29 aprile I980 500 I i re IL LEVIATANO DireUore rt-spon.~bilc: (ìlULIO SAVl·I U • • I f • RICHARD NIXON SULLATERZA 1 GUERRA MONDIALE
EDITORIALE L'aria fritta di Cossiga SuL SIGNIFICATO POLITICO DELLA FORmazione di un governo tripartito, con I' esclusione di socialdemocratici e liberali, abbiamo già espresso il nostro giudizio. La divisione introdotta tra i partiti dell'area laico-socialista serve a confermare l'egemonia democristiana. consente al partito di maggioranza. relativa di mantenersi al potere giocando di volta in volta su questo o quell'altro alleato senza rischiare alcun serio condizionamento e lasciandosi aperte tutte le strade e tutte le scelte. Che questo sia vero lo dimostra lo stesso svolgimento della crisi. Abbiamo notato, anche da parte di commentatori laici, un tentativo di addossare principalmente al Partito socialista, e per esso alla sua maggioranza, la responsabilità dell'esclusione dal governo di PSDI e PLI. Eppure, a ripercorrere gli avvenimenti, dovrebbe essere chiaro a tutti che le cose sono andate diversamente. Al segretario socialista, nel momento in cui poneva in votazione nel Comitato centrale del suo partito la disponibilità di un'assunzione per il PSI di responsabilità governative, fu chiesto dalla sinistra di escludere dal novero delle possibili formazioni la formula del «pentapartito». Questa richiesta Craxi non accettò, e fu esattamente per questo rifiuto che la sinistra si astenne sul documento finalmente approvato dai seguaci di Craxi, Manca e De Michelis. Vi era dunque, anche nelle intenzioni della maggioranza socialista, una disponibilità a tentare un accordo di governo a cinque, che avrebbe potuto partire dalla definizione di una linea comune da parte dei partiti dell'area laico-socialista, seguita da una successiva contrattazione con la Democrazia cristiana. Ma la DC, temendo il condizionamento dei laici e forse la richiesta della presidenza del Consiglio per i socialisti, mise le mani avanti. La Direzione della Democrazia cristiana, prendendo atto della disponibilità socialista a partecipare al governo, si pronunciò subito per un governo a due o tutt'al più a tre. con la partecipazione repubblicana, interpretando il deliberato del Comitato centrale socialista esattamente come Craxi aveva cercato di evitare che fosse interpretato. A quel punto. certo, Craxi avrebbe potuto insistere per il pentapartito, ma si sarebbe esposto a una forte pressione interna, argomentata dallo scavalcamento a sinistra operato nei suoi confronti non solo dagli zaccagniniani, ma da tutta la Democrazia cri2 stiana. Fu quindi un atto quasi obbligato, per Craxi, quello di accontentarsi, per il momento, di aver ottenuto il successo di riportare il PSI, nonostante la forte opposizione interna, alla pai:tecipazione al governo. E dunque la Democrazia cristiana principalmente responsabile dell'esito della crisi e della struttura del nuovo governo. Lo scopo di non subire condizionamenti da parte dei partiti laici e socialisti e di rinviare ancora le scelte politiche di fondo, senza le quali è impossibile che il Paese esca dalla crisi, è stato ottenuto. Leggendo il discorso programmatico con il quale Francesco Cossiga si è presentato al parlamento è facile constatare infatti come, appunto, si eluda ogni scelta politica significativa. Il discorso, pure straordinariamente lungo e non privo, qua e là, di abbozzi e di indicazioni per il lavoro governativo, brilla per l'assenza totale di una strategia, per la mancanza di ogni prospettiva di linea politica generale e per l'insistenza, di stile moroteo, sulla necessità di confronti, dialogo, colloqui, convergenze, consensi da parte di tutti. Consensi che si possono sperare solo se non si indicano scelte contro le quali possa esprimersi, invece, il dissenso. In politica estera il nuovo governo, per esempio, dichiara, lodevolmente, il proprio proposito di contribuire alla distensione, ma che cosa a questo proposito si debba fare non viene spiegato. L'Italia deve agire congiuntamente con gli altri Paesi europei e tutti questi, a loro volta, debbono riaffermare la solidarietà atlantica. Tutti insieme, dunque, siamo d'accordo. Ma per fare che cosa? Occorre elaborare e realizza, re «una strategia globale di sicurezza,di sviluppo e di pace». Ma l'Italia non ha nessuna proposta da avanzare, nessun contributo di idee da offrire, nessuna analisi della situazione mondiale del momento. Di fronte all'aggressività dei sovietici, è necessario aumentare le quote di reddito nazionale che i Paesi occidentali destinano alle spese militari? Cossiga non si pronuncia. Sono opportune le misure restrittive del commercio internazionale messe in opera da Carter? L'Europa, sia pure congiuntamente, deve seguire il presidente americano su questa strada? Il governo non lo sa. Sulla crisi iraniana, stesso atteggiamento. Ogni passo deve essere compiuto in collegamento con gli altri Paesi europei, dice Cossiga e noi concordiamo: ma quale atteggiamento europeq auspica il governo 29 APRILE 1980
italiano? Su questo il segreto viene gelosamente serbato. Si ignora del tutto la questione, pur così attuale, del boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca, immaginiamo sempre in attesa di una posizione comune europea alla quale gli italiani non contribuiscono in nessun modo. E così per il Medio Oriente, pure di vitale interesse soprattutto per l'Italia: «due grandi popoli, il popolo d'Israele ed il popolo palestinese, dovranno pur trovare la via di una leale convivenza», dice Cossiga. Ma l'Italia non ha nulla da offrire né all'uno né all'altro popolo, nessuna soluzione da proporre, nessuna mediazione da prospettare. Incerta egualmente, tanto per spigolare nell'ampia esposizione del presidente del Consiglio, la posizione del governo sulla questione energetica: «Per quanto riguarda in particolare l'energia nucleare, si impone la necessità ... di completare gli studi e le indagini per la determinazione delle suscettività dei siti per la localizzazione delle centrali». Mentre il petrolio è aumentato in due anni del 120%, l'Italia, dopo aver approvato anni fa una legge per mettere in cantiere subito almeno sei centrali nucleari, sta ancora studiando le «suscettività». li drammatico problema dell'energia per i prossimi anni, fonte di preoccupazione per tutti i Paesi del mondo, richiede da noi ancora approfonditi studi, che celano l'indecisione di passare alla fase operativa, e partorisce decreti (decaduti) per lo spegnimento del riscaldamento delle case quando fa freddo e per la sua accensione quando fa caldo (ma queste sono pensate del Cossiga I). Penosa, infine, la linea di politica economica, per la quale, per non cadere nel ridicolo, ci si prospetta un approfondito documento organico dopo le elezioni amministrative (ma non