progetti dell'appoggio o almeno della non ostilità di un partito ancora semi-leninista, ma l'esperienza del centro-sinistra ci ammonisce che le cose stanno così. Proviamo ad immaginare un pentapartito a direzione socialista che escludesse, anche in prospettiva, ogni ipotesi di collaborazione governativa con i comunisti: questo significherebbe lo scatenamento nel Paese di una lotta politica e sindacale così violenta da far saltare ogni progetto di patto sociale, di impiego razionale delle risorse. Nel contempo il Partito socialista si troverebbe stritolato fra le resistenze conservatrici della DC e l'indiscriminato rivendicazionismo dei comunisti. Si tratta di un copione che i socialisti ben conoscono e che non amerebbero dover ancora una volta interpretare. 6 MAGGIO /981)

......... r .. ..._.■ _• ..._.._.r .. ..._. ■ ... ■ ....... - ... ■ ....... In realtà, anche la formazione di una più organica area laicosocialista e di un governo pentapartito implica l'apertura di un confronto senza pregiudiziali con i comunisti, per vedere fino a che punto costoro sono coerenti con se stessi, in politica estera non meno che in politica economica, quando dicono di cercare una sostanziale convergenza con i partiti socialisti e socialdemocratici dell'Occidenie, in un momento come questo che impone la massima chiarezza di posizioni. Certo è che non si può scaricare ogni onere e ogni responsabilità sulle spalle del Partito socialista. Non dobbiamo dimenticare che questo resta, almeno come aspirazione di fondo e nonostante i ripetuti errori, un grande partito di sinistra, il cui compito è quello di presentarsi come alternativa e non come eterno supporto al sistema di potere democristiano. Se i laici vorranno seguirlo lungo questa linea politica, non sarà difficile sanare la frattura che si è prodotta con la costituzione del secondo governo Cossiga. Ma occorre che ci si renda conto che una cosa è la difesa intransigente della propria autonomia e delle proprie scelte democratiche (non esistono fantomatiche terze vie e lo stesso eurocomunismo, se vorrà sviluppare fino in fondo le sue premesse, dovrà sfociare nell'eurosocialismo), tutt'altra cosa invece la trasformazione in un partito laico-moderato incapace di stabilire un rapporto costruttivo con forze politiche e sindacali che appartengono potenzialmente all'area socialista. Paolo Bonetti Abbonatevi al «Leviatano» Abbonamento annuo: L. 20.000 Conto corrente postale n. 58761008 intestato a «Il Leviatano» via dell'Arco di Parma 13 00186 Roma IL LEVIATANO UNIVERSITÀ Senza titolo SE C'È UN CONCEITO TANTO nobile quanto vago. esso è certo quello dell' «eguaglianza»: essendo una parola svila quale tutti possono essere d'accordo, perché ciascuno vi attribuisce un significato diverso, in nome di essa si possono compiere i peggiori delitti. Il caso dell'istruzione universitaria è esemplare: in nome della eguaglianza si è liberalizzato indiscriminatamente, qualche anno fa. l'accesso universitario; in nome dell'eguaglianza si è tentato di assicurare. altrettanto indiscriminatamente. una cattedra universitaria a tutti. Se il risultato che è sotto i nostri occhi è quanto ......... r .. ..._.■ - ......... davvero voleva chi era animato da tanto nobile ideale, non resta che ribadire «dagli amici mi guardi lddio». con quel che segue. Perché, se c'è una situazione ingiusta e regressiva, essa è certamente quella dell'università italiana che non solo fa pagare ai poveri per i ricchi, ma ha creato uno dei tipici «effetti perversi», a causa del quale tutti ci rimettono qualcosa e chi ci rimette meno lo può fare perché ha i soldi per pagarsi qualche soluzione alternativa. Qualche segno di resipiscenza comincia fortunatamente a manifestarsi: intanto. è stata finalmente varata la legge sulla docenza universitaria; in secondo luogo. si parla sempre più diffusamente della proposta di abolire il valore legale del titolo di studio lanciata tanti anni fa da Einaudi. fatta ora ufficialmene propria dalla Confindustria. già approvata dalla Uil, fieramente e costantemente contestata dal PCI. Una misura. per la verità. cui si sta arrivando di fatto, come tutte 5

