DISSENSO Parole e potere f uuus TOMIN, PROFESSORE 01 fi/~sojìa classica, è stato escluso dal sistema universitario ufficiale pur non avendo mai avuto parte diretta in questioni politiche. Qualche giomofa è stato infine arrestato per collegamenti col gruppo di Charta 77 nel quale milita la moglie, a coronamento di una elaborata azione repressiua scatenata contro l'Università Patocka o «Università parallela• della quale Tomin fu fra i primi promotori. Questo suo scritto, fauo pervenire in Occidente, va oltre la testimonianza: suscita echi inquietanti, che non possono lasciare irriflessivi. Venerdì 2 novembre 1979 la polizia segreta fermava a Praga dodici persone con la motivazione formale di contravvenzione all'articolo 7, paragrafo I, del Codice penale. che prevede appunto il fermo immediato per chiunque sia sospettato di preparare azioni terroristiche. «Si è accertato - cito letteralmente dal mandato di perquisizione - che il 28 ottobre 1979(30' anniversario della fondazione della repubblica) una persona rimasta sconosciuta inviò una lettera anonima che dichiarava l'intenzione di danneggiare il sistema statale e sociale socialista con la distruzione di un importante obiettivo nella capitale e/o l'assassinio del presidente della Repubblica•. • «Data la necessità di chiarire tutte le circostanze del caso• -Sempre con le parole del mandato - «materiale e indizi importanti connessi con la preparazione del crimine» furono confiscati nel corso della perquisizione. Vale a dire ad esempio: le fotografie del matrimonio di uno dei fermati, fotografie del defunto presidente Svoboda o dell'attuale presidente Hùsak, dattiloscritti di un dibattito sullo strutturalismo tra Lévi-Strauss, Belour e Ruwet, lettere al procuratore generale, materiali di Charta 77 e del VONS (Comitato di difesa dei perseguiti ingiustamente), fotografie dei dieci membri arrestati del VONS, e altro. «Come ha ottenuto il materiale che abbiamo rinvenuto?•, «Confessi il nome di chi glielo ha procurato!», •Sappiamo tutto sui suoi contatti col VONS ... Vogliamo idettagli!»: questo fu il tono e la sostanza degli interrogatori ai fermati. A chi aveva partecipato al corso non ufficiale di fisolofia si chiese se il corso non discutesse piutIL LEVIATANO tosto «l'aspetto teorico del problema del terrorismo•. Era casa mia la sede consueta di questo corso. Ora ciò è divenuto impossibile e ci riuniamo nell'appartamento di Ivan Dejmal, trattenuto come tutti gli altri quale «sospetto di attività terroristiche». Vi fu chi gli assicurò nel corso degli interrogatori che la polizia avrebbe interrotto le riunioni •con la massima pubblicità, perché tutti i vicini capissero che razza di ciarlatano, altro che filosofo, abitava sotto il loro stesso tetto•. Non fui fra gli accusati, né desidero dilungarmi su cosa significhi essere detenuti qui sotto l'accusa di «attività terroristiche». Anni di frustrazione di tutti i tentativi per dare alle nostre istituzioni, legali giuridiche e governative un indirizzo aperto e democratico hanno eroso la fiducia che in essi si riponeva per forzare polizia e magistratura al rispetto e all'applicazione della legge. Dopo quarantott'ore di permanenza nelle celle della Centrale di Polizia, i fermati furono condotti nella prigione di Ruzyne, rasati a zero e di là infine rilasciati. Ma non voglio neppure speculare su quanto costi in tennini di dignità umana il taglio forzato dei capelli, né dipingere quale futuro attende questo paese se la maggioranza dei cittadini giungesse alla conclusione che ogni tentativo di resistere all'arbitrio degli apparati di sicurezza non potrebbe che condurre al consolidamento dell'escalation della repressione. Quanto voglio discutere è un altro aspetto dell'intera faccenda: la manipolazione arbitraria dei concetti. Qui l'arbitrario trattamento dei concetti va di pari passo con l'arbitrario trattamento della realtà, anzitutto quella umana. Le relazioni tra concetti e realtà, tra il divenire dei concetti e della realtà, sono il soggetto di molti trattati specialistici. Ho studiato letteratura greca classica e fu così che toccò a Tucidide di iniziarmi a questo problema. Nella sua Guerra del Peloponneso egli analizza le rivoluzioni che sconvolsero le comunità greche durante la guerra. «Le rivoluzioni», scrive, «hanno sempre arrecato grandi sofferenze alle comunità. Così fu sempre e così sarà fin quando la natura umana rimarrà immutata. Le rivoluzioni infiammano le comunità e là dove accadde di fame esperienza più tardiva, dove la gente non fu testimone diretta dei precedenti storici, gli eccessi divennero corrispondentemente maggiori, le idee più radicali, le azioni più insidiose e le forme di ritorsione più sofisticate. Le relazioni riconosciute e sperimentate tra parole e azioni mutarono. Incaute bravate cominciarono a essere prese per atti coraggiosi di amici e alleati. Prudenza e circospezione si cominciarono a definire il volto accettabile della codardia, la moderazione responsabile e l'autocontrollo ne furono additate come la maschera. L'abilità nel considerare tutte le sfaccettature di una situazione fu giudicata impotenza all'azione». Ho già fatto cenno dell'uso arbitrario della parola •terrore• e dei suoi derivati. li termine viene dal latino e connota paura, orrore, allarme e panico. L'apparato preposto alla •sicurezza,. lancia contro i nostri giovani l'accusa di «terrorismo»col fineprecisodi evocareterroree costernazionein loro stessi,nei loro parentie amici e in chi ne avrà notizia. Abbiamo qui un ribaltamento dell'ordinaria relazione tra 9
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