c'era già il «piano Pandolfi» sul quale ampi consensi erano stati espressi, per esempio, dai repubblicani?). Per intanto, preso atto che il pericolo maggiore è l'inflazione, che ha superato ormai il 22%, e quindi che compito prioritario è quello di ricondurla ai livelli medi degli altri principali Paesi industriàlizzati, la via d'uscita indicata è, letteralmente, «un appello agli imprenditori affinché, tenendo conto dei rilevanti progressi della produzione e della produttività realizzati negli ultimi mesi di forte espansione della attività economica, usino moderazione nella politica dei prezzi pur in presenza di un andamento dei costi che per cause esterne e per meccanismi interni di propagazione dell'inflazione permane elevato» e un simmetrico «appello ai lavoratori perché, tenendo conto dei meccanismi che sostengono il salario reale e dei consistenti progressi che i recenti contratti nazionali di lavoro hanno permesso, contengano le richieste salariali integrative». Non stiamo a speculare sul profondo impatto che il duplice appello di Cossiga avrà sul mondo del lavoro e sugli imprenditori. Deludente anche quanto viene prospettato, sempre in tema di inflazione, a proposito della spesa pubblica, causa principale della particolarità del «caso italiano». Nessun impegno, naturalmente, per evitare la dilatazione della spesa stessa, ma solo per evitare «ulteriori dilatazioni del disavanzo». Per non aumentare il disavanzo in presenza di una spesa crescente, è evidente che debbono aumentare le entrate. Si preannuncia conseguentemente un'azione «fondata soprattutto sul recupero graduale dell'area delle evasioni». Se non che, poco dopo. si afferma che la riduzione dell"area di evasione «è diretta a creare lo spazio per riequilibrare la distribuzione del prelievo mediante una detassazione simmetrica al recupero del gettito indotto dalla riduzione dell'evasione», il che dovrebbe dunque significare che le entrate del fisco non aumenteranno. Ma allora se le entrate non aumentano e le uscite sì, ne consegue che si dilata il disavanzo, il che è esattamente il contrario di quello che ci si proponeva. Questa coerente linea economica relativa alla spesa pubblica, unita al duplice appello di cui si è detto, ci fa ben sperare che l'inflazione non diminuirà. Ancora una volta ci sembra si confermi la necessità che le forze migliori del Paese ricerchino un incontro per la definizione di un programma serio, in vista di un governo serio, che ponga termine al malgoverno democristiano e avvicini il Paese ai modelli dell'Occidente più evoluto. LETTERE I Oltre le amministrative Caro Savelli, pur succedendo a se stesso il Cossiga qualche novità l"lta pur portata. Una anzitullo e inquietante. con l'esclusione da pdrte della DC dell'ipotesi pentapartito che ha obbligato i socialisti (di maggioranza) a ratificare conseguentemente l'esclusione dal governo di liberali e - fallo senza precedenti - dei socialdemocratici. Il che ha però posto ipiccoli partiti del/"area laica in condizioni a loro modo ideali per la costruzione, liberi finalmente da compromessi snaturanti, dei presupposti necessari alla concreta verifica di quanto il fronte laico, unica raginnevole alternanza al potere DC, la sinistra democratica cioè sia l'unica ipotesi strate11ica praticabile. Qualcuno teme che specie il PSDI non possa e non sappia esser un pesce fuor d'acqua (dal governo) e prevede prossimi ritorni ali' ovile. O perlomeno ciò appare più un timore del/' apparato che non una possibilità che traspare dalle mosse dei dirigenti socialdemocratici. un partito mostra di essere più accorto e politicamente fine della sua base. Insomma siamo in una situazione in cui è ragionevole f?UOrdare un po' oltre la stretta contingenza politica (le prossime elezioni amministrative) aprendo con fermezza e coerenza la ba11agliaper catalizzare e unire su un programma di governo le forze che sole nelle imperfe11a democrazia italiana possono assicurare il ricambio costituzionale al trentennale potere DC. Pietro · Longo, Valerio Zanone gli esponenti socialisti avranno il coraggio per raccogliere questa sfida? Vedremo. Carlo Repaci, Milano Una volta tanto, credo, il vertice di IL LEVIATANO J
■.a-.r .. .a■ - ■.a-.r .. .a■ .... ■iiiiiilll' ... - .... ■iiiiiilll' ... LIBERALI Un calo di entusiasmo UNo DEGLI ASPEITI nù sconcertanti della crisi di governo appena conclusa è stato costituito dalla pesantezza della azione democristiana. che scavalcando a sinistra i socialisti non ha potuto non trovarli consenzienti alresclusione di socialdemocratici e liberali. Tale azione è andata di fallo a ostacolare. condizionare e deformare rauuazione delle delibere congressuali. tanto democri-- stiane che socialiste. e radempimento degli impegni assunti verso il corpo elellorale. che a giugno si era espressa chiaramente contro ogni ulteriore dilatazione del potere PCI. E il tulio è avvenuto sotto rombrello della formula di solidarietà nazionale. sulla cui interpretazione autentica vanno sviluppandosi dispute cavillose e deprimenti. Pur balluto dalr elellorato e costretto ali' opposizione. il PCI continua tuttavia a determinare le coalizioni governative e i loro indirizzi politici. Ma che la sua pressione politica e psicologica riesca a stravolgere le regole del gioco democratico lo si deve anche al grado desolante di disunione dei piccoli partiti intermedi. Non parliamo della dirigenza repubblicana. virtuosamente ritrosa di fronte a ogni approccio liberale o socialdemocratico e che vede inoltre da sempre nell'elettorato liberale e socialdemocratico rarea naturale della sua espansione. considerando del tutto inammissibile ogni politica volta a ridimensionare Dc e PCI. Non è sfuggito a nessuno il volenteroso contributo del PRI alla esclusione dei socialdemocratici e dei liberali dal nuovo governo, e la sua lungimirante finalizzazione al loro ridimensionamento elettorale nelle prossime amministrative. Lo ~lancio clicosì audace strategia è stato tale, che. dimenticandosi di anni ed anni di sw.. ,i\!gthn parlare sui contenuti e sulla loro doverosa primarietà. non si è avuto nulla da obiellare alla definizione_ della 4 formula prima e indipendentemente dalla confezione del programma. Non sembra più entusiasmante, da qualche mese a questa parte la politica del PLI. La proposta di collegamenti ed alleanze ripetuta in vario modo alle forze più affini per ideologia e cultura, che aveva contribuito non poco a ridare ossigeno al PLI dopo la dura sconfilla del 1976. è stata messa in sordina dopo la notevole affermazione elellorale del 10 giugno dello scorso anno. Cosa tanto più sconcertante in quanto finalmente un serio riscontro positivo è venuto dal PSDI, coinvolto dalla VALERIO ZANONE sua segreteria in un impegnativo rinnovamento politico ed organizzativo. Ci