... ..-r~ .. •- ■.,.._.r~.,.• .... aiiii1111.1. 1l ■ - .... aiiii1111.1.1l ■ - le scelte sensate che sono imposte dalla realtà. Lo conferma, proprio dal versante sindacale, l'ultimo contratto nazionale dei chimici che, com'è stato fatto no-- tare, suddivide le varie categorie esclusivamente in base a parametri professonali e non ai titoli di studio. Se vogliamo infatti ridare efficienza alle nostre università, le strade sono due. O si mantengono le scelte fatte dopo il '69, ma allora occorre moltiplicare sforzi e finanziamenti, che dovrebbero essere enormi. per garantire tante nuove università tanti laboratori di ricerca, tanti nuovi professori, in modo da adeguare le nostre strutture alle dimensioni di massa della nostra università e da poter garantire a tutti gli studenti l'adeguata preparazione professionale che oggi non è possibile assicurare; oppure, si rinuncia al ruolo che finora troppi hanno attribuito all'università come ufficio di collocamento di lusso e si torna a farne quello che dovrebbe essere, cioè un centro di studio e di ricerca ed un'occasione per lo studente di investimento del proprio capitale umano. Alle due vie, l'alternativa è quella di continuare ad imbrogliare, come finora si è fatto, gli studenti, soprattutto quelli più poveri, ai quali si è fatto credere che bastasse andare all'università. e a questa università, per vedersi assicurato un più elevato status sociale: imbroglio del quale ci si sta accorgendo, come dimostra il calo delle iscrizioni. Gli errori di quest'ultima prospettiva sono almeno due: in primo luogo, si continua a credere, o far credere, che una maggiore scolarizzazione basti, da sola. a diminuire le diseguaglianze sociali dalle quali invece, com'è stato dimostrato, il sistema educativo continua ad essere segnato. Ovvero: la battaglia per diminuire le diseguaglianze non può aver inizio nella scuola, perché sarà questa ad adeguarsi. Tant'è vero che, pur dopo la liberalizzazione degli accessi. il proletariato continua a rappresentare solo il 26,5 della popolazione universitaria, contro il 20, I della alta ed il 51,9 della media borghesia. Il secondo errore è credere che la tendenza ad andare all'università solo per trovare il posto sia così diffusa: ancora le statistiche 6 effettuate in anni recenti mostrano che la motivazione principale è, in realtà, rappresentata dal desiderio di studiare. A questo punto, se le esigenze sono quella di garantire l'autonomia di decisione del singolo studente per quanto riguarda le sue scelte culturali (e questa in una società «aperta» dovrebbe essere la più importante) e l'altra di ridare efficienza all'università, liberandola dal carico di chi entra illuso ed esce deluso, la soluzione dell'abolizione del valore legale rimane la migliore alternativa a misure assai più illiberali come il numero chiuso. Un'università preceduta da corsi assai più professionalizzanti degli attuali (ed un buon segno è il progetto del primo governo Cossiga di istituire i corsi per «operatori tecnico-sanitari») e che non prometta se non un corso di studi seri che ciascuno si costruisce come vuole, assumendosi le proprie responsabilità, è forse un modello più scomodo: non offre certezze, ma almeno promette meno delusioni. Tra l'altro, un'effettiva liberalizzazione degli studi accompagnata dal riconoscimento dell'indipendenza e dell'autonomia anche organizzativa e finanziaria delle singole sedi universitarie, consentirebbe un'effettiva concorrenza tra di esse, ulteriore incentivo alla serietà della ricerca scientifica. Che i comunisti non concordino, è comprensibile: I-' attuale modello napoleonico ed accentratore continua ad essere il più rassicurante per tenere a bada e sotto controllo l'eresia che, per definizione, dall'università si dovrebbe diffondere. Ma da coloro i quali proprio dell'eresia dovrebbe essere i più tenaci difensori, come i partiti laici, ci si potrebbe attendere un maggiore impegno per una delle prime riforme veramente liberali, fatte non di nuove burocrazie, ma solo di nuove regole. Salvatore Carrubba ... ..-r~ .. • ... ■ aiiii■"' .. ■ UNIVERSITÀ Lo studio di mercato CnE L'UNTVERSITÀ ITALIAna soffra di un problema di sovraffollamento è unfatto che nessuno nega. Qualcuno, al massimo, aggiunge cinicamente che il sovraffollamento si è corretto da sé, scoraggiando la frequenza di una massa di iscritti «assenti», che, in quanto tali, evitano il collasso delle strutture. Come correttivo a questo sovraffollamento (eccesso di domanda del bene «istruzione universitaria,) la proposta più frequente, in questi anni di disoccupazione intellettuale è sta/a quella dell'introduzione del numero chiuso o programmato. li governo passato, per iniziativa del ministro Valillltti, ne ha deciso l'introduzione per la facoltà di medicina, incontrando una quasi unanimità di consensi, tutti motivati dalla stessa, lodevole buona intenzione: «razionare» un bene «scarso• in nome, di volta in volta, della efficiente utilizzazione delle risorse nazionali, della preparazione dei medici, della loro occupazione, e (detto in tono più basso) del loto reddito futuro. Lasciamo perdere le molte «perle» che si potrebbero trovare fra le ragioni addotte a favore della -proposta. Quando un granello di senso comune penetra nel 'ostrica dell'interesse corporativo il risultato è sempre uguale: perle che sono macigni pesantissimi, costosi, iniqui e molto poco liberali (per chi è imeressato <! questo pulllo di vista). E il caso del numero chiuso, presentato come l'unica risposta a una situazione altrimenti ingovernabile, che invece è la logica conseguenza di quel sistema di leggi che ha reso l'università ingovernabile, quando una delle sue basi, la limitazione degli accessi agli studenti proveniellli da certi ordini di studi, è stata eliminata nel '69. La verità è che nell'università 6 MAGGIO 1980

.-..-.r .. -..■ - ... ._.~_.._.. ... ■ lliiii.i.... - ... ■ lliiii.i.... - italiana manca quasi completamente quel sistema vecchio, criticato ma insostituibile di a/locazione delle risorse, di razionamento, di decentramento delle decisioni che è il mercato. La necessità di risolvere 111110 con un allo del principe deriva da un fatto molto semplice: che il principe impedisce la nascita di soluzioni alternutive. Per rendersene conto basta esaminare il «ciclo produllivo• in cui entra lo studente di medicina ed esce il medico al lavoro: ad ogni livello mancano prezzi che indichino a chi sceglie se sta facendo qualcosa di razionale o no. A fronte di un atteso reddito elevato ci sono tasse di iscrizione ridicolmente basse, che non costringono chi si iscrive a compiere un minimo di «calcolo economico•. A fronte di una domanda crescente c'è un sistema di finanziamento della università che rende impossibile un suo comportamento imprenditoriale. Finanziata quasi compieIL LEVIATANO tamente dallo stato. pressoché priva di concorrenti, limitatamente autonoma, l'università pubblica non ha nessun interesse economico ad andare incontro al mercato che cambia, a innovarsi, a differenziare i suoi prodo11ie a sviluppare strut111re tecnologie. In fondo alla cate11a,poi, c'è un ogge110misterioso, chiamato «mercato dei servizi sanitari• dove una serie incredibile di distorsioni, impediscono che alla crescita del numero di medici corrispo11dauna riduzione sostanziale dei loro redditi, tale da scoraggiare i giovani decisi a seguire la strada di Ippocrate. Il risultato fi11ale è quello che abbiamo difronte t111tiU. no spreco di risorse, di sforzi, di speranze, che sembra possibile evitare con una bella limitazione del numero di iscritti a medicina, programmato dal centro, anno per anno, con un occhio al piano sanitario e uno alle indicazioni dell'ordine dei medici (che ha tu/- ■-..-.r .. -..■ ... ii lliiii.i.... lo l'interesse a tenere basso il numero dei suoi membri). Eppure, dicevamo, un'alternativa esiste. Si trai/a di introdurre alcuni princip'ì relativamente semplici. Il primo è che prezzi e concorrenza devono avere il più ampio spazio possibile nella produzione e nel consumo del bene «istruzione universitaria•. Ciò significa che le università devono essere costre11e a finanziarsi con le tane pagate dagli studenti, che deve essere possibile la nascita di università private, dnre chi investe nella sua .formazioni' deve paRt1re per ciò che riceve. Il secondo è che lo stato deve aholire quelle norme o quegli • llll<'gRillmenti • per cui il possesso cli 1111 titolo di studio universitario costituisce di per sé un privilegio. Il terzo principio è l' introduzione di prezzi e concorrenza che non implica asso/111amente l' abbando110di quegli obiellivi redistributivi co11cui implicitamente si vuole giustificare la gratuità di molti servizi, compresa l'istruzione universitaria. Al contrario si può benissimo pensare a schemi di prestiti e sussidi che vadano dire11amente agli studenti e che finalmente rendano trasparente (e non offensivamente inadeguati com'è il presalario) le politiche del dirillo allo studio. A chi teme che 11111c0iò renderebbe gli s111dentivi11ime della «anarchia del mercato• si può obiellare che, al contrario, per la prima volta essi avrebbero 1111 po' di potere, in quanto il loro comportamento e le loro scelte come «clienti» sarehhero determinanti per la sopravvivenza de/l'università, per l'occupazione dei professori, per le scelte educative. Scrive 1111 noto economista inglese. La sussistenza di professori ed insegnanti provenendo dai loro stipendi, deriva evidentemente da un fondo complewmente indipendente dal successo e dalla repli/azione nelle loro particolari professioni ... (dove) all'insegnante è proibito ricevere onorari o tasse dai suoi studenti, è lo stipendio costituisce 11111i0l reddito che gli proviene dal suo ufficio ... il suo interesse contrasta al massimo col suo dovere•. Peccato che gli orfani del '68 non abbiano letto Adamo Smith. Silvio Bencini 7

