Il Leviatano - anno II - n. 15 - 29 aprile 1980

f':.onte all'invasione dell' Afghanistan. In queste condizioni, il meglio che potrebbero fare gli intellettuali convalescenti dallo stalinismo sarebbe di interrogarsi sul come sia stato possibile che una impresa tanto dissennata incontrasse una risposta tanto entusiastica in intelletti. per altro verso. a volte pur grandi. La risposta sarebbe traumatizzante, ma salutare. La perversione di tanta parte della cultura italiana è riuscita perché ha avuto al suo servizio un mito, potente proprio in ragione della realtà orripilante che dietro di esso si nascondeva. È riuscita perché è stata progettata fin nei minimi particolari da un cervello indubbiamente potente, quello di Gramsci. il quale non faceva mistero di come occorresse che alcuni grandi nomi della scienza si prostituissero per dare «apparenza di dignità culturale alla nostra propaganda», senza di che essa non avrebbe mai conquistato quella schiera di intellettuali intermedi. necessari a loro volta per irreggimentare le masse, sovvertendo «il loro senso comune». È riuscita infine perché a metterla in pratica si è dedicato un cervello anch'esso di prim'ordine, quello di Togliatti. Ma tutto questo non sarebbe bastato, se il terreno adatto, il materiale umano e lo stesso progetto, non fossero stati approntati per vent'anni dal fascismo. Il fatto oggi è ammesso anche da uno studioso comunista, Giuseppe Vacca, il quale scrive: «Andare al popolo, contribuire a l'inserimento delle masse nello Stato, mettere la politica al primo posto, sono tutti temi che il fascismo agita demagogicamente contro la concezione liberale, disinteressata. separata e neutrale della cultura e della scienza», approntando all'uopo «nuovi estesi apparati di intellettuali». Secondo Vacca il compito dei partiti marxisti di fronte a questa eredità del fascismo non è nel 1945quello di rifiutarla, tornando sia pure su nuove basi all'ideale libernle della cultura e della scienza. «ma al contrario quello di andare al popolo fino in fondo, prendendo alla lettera e mettendo in pratica in modo nuovo la parola d'ordine del fascismo». Appunto quello che tutte le forze marxiste hanno fatto, utilizzando colla massima spregiudicatezza uomini, idee, ~gan, attrezzature, del fascismo IL LEVIATANO Il risultato, ormai è noto, è stato appunto lo stalinismo culturale. Prima del ripudio almeno verbale dello stalinismo, la posizione di Vacca, che risale però al 1977, sarebbe perfettamente rientrata nel rapporto che il Pci aveva decretato esistere tra sé e il fascismo. Da una parte il progetto genuino, la rivoluzione vera, l'anticapitalismo radicale e intransigente, il superamento definitivo della società e della stessa mentalità liberale. Dall'altra invece un progetto contraffatto, una rivoluzione «da operetta» (Bordiga), un anticapitalismo puramente demagogico e un antiliberalismo limitato alle sole sovrastrutture politiche. Per cui se il regime veniva visto come l'antitesi del comunismo, il fascismo di sinistra, il George Orwell, Wriurs ami uvialhan, 1948: «l'accettazione di qualsiasi disciplina partilica sembra essere incompatibile con l'intea grità dello scrittore (... ) E allora? Dobbiamo rorse concluderne che il dovere dello scrittore è di tenersi al di ruori della politica? Certamente no! ln ogni caso in un'epoca come la presente le persone pensanti né possono né effettivamente riescono a tenersi veramente ruori dalla politica. Dico solo che noi scrittori dovremmo distinguere più netta• mente di quanto oggi non facciamo le nostre redeltà politiche dalle nostre fedeltà letterarie, e riconoscere che la disponibilità a rare certe cose sgradevoli ma necessarie non irnpli• ca un obbligo a inghiottire senza discutere le credenze che di solito accompagnano il fare quelle cose. Quando uno scrittore si impegna nella politica lo deve rare in qualità di cittadino, di essere umano, ma non in qualiJà di scrittore. Io non penso che lo scrittore abbia iJ diritto, unicamente per proteggere la sua sensibilità, di star lontano dal lavoro sporco che abitualmente si accompagna alla politica. Come chiunque altro, lo scrittore deve essere pronto a fare con• rerenze in sale esposte alle correnti d'aria (... ), a distribuire manifesti• ni, e anche, se lo reputa necessario, a battersi in una guerra civile. Ma qualunque cosa faccia al servizio del suo partito, lo scrittore non deve mai scrivere per il partito. (... ) Non dovrebbe mal abbandonare un ragionamento per timore che lo conduca a un'eresia( ... ) Oggi forse è persino un cattivo segno per uno scrittore, se non viene sospettato di tendenze reazionarie, come venti anni fa era un cattivo segno se non era sospettato di sim• patie comuniste.-. fascismo le cui profonde e rea:' aspirazioni Mussolini aveva tradito per scendere a compromesso con l'ordine costituito, veniva invece valutato positivamente, considerato quale un'eredità preziosa, da migliorare, inverare, non certamente da buttare come Vacca ha ancor oggi il coraggio o forse la sprovvedutezza intellettuale di fare. Era Togliatti stesso che nel 1948 legittimava questa interpretazione, scrivendo nella recensione del libro di Zangrandi Il lungo viaggio attraverso il fascismo: «fra noi e una massa ingente di giovani fascisti, la distanza enorme da cui sembrava che ci muovessimo era dovuta per gran parte a un malinteso». Nell'immediato dopoguerra Aldo Capasso, già autore di «9 poesie per il Duce» nonché collaboratore del farinacciano e antisemita «Il Regime fascista», aveva del resto anticipato il pensiero di Togliatti in forma bene altrimenti argomentata. All'amico Fidia Gambetti, come lui .passato dal fascismo di sinistra al comunismo, Aldo Capasso, aveva infatti scritto: «Stalin ha dato alla Russia tutta quella forza, materiale e morale, che noi avevamo atteso, per l'Italia, da Mussolini. Ha creato una genuina unità popolare, una concordia capace di combattere' e di vincere. Noi che non siamo stati dei conservatori. che non ci siamo mai preoccupati di difendere le classi capitalistiche possiamo ammirare le realizzazioni russe e desiderare di emularle senza allontanarci dal nostro punto di partenza. Noi sentiamo che un'intima logica ha presieduto alla nostra evoluzione spirituale». Dati questi precedenti, gli intellettuali comunisti che oggi dicono di ripudiare lo stalinismo culturale - e non c'è ragione di mettere in dubbio la sincerità del proposito - dovrebbero a nostro avviso spingere la revisione a fondo, investendo anche quel rapporto di continuità col fascismo cosiddetto di sinistra, su cui in passato, seguendo la guida di Togliatti, essi hanno deliberatamente costruito la loro egemonia. Fare questo significa però ritornare a quella «concezione liberale, disinteressata, separata e neutrale della cultura e della scienza», che è sopravvissuta nel nostro paese a veni 'anni di dittatura fascista e ad altri venti di indottrinamento 15

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