auguriamo che la dirigenza del PLI, che dal ·74 ad oggi ha saputo dare prova di lungimiranza. di coraggio e di devozione agli interessi del Paese, sappia affrontare con energia le vischiosità e le resistenze che provengono da pur legittime ambizioni ed idiosincrasie di certi settori dell'apparato e degli esponenti locali. Un motivo centrale della adesione dell'elettorato al PLI non può essere lasciato cadere proprio ora, quando, rispetto alle elezioni precedenti, si sono verificate due condizioni nuove di grande rilevanza: il regresso elettorale contemporaneo della DC, del PCI e dell'estre.ma destra, che attenua la morsa dei ricatti incrociati e dello sfruttamento delle opposte paure, e l'adesione politica piena (e non, come nel '76, strumentale e piena di riserve) di uno dei partiti destinatari delle avances liberali degli ultimi anni. Sarebbe grave che il partito liberale, bersaglio insieme al PSDI dei veti e delle prevaricazioni delle sinistre socialista e democristiana, non sapesse cogliere l'occasione per opporre al variegato estab/ishment filocomunista una risposta politica ed elettorale unitaria, che oltretutto può avere una presa notevole su quei settori dell'elettorato che votano DC per comprensibili motivi dimensionali e per la legittima preoccupazione di influire col loro voto sulla composizione delle assemblee elettive. Nonché su coloro, spesso né incolti né disimpegnati, che ripiegano in numero sempre crescente sulla astensione o sulla scheda bianca. Sellori sempre più vasti della opinione pubblica e dell'elettorato intuiscono d'altronde il nesso fra la permanenza di divisioni artificiose e sterili nell'arco delle forze intermedie e rattuale immobilismo demagogico. Quali speranze di imporre, o almeno di preparare. una politica nuova può dare chi non cominci subito, con alti politici significativi e su scala nazionale, a ridurre quella disgregazione operativa e organizzativa delle forze intermedie che le condanna ad essere marginali e subalterne, e quindi in ultima analisi oggettivamente complici, delle politiche altrui? Né il dialogo ideologico-culturale con gli autonomisti del PSI, per quanto positivo e suscettibile di sviluppi a medio termine, può avere un ruolo sostitutivo o alternativo rispetto a quello che si può, e quindi si deve, fare subito. Tanto più che una azione politica ed elettorale congiunta del PLI e del PSDI, oltre a mostrare al Paese una decisiva volontà di cambiamento, offrirebbe un punto di riferimento consistente proprio agli autonomisti del PSI, e penalizzerebbe le ambiguità e la demagogia comuni. sia pure in diverso grado. a tutti i ,,ttori della DC. Paolo Demartis 29 APRILE /980
.. ~,.• ■■■■ ra.■ -. ■ ..... ""n.■-■• ■ ■ .. ~,.• ■■■■ ra.■ -. ■ ..... ""n.■-■• ■ ■ Richard Nixon è stato l'unico presidente degli Stati Unili a doversi dimettere dalla carica. Convinto di es.sere giunto alla presidenza nonostante l'opposizione di lutto l'estab/ishment, anche repubblicano; sicuro di es.sere circondalo da nemici pronti a impedirgli la rielezione; pieno, come racconta Kissinger nelle sue memorie, di dubbi e insicurezze psicologiche; nonostante fosse abbondantemente in tesla nei sondaggi per le elezioni del 1972, mise in opera, o assecondò, l'operazione di spionaggio, nei confronti del Partilo democratico, passala alla storia col nome di •Walergale•. Il risultalo fu lo sfaldamento dell'esecutivo, una crisi di fiducia del popolo americano nei confronti della classe politica, l'arrivo di Carter, un uomo che era stato sempre lontano da Washington, al vertice della maggiore potenza mondiale. Responsabilità storiche gravissime, dunque, quelle di Nixon. Ma 7'ixon fu anche I 'artefice, nel primo term della sua presidenza, di successi straordinari nella politica estera americana: la •SVolSuMo IN GUERRA, IMPEgnati in una titanica lotta nel corso della quale si decidono i destini delle nazioni. Questa guerra - la terza guerra mondiale - è cominciata prima che finisse la seconda. Nel- r aprile del 1945. mentre i soldati russi e americani si abbracciavano sulle sponde delrElba. Stalin precisava il suo progetto per la divisione del mondo: «Questa guerra non è uguale a quelle del passato - affermò -. Chiunque occupa un territorio necessariamente gli impone anche il proprio sistema sociale. Non potrebbe essere diversamente». IL LEVIATANO POUTICA INTERNAZIONALE La terza guerra mondiale è già cominciata di RICHARD NIXON la• nei rapporti con la Cina, gli accordi di Parigi che misero fine alla guerra del Vietnam (anche se gli esili finali risen• lirono a loro volta della vicenda del Walergale), il summit di Mosca del maggio 1972. Nixon fu il primo presidente americano a viaggiare a Mosca e Pechino: basterebbe questo per capire l'importanza di quel quadriennio. Molli ritengono che il vero stratega di quella politica sia staio Henry Kissinger. Può darsi; anzi, è probabilmen• te vero. Ciò non toglie che Nixon fosse il titolare del potere: se non altro il fallo di aver assecondalo Kissinger nella sua strategia dimostra una intelligenza e una audacia nelle relazioni geopolitiche che nessun altro presidente americano del dopoguerra ha avuto. Lo stesso Kissinger, d'altra parte, nelle sue memorie, gli tributa a questo proposito ampi riconoscimenti. Per queste raAioni riteniamo di )!ran• de interesse questi estratti, che comin• ciamo a pubblicare da questo numero, del prossimo libro di Richard Nixon, The real war, che uscirà a Londra. L·esercito sovietico che seguiva le truppe tedesche in ritirata nelrEuropa orientale rimase nei territori occupati e la cortina di ferro si chiuse attraverso il continente. Imprigionati dal regime comunista restarono i popoli di Polonia. Ungheria. Cecoslovacchia. Jugoslavia. Romania. Bulgaria. Albania. Germania orientale. come pure quelli di Lituania. Lettonia, Estonia. che erano stati indipendenti. Fu una conquista freddamente ..:alcolata da Stalin. che più tar<li avrebbe <letto: «La ragione per la quale non c · è un governo comunista a Parigi è perché, nelle circostanze del 1945, l'esercito sovietico non riuscì ad arrivare sul territorio francese». Dal 1945 in poi, la pressione espansionistica sovietica non ha avuto tregue. Mosca ha attuato il blocco di Berlino. ha fomentato rivoluzioni in America latina. Asia. Africa. ha aiutato gli aggressori della Corea del nord e del Nord Vietnam. Ha addestrato guerriglieri. sabotato elezioni. abbattuto aerei disarmati. aiutato colpi di Stato. ucciso profughi. imprigionato dissidenti. Ha minacciato. colpito. tramato. cospirato. sovvertito. corrotto. intimidito. terrorizzato. mentito. frodato. rubato. tor1urato. ,piato. riçaltato. assassinato: tutto questo seguendo un calcolato progetto politico. Questa espansione. dalla conquista delrEuropa orientale agli attacchi recenti dei russi e dei loro alleati in Africa. nel mondo arabo. in America centrale. è stata accompagnata da un prodigioso sviluppo militare. che ha portalo r Unione sovietica vicina a una decisiva supremazia nei confronti delrOccidente. La Corea e il Vietnam sono state battaglie della terza guerra mondiale, come lo sono stati i colpi <liStato che hanno por1ato al potere «clienti» sovietici in Afghanistan e nel Sud Yemen. Battaglie della terza guerra mondiale sono state quelle per impedire ai partiti comunisti di prendere il potere in Italia e in Por10gallo. o quelle per contenere !"esportazione della rivoluzione castrista in America latina. La terza guerra è la prima vera 5