.. ~,.• ■ a.ara.-.■ .., .., .. .., IYll lliiiii.,. ■ ii .. ~,.• ■a.ara.-. ■ .., .., .. .., IYll lliiiii.,. ■ ■ TERZA GUERRA MONDIALE Si vis pacem para bellum di RICHARD NIXON PER QUANTO RIGUARDA I minerali, l'Europa occidentale importa 1'80% e il Giappone il 95% del rispettivo fabbisogno. Anche gli Stati Uniti, pure ricchi di risorse, dipendono pesantemente dalle importazioni per parecchi dei minerali fondamentali necessari per l'economia moderna. Per esempio, siamo costretti ad importare il 92% del cromo che ci è necessario. La maggior parte della gente, quando pensa al cromo, crede che serva alle decorazioni della automobili. Ma il cromo è anche indispensabile per prodotti come i cuscinetti a sfera. gli strumenti di precisione, i missili. Per un solo aereo a reazione servono 3.600 libbre di cromo. L'acciaio inossidabile non può essere prodotto senza cromo. Sud Africa e nello Zimbabwe. Secondo una stima autorevole, il Sud Africa possiede anche il 10% dell'amianto, più del 50% del platino, il 50% dell'oro, il 33% del manganese, il 20% dell'uranio, il 33% dei diamanti del mondo: un tesoro minerale di importanza strategica ed economica pressoché incalcolabile. Ecco perché l'Unione sovietica ha fatto del Sud Africa un obiettivo particolare per la sua interferenza. I sovietici apertamente e ripetutamente proclamano la loro «solidarietà» con i movimenti rivoluzionari dell'Africa del Sud e la loro determinazione a contribuire alla liquidazione dei governi non comunisti attualmente al potere. Oltre alla formidabile base che i sovietici hanno in Angola, anche il Mozambico è già caduto nella loro orbita. scussioni sulla «moralità» del commercio delle armi. Il catalogo sovietico include inoltre altri accessori per i dittatori: esperti della «sicurezza» tedesco-orientali, truppe cubane, informazioni ag- 1 giornate dei servizi segreti; ancora, come dice un esperto di studi strategici e internazionali, «l'ampio appoggio della propaganda sovietica, che proclamerà instan: cabilmente le virtù di qualunque dittatore, anche se si diletta esecuzioni alla cieca». I sovietici sono venditori di successo. Sebbene siano gli ultimi arrivati sul continente africano, forniscono più del 75% delle armi che arrivano in Africa. Poco importa ai sovietici se il regime «satellite» africano o no è socialista, comunista o capitalista per il modo di gestire la propria economia. I «comunisti al ravanello» - rossi fuori e bianchi dentro - sono per loro altrettanto buoni dei pomodori tutti rossi. Ciò che importa è che il regime eserciti un controllo effettivo, In effetti, il Consiglio nazionale delle ricerche è arrivato recentemente alla conclusione che la vulnerabilità di lungo periodo per gli Stati alla carenza di cromo è superiore a quella per la mancanza di petrolio. Delle riserve conosciute di cromo, il 96% sono nel Quando i leader delle nazioni africane hanno bisogno di fare acquisti, i sovietici sono in grado di offrire pacchetti allettanti. Possono offrire vaste forniture di armi, spesso a prezzi di vero affare, e senza i ritardi causati dalle di- BREZNEV CON IL MINISTRO DELLA DIFES. 8 6 MAGGIO 1980

meglio se totalitario, sul proprio popolo e che sia schierato, nella politica estera e militare, in modo che i sovietici ritengano utile per il proprio interesse nazionale. Ciò che conta è il loro interesse L' «American Spectator» ha riassunto la situazione in questi termini: «La predisposizione a una leadership effettiva, e anche fantasiosa, è ciò che i sovietici apprezzano di più nei loro alleati africani. Da questo punto di vista. un colonnello Haile Mengistu Merian. etiopico. che nel 1977ha sparato ai suoi colleghi durante un consiglio dei ministri è un governante modello». Con Mengistu, un nuovo seme di tensione è stato gettato sul suolo africano, e fertilizzato da Mosca. L'Unione sovietica ha acquisito basi, porti e soprattutto una via per il resto dell'Africa; senza tener conto del fatto che l'unico Paese africano, ad eccezione della Liberia, che non è mai stato colonizzato dagli