.. ~,.• ■■■■raa ... ■ ., .., .. ..,, IY■ lliiiii.i.. ■ ■ .. ~,. ..... ~ ..... ,.., .. .,,.,, ... ■ ■ guerra mondiale. Nessun angolo della Terra è fuori della sua portata. Gli Stati Uniti e l'Unione sovietica sono diventate ambedue potenze mondiali, e qualunque turbamento dell'equilibrio tra di loro in un angolo del mondo si risolve in un turbamento dello equilibrio globale. La terza guerra mondiale è anche la prima vera guerra totale, condotta a tutti i livelli. Potenza militare, potere economico, determinazione, la forza delle idee, Non si tratta di un calendario prestabilito per la conquista del mondo, ma invece di un rafforzamento costante della potenza militare sovietica, di uno sfruttamento coerente di ogni occasione per espandere la potenza sovietica e per indebolire quella dell'Occidente. Coloro che mostrano «comprensione» per l'Unione sovietica sostengono che la Russia cerca soltanto la propria sicurezza e che, una volta raggiunta una poRJCHARD NIXON E LEONID BREZNEV la chiarezza negli obiettivi: ogni fattore è vitale per l'esito del confronto. La caduta dell'Afghanistan nelle mani dei russi non è grave per l'Occidente soltanto perché riguarda la sorte di 18 milioni di persone, il novanta per cento dei quali analfabeti, con un reddito di settanta sterline pro-capite, che fa di quel Paese uno dei più poveri del mondo. Neanche la sua posizione strategica renderebbe la sua perdita così grave se fosse stata una perdita isolata. Ma I' Afghanistan non è un caso isolato. E parte di un più vasto disegno di sfida per l'Occidente. 6 tenza sufficiente, la Russia sarà sazia. Ma l'aspirazione russa alla «sicurezza» è senza limiti. Quanto più conquistano, tanto più sentono di dover proteggere: ciò che definiscono «sicurezza», è in realtà solo desiderio di dominazione. in patria e all'estero. La loro sicurezza. come il loro potere. non può essere che totale. Può essere garantita solo dalla totale eliminazione di ogni opposizione potenziale. Il gruppo dirigente sovietico non ha alcun concetto di «pace» come intendiamo noi, nessuna idea di «coesistenza» come noi la definiremmo. Non crede al concetto di nazioni eguali. Per loro chi è eguale è un rivale, che deve essere eliminato prima che li elimini. L'obiettivo sovietico, per rovesciare la frase di Woodrow Wilson, è un mondo reso insicuro per la democrazia. L'obiettivo finale dei sovietici nella terza guerra mondiale è il rivale principale, gli Stati Uniti. I loro obiettivi intermedi sono l'Europa occidentale e il Giappone. Gli obiettivi immediati sono quelle aree instabili e vulnerabili oetrAsia, deirAfrica, del Medio Oriente, dell'America latina nelle quali, a costi e rischi relativamente ridotti, possono acquisire vantaggi strategici e collocarsi progressivamente nelle posizioni che controllano le risorse e le vie vitali dell'economia mondiale. Come ha detto Harold Macmillan, l'ex-premier britannico, l'Asia e l'Africa sono i due grandi polmoni attraverso i quali respira la civiltà occidentale. Già fin dal 1921 Stalin sottolineava la vulnerabilità dell'Occidente alla privazione delle materie prime: «Se l'Europa e l'America possono essere considerate "il fronte" - diceva - i Paesi non sovrani e le colonie, con le loro materie prime, il petrolio, i prodotti alimentari, il vasto materiale umano possono essere considerate «la retroguardia .. , le riserve dell'imperialismo. Per vincere una guerra non basta vincere al fronte, occorre anche smantellare la retroguardia e distruggere le riserve". Più recentemente il presidente sovietivo Leonid Breznev ha confidato al presidente somalo Siad Barre, allora alleato del1' URSS: «li nostro scopo è di conquistare il controllo sulle due cassaforti da cui dipende l'Occidente: la cassaforte energetica del Golfo Persico e la cassaforte mineraria delr Africa centrale e meridionale». li di;,sidente sovietico Andrej Sacharov. recentemente arrestato privato di tutte le onorificenze ed esiliato da Mosca. ha ricordato il discorso di un alto funzionario sovietico nel 1955, il quale spiegava che l'obiettivo di fondo della politica sovietica nel Medio Oriente era «di sfruttare il nazionalismo arabo per creare difficoltà ai Paesi europei nelle forniture di petrolio greggio». La potenza militare, come quella economica, 29 APRILE /980
~.-.,a■ ■ ---~IIUI.- ■ ., .., .. ., IYll lliiiii.i. ■ ■ ~.-.,a■ ■ ---~IIUI.- ■ ., .., .. ., IYll lliiiii.i. ■ ■ dipendono dal petrolio. Uno dei principali vantaggi strategici degli Alleati nella seconda guerra mondiale fu il fatto che essi controllavano 1'86% del petrolio mondiale. I cannoni avevano da poco cominciato a tacere dopo quella guerra che già Stalin faceva la prima mossa verso il Golfo Persico. Dopo l'occupazione bellica del Nord dell'Iran, i sovietici impudentemente rifiutarono di ritirare le truppe e, tra l'altro, domandarono la creazione di una società bilaterale per lo sfruttamento delle riserve di petrolio del!' Iran settentrionale, una società di cui l'URSS avrebbe dovuto possedere il 51% delle azioni. Harry Truman. allora presidente degli Stati Uniti, scrisse in seguito: «L'Unione sovietica continuò nella sua occupazione militare fi. no a che personalmente mi preoccupai che Stalin fosse informato che avevo ordinato ai capi militari di preparare la mobilitazione delle nostre forze terrestri, aeree e navali. Solo allora Stalin fece quello che sapevo avrebbe fatto: ritirò le proprie truppe». Oggi il Golfo Persico fornisce il 70% del petrolio al Giappone e il 50% all'Europa. li Giappone dipende da quellb che James Reston ha definito «un ponte di petroliere, una nave ogni 100 mila miglia dal Golfo al Giappone ogni giorno dell'anno». Anche gli Stati Uniti sono diventati sempre più dipendenti dal petrolio come fonte di energia e dalle importazioni per avere il petrolio. Le importazioni, che coprivano un terzo del nostro fabbisogno di petrolio nel 1973, ora ne coprono la metà. L 'OPEC- fondamentalmente i Paesi arabi esportatori di petrolio - forniscono 1'80% di tutte le nostre importazioni; gli Stati Uniti sono diventati il maggiore acquirente dall'OPEC, comprando un quinto di tutto il loro petrolio. Più che mai la questione di chi controlla che cosa nel Golfo Persico è la chiave per capire chi controlla che cosa nel mondo. Gli inglesi si sono resi conto di questa verità da molto tempo. Fin dall'inizio dell'Ottocento la Gran Bretagna mise piede nel Golfo, per impedire ai pirati di disturbare il traffico commerciale. Da allora fino agli inizi degli anni setIL LEVIATANO tanta, la potenza militare inglese ha mantenuto l'ordine, ha offerto protezione, ha risolto i conflitti tra i vari sceiccati che segnano la costa del Golfo. Ma il ritiro degli inglesi «a ovest di Suez» fu annunciato nel 1968 e portato a termine nel 1971. Sfortu'natamente q\]ello era un momento in cui le proteste contro la guerra in Vietnam facevano dubitare che l'opinione pubblica americana avrebbe tollerato un altro impegno americano di grandi proporzioni, in un posto così lontano dal nostro Paese come il Golfo Persico. Gli Stati Uniti scelsero allora di far affidamento sulle potenze locali, l'Iran e l'Arabia saudita soprattutto, per garantire la sicurezza del Golfo, assistite da noi per l'armamento e le altre necessità. Questa politica dei «due pilastri» ha funzionato abbastanza bene finché uno dei pilastri, l'Iran, è crollato nel 1979. La tragedia dell'Iran è un tipico esempio di che cosa accade quando gli Stati Uniti non sanno distinguere tra regimi autoritari e regimi totalitari, tra regimi che garantiscono qualche diritto umano e regimi che li negano tutti, tra regimi che ci sono alleati ed amici e regimi che sono nostri potenziali nemici. In meno di venti anni. lo scià ha portato l'Iran nel ventesimo secolo. La disoccupazione e la sottoccupazione quasi scomparvero. Lo scià. una volta. mi ha raccontato che Harold Wilson, il premier laburista, aveva espresso l'opinione che sotto la guida dello scià, l'Iran aveva fatto, per raggiungere lo scopo del socialismo. prosperità nell'eguaglianza, più di quanto non avesse fatto la stessa Inghilterra. Ma lo scià non garantì. nel campo dei diritti politici, quei progressi che molti americani avrebbero desiderato. Secondo lo scià, l'errore fondamentale degli Stati Uniti non è stato quello di appoggiarlo, oppure di non appoggiarlo: è stato invece l'indecisione. I sovietici, da parte loro, hanno avuto le idee chiare. Hanno usato la radio per trasmettere discorsi infiammati su Teheran e sulle altre maggiori città dell'Iran. Hanno appoggiato il piccolo ma ben organizzato Partito comunista e gli altri gruppi dissidenti. Non si aspettavano, certo, che l'Iran trasmigrasse immediatamente nel loro campo. Ma sapevano che il caos in Iran sarebbe stato un loro alleato, che se avessero potuto creare il caos per un arco di tempo sufficientemente lungo, Teheran avrebbe rotto i legami con l'Occidente e l'Iran sarebbe, almeno, diventato neutrale, forse con qualche simpatia per i sovietici. La loro strategia ha funzionato. Non erano passati neanche due mesi dall'annuncio britannico del ritiro a ovest di Suez nel 1968, che già i sovietici immettevano la loro potenza navale nell'area. Da allora una flotta russa è rimasta permanentemente nell'Oceano Indiano. Oltre a questo. i sovietici, negli ultimi anni, hanno portato avanti una manovra a tenaglia verso il Golfo. Stanno compiendo due vasti movimenti ai fianchi, per prepararsi al colpo decisivo contro la vena giugulare dell'Occidente. La prima tenaglia avanza dall'Africa. su. attraverso il Como, fino alla penisola arabica. È partita dal!' Angola, dove i sovietici hanno impiegato più di 15.000 cubani per in~tallare un regime di loro scelta. E continuata in Etiopia, dove sono stati impiegati quasi 20.000 cubani, proprio. attraverso il Mar Rosso. di fronte ali' Arabia saudita. Nel 1978 il movimento a tenaglia è arrivato fino alla penisola arabica stessa, quando un gruppo filosovietico nello Yemen del Sud, l'antica colonia britannica di Aden, ha eliminato ogni opposizione e subito dopo ha lanciato un attacco contro lo Yemen del Nord, da dove proviene gran parte della forza-lavoro impiegata dai sauditi e una dele maggiori cause di preoccupazione per la sicurezza nazionale. Non avendo incontrato alcuna opposizione al movimento aggirante attraverso l'Africa fino alle spiagge della penisola arabica, l'Unione sovietica ha messo in movimento la seconda tenaglia dal Nord. Nel 1978 un gruppo filosovietico ha preso il potere in Afghanistan. prontamente accettando I' «aiuto» offerto dai sovietici. Henry Kissinger. verso I~ fine del 1978, ha commentato: «E impossibile osservare ciò che è ac7
..... ,.. ■ IU■ ra.■ ... ■ ....... ., ff■ lliiiii ... ■ ■ ..... ,.. ■IU■ ra.■ ... ■ ....... ., ff■ lliiiii ... ■ ■ caduto nell'Afghanistan, a Aden. in Etiopia, in Angola, immaginare una linea che colleghi questi vari Paesi. e non giungere a certe conclusioni geopolitiche». Una tale linea passa direttamente attraverso l'Arabia saudita. l'Iran. gli Emirati arabi uniti. gli Stretti di Hormuz. il canale strategico attraverso cui passa un terzo del petrolio del mondo. 18 milioni di barili ogni giorno. 750.000 barili ogni ora. La caduta dello scià ha rappresentato un evento straordinariamente minaccioso per le altre monarchie del Golfo. come pure per i Paesi dell'Occidente industriale. Tutte le forze che un forte Iran teneva in scacco sono ora libere di spingersi in avanti senza freni. L'intera area è confusa e agitata. La guerriglia di ispirazione marxista che ha le sue basi nello Yemen del Sud - in effetti. la Cuba della penisola arabica - si propone di riprendere gli sforzi per abbattere il sovrano del vicino Oman. L'Oman ancora controlla ciò che. in termini geopolitici. è uno dei territori più preziosi del mondo. la coda della penisola di Ras Musandam. che forma la sponda meridionale dégli Stretti di Hormuz. L'Afghanistan non è più impedito da un forte esercito iraniano e può riprendere le vecchie dispute territoriali con il Pakistan. dopo avere nel passato appoggiato i movimenti separatisti di due regioni. il Pushtunistan e il Baluchistan. Con il Pakistan ince,10 dell'appoggio occidentale. l'Afghanistan. con l'aiuto sovietico. può riuscire a separare parti del Pakistan dal controllo del governo centrale. Una repubblica popolare del Baluchistan darebbe ai sovietici. attraverso l'Afghanistan, finalmente l'accesso ai porti dello Oceano Indiano. da cui potrebbero controllare gli Stretti di Hormuz. Questo sarebbe un passo decisivo del movimento settentrionale della tenaglia sovietica verso gli Stretti. Ma c'è di più. Israele è minacciata da una possibile alleanza tra Siria e Iraq. Quest'ultimo possiede attualmente la maggiore potenza militare nell'area del Golfo, una forza schiacciante in puri termini militari. L'Iraq dispone di quattro divisioni corazzate e di 8 RICHARD NIXON E HENRY KISSJNGER due divisioni meccanizzate fo11i di