europei è caduto sotto il dominio dell'imperialismo sovietico. Se l'URSS continua con successo a penetrare nell'Africa, avrà fatto un passo decisivo in avanti per tagliar fuori l'OcciA USTJNOV IL LEVIATANO dente industrializzato dalle risorse senza le quali non può sopravvivere. Il controllo dell'Africa meridionale minaccia anche una delle vie d'acqua più vitali per il mondo. Anche dopo la riapertura del Canale di Suez, più della metà del petrolio arriva in Occidente doppiando il Capo di Buona Speranza. Nella vasta guerra mondiale, l'Africa del sud è un terreno di battaglia cruciale, non meno vitale, a suo modo, di quanto non sia il Medio Oriente. L'America latina è un altro obiettivo primario dei sovietici per tre ragioni fondamentali. Possiede enormi risorse naturali, avrà prima della fine del secolo 600 milioni di abitanti produttivi e intelligenti e, infine, è vicina agli Stati Uniti. È il nostro «ventre molle». I Paesi dell'America latina hanno ottenuto la libertà in larga parte grazie al nostro esempio. Sono riusciti a conservarla nei primi anni della loro esistenza grazie all'ombrello protettivo della Dottrina Monroe. Avendo permesso che un «satellite» sovietico - Cuba - si installasse in America, è sembrato loro che noi avessimo abbandonato quella dottrina. Ci vedono anche abbandonare molti amici perché non sono abbastanza puliti sulle questioni dei diritti umani, mentre nello stesso tempo i sovietici non abbandonano i loro amici per motivi ideologici, fin tanto che i loro interessi non lo richiedono. È difficile per loro sapere fino a che punto possono contare su di noi, dopo che hanno visto che nostri alleati come il Vietnam del Sud, il Laos, la Cambogia, l'Angola, il Mozambico, l'Etiopia, l'Afghanistan, l'Iran sono stati sconfitti e rovesciati, in alcuni casi con l'aiuto dei cubani. Su una popolazione di 10 milioni di cubani, attualmente più di 40.000 sono in azione per conto degli espansionisti sovietici in Africa. Proporzionalmente, questa cifra equivale a un esercito di un milione di americani. il doppio di quello che noi abbiamo mai avuto in Vietnam. La piccola Cuba è diventata una potenza imperialistica di prima grandezza. sotto la tutela dei sovietici. Più vicino, Cuba ha fatto sforzi per ingraziarsi i governi di Giamaica e di Panama, è intervenuta nel Nicaragua. Questo potrebbe essere il primo passo lungo una strada che attraverso l'Honduras, El Salvador, il Guatemala, arriva fino alla soglia dei giacimenti petroliferi messicani. I sovietici e i loro alleati potrebbero cercare di ripetere in America latina l'accerchiamento che, con l'Afghanistan, il Sud Yemen e l'Etiopia hanno realizzato intorno ai territori petroliferi del Medio Oriente. Negli ultimi anni, i sovietici hanno incrementato i loro interventi terroristici con effetti devastanti. Per loro e i loro alleati, il terrorismo è uno strumento calcolato di politica nazionale. Una confraternita internazionale di terroristi, con l'Unione sovietica come presidente, ha consentito ai russi di impegnarsi in una guerra per procura in tutto il mondo. Altri membri del club internazionale del terrorismo sono Corea del Nord, Cuba, Yemen del Sud, Germania orientale, Libia e l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Scontenti di tutto il mondo sono addestrati - molti alla piuttosto inappropriatamente intitolata Università dell'Amicizia Patrice Lumumba di Mosca - nelle arti del rapimento, dell'assassinio, del sabotaggio, della fabbricazione di bombe, dell'insurrezione: e poi mandati al lavoro. I loro protettori li mantengono ben riforniti 9

_...,..,.. ■■u■ ra.■ ..- ■ .. .., .. .,.,,.. ...... ■ ■ ...... ,.. ■■u■ ~--■ -.. ■ .. .., .. .,.,,.. ...... ■ ■ di armi e gli forniscono rifugio quando ne hanno bisogno. I sovietici, la Libia, l'OLP sono intervenuti pesantemente nella campagna per il rovesciamento dello scià dell'Iran. Vi sono stati tentativi di costruire cellule terroristiche nell'Arabia saudita. Nel Nicaragua, l'offensiva sandinista è stata aiutata da ciò che è stata chiamata «una brigata internazionale comunista in miniatura», comprendente «volontari» provenienti dalle organizzazioni terroristiche clandestine della Germania occidentale. L'arma flessibile del terrorismo può inoltre colpire nel cuore della civiltà occidentale. I sovietici hanno segretamente sovvenzionato la banda Baader-Meinhof in Germania. In Italia, Aldo Moro, ex primo ministro e candidato favorito per la presidenza della Repubblica, è stato rapito nel marzo del I978 e le sue