più di 3.000 carri e altri mezzi di combattimento corazzati di fabbricazione francese e sovietica. oltre a quattro divisioni di fanteria. Anche senza nessun ulteriore appoggio sovietico. l'Iraq potrebbe raggiungere impunemente qualunque punto della regione: la grande maggioranza dei giacimenti di petrolio nel Golfo Persico distano poche centinaia di miglia <lalla frontiera ira<.:hena, nell'Iran. nel Kuweit. nel1' Arabia saudita, negli Emirati arabi. Ricchezza e debolezza sono la caratteristica dei Paesi del Golfo. Le loro ricchezze e la loro vulnerabilità li rendono doppiamente appetibili per l'Unione sovietica. Nel prossimo futuro, i sovietici potrebbero aver bisogno del petrolio del Golfo. parallelamente a una caduta nella produzione interna. Quei territori inoltre hanno un'addizionale importanza strategica che può essere fatta contare, in modo decisivo. contro l'Occidente. Mai come ora la regione del Golfo Persico è stata cosi vitale per il futuro del mondo; mai come ora le nazioni del Golfo sono state così vulnerabili di fronte all'attacco di una potenza aggressiva che cerca di imporre al mondo la propria volontà. Uno dopo l'altro i Paesi del Golfo e del mondo islamico sono caduti nelle mani di forze rivoluzionarie che, per un verso o per l'altro, sono ami-occidentali quando non attivamente filosovietiche. L' estrema incertezza nella politica mediorientale ha reso contemporaneamente la regione più attraente per gli avventurieri e più vulnerabile ai tentativi di rovesciamento dei suoi regimi. Se i sovietici riescono a conquistare un effettivo controllo del Golfo Persico. la sopravvivenza dell'Europa e del Giappone dipenderà dalla clemenza dei russi: ma la clemenza non è, dei sovietici. una delle più spiccate virtù. (I continua) 29 APRILE /980
DISSENSO Parole e potere f uuus TOMIN, PROFESSORE 01 fi/~sojìa classica, è stato escluso dal sistema universitario ufficiale pur non avendo mai avuto parte diretta in questioni politiche. Qualche giomofa è stato infine arrestato per collegamenti col gruppo di Charta 77 nel quale milita la moglie, a coronamento di una elaborata azione repressiua scatenata contro l'Università Patocka o «Università parallela• della quale Tomin fu fra i primi promotori. Questo suo scritto, fauo pervenire in Occidente, va oltre la testimonianza: suscita echi inquietanti, che non possono lasciare irriflessivi. Venerdì 2 novembre 1979 la polizia segreta fermava a Praga dodici persone con la motivazione formale di contravvenzione all'articolo 7, paragrafo I, del Codice penale. che prevede appunto il fermo immediato per chiunque sia sospettato di preparare azioni terroristiche. «Si è accertato - cito letteralmente dal mandato di perquisizione - che il 28 ottobre 1979(30' anniversario della fondazione della repubblica) una persona rimasta sconosciuta inviò una lettera anonima che dichiarava l'intenzione di danneggiare il sistema statale e sociale socialista con la distruzione di un importante obiettivo nella capitale e/o l'assassinio del presidente della Repubblica•. • «Data la necessità di chiarire tutte le circostanze del caso• -Sempre con le parole del mandato - «materiale e indizi importanti connessi con la preparazione del crimine» furono confiscati nel corso della perquisizione. Vale a dire ad esempio: le fotografie del matrimonio di uno dei fermati, fotografie del defunto presidente Svoboda o dell'attuale presidente Hùsak, dattiloscritti di un dibattito sullo strutturalismo tra Lévi-Strauss, Belour e Ruwet, lettere al procuratore generale, materiali di Charta 77 e del VONS (Comitato di difesa dei perseguiti ingiustamente), fotografie dei dieci membri arrestati del VONS, e altro. «Come ha ottenuto il materiale che abbiamo rinvenuto?•, «Confessi il nome di chi glielo ha procurato!», •Sappiamo tutto sui suoi contatti col VONS ... Vogliamo idettagli!»: questo fu il tono e la sostanza degli interrogatori ai fermati. A chi aveva partecipato al corso non ufficiale di fisolofia si chiese se il corso non discutesse piutIL LEVIATANO tosto «l'aspetto teorico del problema del terrorismo•. Era casa mia la sede consueta di questo corso. Ora ciò è divenuto impossibile e ci riuniamo nell'appartamento di Ivan Dejmal, trattenuto come tutti gli altri quale «sospetto di attività terroristiche». Vi fu chi gli assicurò nel corso degli interrogatori che la polizia avrebbe interrotto le riunioni •con la massima pubblicità, perché tutti i vicini capissero che razza di ciarlatano, altro che filosofo, abitava sotto il loro stesso tetto•. Non fui fra gli accusati, né desidero dilungarmi su cosa significhi essere detenuti qui sotto l'accusa di «attività terroristiche». Anni di frustrazione di tutti i tentativi per dare alle nostre istituzioni, legali giuridiche e governative un indirizzo aperto e democratico hanno eroso la fiducia che in essi si riponeva per forzare polizia e magistratura al rispetto e all'applicazione della legge. Dopo quarantott'ore di permanenza nelle celle della Centrale di Polizia, i fermati furono condotti nella prigione di Ruzyne, rasati a zero e di là infine rilasciati. Ma non voglio neppure speculare su quanto costi in tennini di dignità umana il taglio forzato dei capelli, né dipingere quale futuro attende questo paese se la maggioranza dei cittadini giungesse alla conclusione che ogni tentativo di resistere all'arbitrio degli apparati di sicurezza non potrebbe che condurre al consolidamento dell'escalation della repressione. Quanto voglio discutere è un altro aspetto dell'intera faccenda: la manipolazione arbitraria dei concetti. Qui l'arbitrario trattamento dei concetti va di pari passo con l'arbitrario trattamento della realtà, anzitutto quella umana. Le relazioni tra concetti e realtà, tra il divenire dei concetti e della realtà, sono il soggetto di molti trattati specialistici. Ho studiato letteratura greca classica e fu così che toccò a Tucidide di iniziarmi a questo problema. Nella sua Guerra del Peloponneso egli analizza le rivoluzioni che sconvolsero le comunità greche durante la guerra. «Le rivoluzioni», scrive, «hanno sempre arrecato grandi sofferenze alle comunità. Così fu sempre e così sarà fin quando la natura umana rimarrà immutata. Le rivoluzioni infiammano le comunità e là dove accadde di fame esperienza più tardiva, dove la gente non fu testimone diretta dei precedenti storici, gli eccessi divennero corrispondentemente maggiori, le idee più radicali, le azioni più insidiose e le forme di ritorsione più sofisticate. Le relazioni riconosciute e sperimentate tra parole e azioni mutarono. Incaute bravate cominciarono a essere prese per atti coraggiosi di amici e alleati. Prudenza e circospezione si cominciarono a definire il volto accettabile della codardia, la moderazione responsabile e l'autocontrollo ne furono additate come la maschera. L'abilità nel considerare tutte le sfaccettature di una situazione fu giudicata impotenza all'azione». Ho già fatto cenno dell'uso arbitrario della parola •terrore• e dei suoi derivati. li termine viene dal latino e connota paura, orrore, allarme e panico. L'apparato preposto alla •sicurezza,. lancia contro i nostri giovani l'accusa di «terrorismo»col fineprecisodi evocareterroree costernazionein loro stessi,nei loro parentie amici e in chi ne avrà notizia. Abbiamo qui un ribaltamento dell'ordinaria relazione tra 9
parole e azione, sicché, come Tucidide, ho anch'io ragione di supporre che il fallo sia rivelatore di qualcosa di fondamentale sulla nostra società. Darò qualche altro esempio, traendolo stavolta dalla mia personale esperienza. Anziché la parola •terrore• sarà ora il caso della parola •fascismo». Non fu per mia decisione che mi venne interdetta l'appartenenza alle istituzioni accademiche di questo Stato. Non sentii mai il bisogno di rifiutare un posto in università o all'Accademia delle Scienze, anzi: una volta laureato, chiesi di svolgere il lavoro cui ero stato abilitato; nulla però mi fu risposto, sicché mi impiegai come operaio in una centrale elettrica. Da allora ogni mio tentativo di stabilire una qualche forma di cooperazione accademica fu sistematicamente respinto: le nostre colte istituzioni non si spre• cano a parlare con gli operai. Quando anni più tardi la Fondazione Friedrich-Ebert, nella Germania orientale, mi comunicò l'assegnazione di una borsa di studio perché conti• nuassi le mie ricerche, la mia prima preoccupazione fu di recarmi all'Isti• tuto di filosofia e sociologia per informarne il direllore: la borsa di studio prevedeva che lavorassi in patria e non all'estero e poiché desideravo fare il miglior uso possibile del tempo offertomi ogni aiuto da parte dell'Istituto sarebbe stato pertanto il benvenuto e via dicendo. Il direttore scallò: •Su quali basi le è stata assegnata la borsa?•. •Non lo so - risposi - Forse per la mia produzione accademica•; e lui: •È una provocazione! 1 tedeschi non hanno discusso della borsa con noi, avrebbero dovuto interpellarci, non hanno rispellato gli accordi!•. E alle mie obiezioni: •È una provocazione fascista,,.. Non era la prima volta che mi imballevo in questa etichella di •fascista•. e non so se il fatto sia da considerarsi puramente accidentale o non piullosto il risultato di un'istruzione di partito. Recentemente fui convocato dal direttore della scuola di apprendistato frequentata da mio figlio maggiore. che mi invitò a firmare l'atto di ritiro dalla frequenza. Vi si pretendeva che Lukas rifiutava di svolgere il lavoro assegnatogli, minando il morale dei compagni. Rifiutai e il direnore andò su tulle le furie. •Lei è un ingrato - mi gridò-. •Si è forse scordato che suo figlio è stato rifiutato dovunque? Solo noi ci siamo presi cura di lui e avrebbe potuto imboccare una strada diversa da quella del padre. Avremmo potuto ammellerlo alla frequenza serale di un corso di livello superiore ... È forse lei a istigarlo? Quando lo inviammo con le brigate di lavoro volontario si rifiutò di lavorare oltre le olio ore, affermando che la cosa contravveniva alla legge sul lavoro giovanile. Come potrebbe un ragazzo di sedici anni uscirseneconcosesimilidi suainizia• tiva?• Risposi che ero a conoscenza del fatto e che non potevo non essere d'accordo con mio figlio. Avevo ed ho infalli ragione di ritenere che più che di apprendistato si possa parlare in questo caso di un vero e proprio abuso del lavoro giovanile. Chiesi la testimonianza di qualche altro apprendista della scuola. • È lei a voler interrogare me? - urlò il direnore - Lei allora è un leader di Charta 77! Un fascista! Un uomo della Gestapo!• L ·uso delle parole non si può pren• dere alla leggera. Non sono •mere parole•. Parole come terrore o fascista, come istrui.ioni nemiche o sovver• sione della repubblica danno modo ai servizi di sicurezza e ai tribunali di alluare qualsiasi forma di repressione contro chi sta cercando di vivere liberamente in questo paese. È interessante registrare la variazione nell'uso e quindi nel significato di parole cosi caralleristiche del nostro tempo, non solo nei casi nei quali il potere dello Stato usa le parole contro i cittadini, ma anche quando esso descrive se stesso. Sicurezza è parola I JULIUS TOM/N che descrive la situazione nella quale un essere umano si sente sicuro e libero da pericoli. Nel corso della storia gli esseri umani si sono sentiti minacciati dal potere dello Stato e hanno sognato nuove forme di comunità che garantissero sicurezza e felicità. Già le prime teorie socialiste sostenevano che la società umana può divenire una comunità di esseri liberi, in grado di vivere pienamente.solocon l'elimina• zione dello Stato. Soltanto quando viene abolito il potere dello Stato si possono assicurare le condizioni per rindisturbata evoluzione detruomo e delle sue facoltà: il fine ultimo del comunismo. Quando anche nel nostro paese si ritenne necessario,dopo i mutamenti rivoluzionari. muovere i primi passi verso la meta del marxismo-leninismo, l'eliminazione dello Stato. si trasformarono le forze di polizia nei Corpi di sicurezza nazionale. Di fronte alla mutala strullura del potere i cittadini avrebbero dovuto sentirsi sicuri e protelli; e invece oggi ogni qual volta esco di casa mi trovo a scontrarmi con la «sicurezza». Quallro mesi fa alcuni agenti dei Corpi di sicurezza nazionale traspor• tarono tavolo e sedia al terzo piano del mio caseggiato, esallamente di fronte alla porta d'ingresso del mio appartamento e contro la nostra volontà essi vi trascorrono da allora ventiquallr'ore al giorno in turni di quallro ore. Sebbene non entrino mai nel nostro appartamento. con la loro presenza fuori della porta tulio è cambiato all'interno. Se comincio a giocare con mio figlio Mark, di dieci anni, è solo perché dimentico per un istante la presenza degli uomini della Sicurezza, ma nel momento in cui ricordo che essi sono lì fuori e che possono udire ogni nostra parola, mi blocco e azzillisco. Quando mia mog.liee io cominciamoa convcr• sare, inevitabilmente emerge la coscienza di essere uditi e le nostre parole suonano artificiali, trasformandoci in allori involontari di fronte a un pubblico indesiderato. La possibilità di essere soli runo con l'altra, essere quindi noi stessi, è svanita per sempre. Ogni stanza, ogni mobile, ogni oggello della casa ha acquistato un'aria di estraneità. La «sicurezza» penetrata nelle no-- stre vite non è solo un'irritazione superficiale: è un'infezione che minaccia alle basi la ricerca del mio posto nel mondo. Tenterò di spiegarlo. Fu Platone a proporre all'umanità la figura del filosofo che regge le sorti dello Stato. Il potere non guidato dalla conoscenza è cieco e distrullivo e non può essere di reale utilità che a chi comprenda appieno il valore di una vita virtuosa. Altrimenti esso distruggerà la società che ne è rella, distruggerà coloro che sono più vicini a chi lo detiene e soprattullo distruggerà l'uomo di potere stesso. Solo la conoscenza del bene e della verità consente di ricondurre il potere entro i limiti che gli 29 APRILE 1980