cinque guardie del corpo assassinate a sangue freddo dalle Brigate Rosse. E stato tenuto prigioniero per più di due mesi prima di essere orrendamente assassinato a colpi di pistola: il suo corpo è stato lasciato nel portabagagli di una auto abbandonata nel centro di Roma. Ci sono stati più di 2.100 azioni terroristiche in Italia nel 1977 e il numero è salito nel 1978. Il dottor Ray Cline, un ex funzionario della CIA attualmente insegnante alla Georgetown University, sostiene che l'attuale ondata di terrorismo mondiale è cominciata dopo il 1969, quando il KGB è riuscito a far accettare l'OLP dal Cremlino come uno strumento principe per la politica sovietica nel Medio Oriente. Ciò che i sovietici e i loro alleati, senza scrupoli di coscienza, hanno realizzato è la creazione di un «sistema internazionale di provocazione di disordini», che traffica in omicidi all'ingrosso per scopi politici. Sebbene abbia proceduto senza soste, l'avanzata espansionistica non ha proceduto incautamente. I dirigenti sovietici, sebbene siano gli aggressori, procedono lentamente e astutamente, evitando di scoprire le proprie mosse per non risvegliare dal suo sonno il «gigante dormente» del- ! 'Occidente. Si tratta di rivoluzionari di professione. Uno dei loro principi è di non farsi vedere 10 NIXON E BREZNEV mentre il vecchio regime sta crollando, lasciando ai dilettanti - i patrioti autentici, i nazionalisti, gli idealisti - il posto alla ribalta. La televisione ci mostra i dilettanti che manifestano nelle strade: non ci rivela i professionisti che guidano i colpi da dietro le scene, che complottano per conquistare il potere nel nuovo regime mentre contemporaneamente dirigono l'abbattimento del vecchio. I sovietici prosperano sulla confusione, il caos, la paura. Sanno che, in condizioni disperate, la gente ricorre a soluzioni disperate. li comunismo parla di «liberazione», promette ordine. Fa credere agli emarginati che saranno tenuti in considerazione, ai miserabili che arriveranno al vertice. Parla in termini di certezza appassionata: fa appello alla gente in balia dell'insicurezza. I sovietici sanno che la guerra, la rivoluzione, la depressione economica possono distruggere le fondamenta di una società; sanno far suonare i canti melodiosi della sirena del comunismo. Quando la gente vive nel panico, la tirannia p_uòdiventare attraente se promet'le ordine. Ecco perché i russi cercano, con ogni mezzo. di esacerbare le tensioni, di acuire lo scontento. di fomentare guerre e rivoluzioni. Essi non vogliono che si vada incontro ai bisogni umani. Non vogliono veder risolti i conflitti tra i popoli. Vogliono che i problemi diventino più acuti per impadronirsi del potere. I sovietici applicano alla lotta economica la stessa disciplina, la stessa tattica che usano sul campo di battaglia. I partiti comunisii locali e i sindacati diretti dai comunisti, scatenando scioperi, richiedendo eccessivi incrementi salariali, chiedendo la nazionalizzazione delle industrie, favorendo il terrorismo contro gli imprenditori, possono mutare il clima favorevole agli investimenti al punto che il capitale smetterà di fluire. li boom economico del dopoguerra in Italia è stato arrestato alla fine degli anni sessanta da massicci scioperi diretti dai comunisti che hanno portato ad aumenti di salario reale superiori al 50%. Secondo Richard McCormack, «gli economisti hanno calcolato che questi aumenti di salario abbiano indebolito l'economia italiana più di quanto non abbiamo fatto i successivi aumenti del prezzo del petrolio, rendendo precaria la competitività internazionale e scoraggiando gli investimenti da parte delle imprese». Da quando il terrorismo delle Brigate 6 MAGGIO /980

Rosse si è aggiunto alla pressione sindacale, gli investimenti privati in Italia sono praticamente scomparsi. Senza nuovi investimenti, il livello di vita è destinato a decrescere, creando nuovo scontento che i comunisti useranno per i loro scopi. Da quando mi sono dimesso dalla presidenza, cinque anni fa, la posizione militare dell'Unione sovietica rispetto a quella degli Stati Uniti non ha fatto che migliorare: i pericoli per l'Occidente sono notevolmente cresciuti. Negli anni ottanta, l'America dovrà confrontarsi con due realtà, per la prima volta nella storia moderna. La prima è che, se dovesse venire la guerra, noi potremmo perdere. La seconda è IL LEVIATANO che potremmo essere sconfitti perfino senza combattere. Il pericolo che è di fronte all'Occidente nei prossimi anni di questo secolo è meno