~~---~119■ .... ii lliiiiii~ ii competono, mutandolo da forza distrulliva in strumento allo a forgiare una società ben ordinala e a creare i presupposti perché si giunga a una vita virtuosa e felice. Pur vedendo l'uno la realtà nell'immutabile e ideale, l'altro nello storico e nel materiale, platonismo e marxismo presentano di fallo qualcosa in comune. Marx aveva intuito che la società capitalistica creata dal libero gioco delle forze economiche reca in sé i germi della propria distruzione. La produzione di beni, che dovrebbe esclusivamente soddisfare i bisogni dell'esistenza materiale è diventata invece un fine in se stessa e l'uomo il mezzo per la creazione di un valore astrailo: il capitale. È necessario mutare il mondo radicalmente e la chiave per un tale rivoluzionario sovvertimento è una vera teoria della realtà e delle sue dinamiche. Il marxismo individua nel proletariato la forza motrice della rivoluzione e ne sposa le sorti. Dopo la rivoluzione, il marxismo provvede a legillimare i più evoluti rappresentanti del proletariato viuorioso per governare la società esauamente come, nello Stato ideale di Platone, il possesso della corretta visione del mondo, della correua teoria. conferisce l'autorità a coloro che stileranno le leggi ed eserciteranno il potere. Nel marxismo la corrella visione del mondo viene però a coincidere con la visione materialista e scientifica del mondo; dalla lieve ·concordanza formale dovremmo forse concludere che il suo possesso basta a dare dirillo al potere? Nondimeno. come dalla sua Repubblica Platone ritenne necessaria la esclusione degli artisti. dei trafficanti in generi volulluari. dei diffusori di miti inaccellabili. così, per realizzare la visione di Marx di un comunismo che fosse liberazione di tulle le forze creative, apparve altrettanto necessario che l'avanguardia riconosciuta dalla classe operaia, investita del potere, escludesse da ogni partecipazione al governo tulli coloro che per la loro origin..: di classe fossero inqualificati a guidare la società. Pericolosi apparvero anzilullo e soprallullo coloro che .sostenitori del marxismo a parole. erano in realtà impegnati nella sua revisione e diluizione con elementi e'\trnnei spuri. e quindi fautori di divisione. Ogni nuova. e spontanea forma di espressione culturale. che nasce come foggia di vestire e di portare acconciati i capelli per produrre frulli nella poesia, la musica. la danza. la pittura e le arti plastiche, non poteva che nuocere in sommo grado - lo si capì ben presto - nel lungo viaggio del popolo al comunismo. Ora non è così facile riconoscereun vero marxista: era quindi indispensabile trovare un criterio semplice, acIL LEVIATANO cessibile e pratico. Nel tentativo di Marx di elaborare una teoria tale da rendere l'uomo capace di trasformare il mondo e di creare condizioni per il proprio pieno sviluppo personale e nella collettività in una trama di liberi rapporti interpersonali, la distruzione di ogni forma di idealismo ebbe un ruolo centrale. Il compito cruciale fu quello di smascherare la reale natura della religione - •Oppio dei popolo• - che inculcò per secoli passività e rassegnazione di fronte alla povertà. la repressione. l"illegalità. lo sfruttamento e la schiavitù. La fede di Dio, la credenza nella vita dopo la morte, tulio il fardello dell'idealismo divennero temi sui quali chiunque poteva essere esaminato e inquisito da chiunque. Era possibile vedere con i propri occhi chi insisteva nel recarsi in chiesa. controllare con le proprie orecchie, fra i vicini. gli amici. nella propria stessa famiglia. se chi aveva smesso aveva davvero abiurato le sue fuorvianti credenze e i suoi pregiudizi per convertirsi pienamente alla visione scientifica e materialistica del mondo. Il problema del buon governo è oggi pressante, ma non è dalla filosofia che ne chiedo la soluzione. né tantomeno le credenziali per la gestione del potere, e la conseguente diffusione di alcuna •nobile menzogna• platonica. Nella filosofia vedo soltanto la possibilità di vivere liberi, dove non intendo parlare di libertà assoluta. ma libertà nell'accordo con le leggi. Vorrei che ciascuno potesse parlare come pensa e agire come sente giusto. vorrei che ciascuno potesse assumersi la responsabilità delle proprie azioni senza doverle mascherare, senza dover inventare e produrre di fronte al potere un altro personaggio. un'altra faccia o un 'altra moralità. Non è possibile farlo impunemente, senza mettere a serio repentaglio la propria unità interna. Non si può «mentire,. faccia a faccia col potere - pure se •non ti lasciano nulla di meglio» - senza che ciò si traduca in un reale, intimo danno. La filosofia come base di una vita libera pone al potere statale il problema di come si governi un popolo libero. Con Charta 77 questo dilemma si è articolato a comprendere l'intera società. divenendo esorbitante per le presenti capacità di risoluzione del potere in questo Staio. Per superare le difficoltà. il potere dovrebbe assoggellarsi a un"interiore metamorfosi, ma da essa in realtà rifugge. ostentando anzi con spavalderia sempre maggiore il suo apparato repressivo. Si economizza sui medicinali. sul vestiario destinato ai bambini e sulle pensioni. ma quando si traila di stroncare sul nascere ogni tentativo di vivere e agire in relativa libenà. non si risparmiano né spesa né sforzo. Quando non riesce di distruggere l'integrità del singolo con le limitazioni esterne. si allenta ad essa dall'interno. La Sicurezza fuori dalla porta di casa non è soltanto una limitazione esteriore della libertà contro la quale si ha successo nell'erigere una baniera di libertà interiore. La Sicurezza che controlla tulli i visitatori opera un'intrusione sistematica nelle nostre relazioni con gli altri, di fallo nei recessi più intimi delle nostre vite. In una tale situazione è possibile continuare nella ricerca di una filosofia che dia la forza per vivere liberamente in questa società? Ogni nostra libera parola, ogni passo che muoveremo liberamente, sarà un invito rivolto a tutti per una vita libern. con tulle le implicazioni che il rifiuto di un tale invito comporta per ciascuno di noi. Ma è possibile nelle condizioni a11uali intrallenere rapporti interpersonali responsabili che siano al tempo stesso di reciproco invito a un ·esistenza più libe~? ( ... ) 11
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==