quello di un olocausto nucleare che non piuttosto quello di scivolare in una situazione in cui la scelta sarà tra la resa e il suicidio: rossi o morti. Fino ai primi anni settanta, nessuno nel mondo metteva in discussione il fatto che gli Stati Uniti fossero la nazione più potente sul globo. L'esistenza della potenza americana scoraggiava ogni aggressione aperta e obbligava il comunismo a lavorare ai fianchi piuttosto che ad affrontare gli ostacoli di fronte. Gli Stati Uniti sono stati in grado, grazie a questa superiorità, a impedire l'intervento sovietico nella crisi di Berlino del 1948-49, nella guerra del Medio Oriente del 1956e nel Libano nel 1958, quando la superiorità navale americana in quel teatro giocò un ruolo decisivo. Nella crisi dei missili cubani, nel 1962, la superiorità americana nell'armamento nuclere, in un rapporto di 15a I, consentì a Kennedy di affrontare Chruscev. Nel 1973, quando ordinammo lo stato d'allerta generale per impedire che l'Unione sovietica intervenisse in Medio Oriente durante la guerra del Kippur, gli Stati Uniti e l'Unione sovietica erano circa pari sia nell'armamento nucleare strategico sia in quello di teatro. Da allora la situazione è cambiata drammaticamente. Gli Stati tendono a prediligere quegli strumenti nei quali eccellono e i sovietici preferiscono la forza militare come strumento di politica. Non solo i russi ma i comunisti in generale hanno coerentemente sottolineato l'importanza decisiva della forza militare. li presidente cinese Mao affermò. molto tempo fa. che •il potere nasce dalla canna del fucile•. Disse anche che «la politica è guerra senza spargimento di sangue; la guerra è politica con spargimento di sangue». I sovietici sono impegnati in una corsa agli armamenti con gli Stati Uniti che vogliono vincere. Non è una corsa tra due contendenti con lo stesso obiettivo. È, in realtà, piuttosto simile alla corsa tra un cacciatore e una preda. Se vince la preda, si salvano tutti e due; se vince il cacciatore, sopravvive lui solo. Per un quarto di secolo, la superiorità nucleare americana ha preservato la pace. Ora che la superiorità non c'è più, e se le tendenze attuali continuano, i sovietici raggiungeranno la superiorità nucleare alla metà degli anni ottanta. Che cos'è questa superiorità? Nelle nostre mani è il margine di sicurezza che garantisce che i sovietici non rischieranno un confronto nucleare nel perseguire i loro scopi di dominazione mondiale. Nelle mani sovietiche diventa il margine che conIl nuovo indirizzo del Leviatano è in via Cicerone 44 00193 Roma telefono 38.41.SS 11

..... ,.. ·---~-■.-■ .. .., "" IY■ ■iiiiii ■■■ ■ ■ ..... ,.. ■---r-■ .- ■ .. .., "" IY■■iiiiii·■■■ ■ ■ sente loro di andare avanti con una serie di aggressioni locali senza temere una risposta nucleare massiccia. Consente loro anche di mettere in conto l'atto finale nel loro cammino verso il dominio del mondo: un colpo contro gli obiettivi militari americani che elimini la nostra capacità di risposta per impedire il proseguimento della loro offensiva nucleare. Se questo accadesse, i russi sarebbero in condizioni di porre l'ultimatum definitivo: la resa o la distruzione. Secondo le stime della CIA, le spese militari sovietiche ammontano ali' I 1-12% del reddito nazionale lordo del- !' URSS. Altre stime autorevoli parlano del 14-15%, che dovrebbe raggiungere il 18% negli anni ottanta. Al contrario, il bilancio della difesa degli Stati Uniti è sceso dal 9% del PNL nel 1963al 5% nel 1973. Uno studio di rilievo della Rand Corporation, basato su dati resi pubblici dalla CIA, mostra che tra il 1971e il 1978i sovietici hanno speso 46.000 milioni di sterline in più degli Stati Uniti per nuovi sistemi militari, immense riserve, costruzioni a fini di guer- · ra. Era di moda sostenere che i sovietici volevano solamente raggiungerci. Ma nel 1971essi hanno raggiunto lo stesso livello degli Stati Uniti per il totale delle spese militari e attualmente spendono circa il 50% in più di quello che spendiamo noi: il che significa almeno il 75% in più di attrezzature, ricerche e sviluppi militari, dal momento che una parte molto maggiore del nostro bilancio serve alle spese per il personale. Se prendiamo in considerazione l'armamento convenzionale, scopriamo che i sovietici hanno più navi da combattimento di superficie di quante non ne abbiano gli Stati Uniti, il doppio di sottomarini d'attacco, oltre a una flotta di 70 sottomarini dotati di missili di crociera, mentre noi non ne abbiamo nessuno. Recentemente i sovietici hanno cominciato a produrre un sottomarino nucleare che corre più veloce (40 nodi) e scende più in profondità (più di 2.000 piedi) di ogni sottomarino americano. I sovietici hanno un numero doppio di soldati sotto le armi e quattro volte il numero dei pezzi 12 di artiglieria e di carri armati rispetto agli Stati Uniti. In termini di forze nucleari strategiche, dalla metà degli anni sessanta, quando il segretario della Difesa McNamara dette inizio alla politica di limitazione unilaterale, sette nuovi tipi di missili balistici intercontinentali (ICBM) sono stati messi in servizio dai sovietici. I sovietici hanno ancora messo in funzione quattro nuovi tipi di missili balistici lanciati da sottomarini (SLBM); tre nuovi tipi di sottomarini strategici: e il nuovo bombardiere supersonico a largo raggio Backfire, che è simile, sotto molti riguardi, al 8-1 americano il cui progetto è stato annullato e che pesa 3/4 di quello. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, abbiamo messo in produzione solo un nuovo sistema di ICBM e due di SLBM. Il ritmo di produzione del nuovo sottomarino Trident è stato rallentato (il primo non sarà messo in mare prima del 1981);continuiamo ad avere in esercizio i vecchi bombardieri 8-52 degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta, alcuni dei quali sono più vecchi dei piloti che li guidano. Il bombardiere 8-1 doveva servi re a penetrare attraverso le più sofisticate difese aeree dei sovietici, come pure a obbligare i sovietici a destinare ingenti somme a nuovi sistemi di difesa aerea negli anni ottanta e novanta, obbligandoli così a utilizzare diversamente le risorse ora impiegate in sistemi offensivi strategici molto più minacciosi contro gli Stati Uniti. L'annullamento, da parte del1'amministrazione Carter, del 8-1 nell'estate del 1977potrebbe rivelarsi uno degli errori strategici più gravi che il nostro Paese abbia mai compiuto. Nel 1985, secondo le stime, i sovietici avranno un vantaggio nel campo degli ICBM,di 6 a I per quanto riguarda la capacità di risposta militare, di circa 5 a I nella capacità di trasporto, di oltre 3 a I nel numero di veicoli capaci di tornare alla base, di più di 5 a I nel megatonnellaggio scaricabile, con una sostanziale parità per quanto riguarda la precisione dei lanci. Se consentiamo ai sovietici di ottenere e mantenere la superiorità strategica, ci troveremo di fronte a uno sviluppo dell'impegno della loro potenza al di fuori del blocco comunista. Si ritiene improbabile che i sovietici intendano colpirci preventivamente e massicciamente, a causa della nostra capacità di rappresaglia. Ma dobbiamo riconoscere che, oltre alla loro capacità di colpirci, essi avranno la capacità di fare di meno. Essi potrebbero ragionevolmente credere di poter colpire impunemente, anche con armi nucleari, le nostre forze in Europa, senza il timore che hanno avuto, da quanto esiste la NATO, che gli Stati Uniti potrebbero ed effettivamente deciderebbero di rispondere con un attacco strategico nucleare nel territorio sovietico. Il mondo sa, e soprattutto i sovietici sanno, che nessun presidente americano sacrificherà New York o Washington per salvare Berlino. Purtroppo, la posizione militare della NATO rispetto a quella dell'Unione sovietica è peggiorata sensibilmente. Il bombardiere Backfire porta missili nucleari di crociera e missili d'attacco e può colpire non solo l'Europa occidentale ma anche le vie dell'Atlantico verso l'Europa. Contro l'Europa, Mosca ha messo in opera 120SS-20, con un raggio di azione da 3.000 a 4.000 miglia, ognuno dei quali provvisto di tre testate nucleari di 150 chilotoni. che sono in grado di raggiungere Londra. o qualunque altra città in Europa, se così programmati. Contro la nuova minaccia di questi missili, l'Occidente impiega il missile Pershing I, con un raggio di azione di 450 miglia e una sola testata nucleare. Nessuno di questi Pershing I è in grado di colpire Mosca. La lotta contro l'Unione sovietica, lo Stato più potente con mire espansionistiche che il mondo abbia mai conosciuto, continuerà a dominare gli avvenimenti mondiali fino alla fine del secolo. Non possiamo permetterci di esitare. Il nuovo imperialismo sovietico richiede una nuova forza armata capace di controbattere e di tenerlo a bada. Gli Stati Uniti non · possono provvedere da soli a questa necessità, ma senza una forte ed efficace direzione degli Stati Uniti non si potrà far niente. (2 fine) 6 MAGGIO 1980

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