Il Leviatano - anno II - n. 14 - 22 aprile 1980

dola finché non sia guarita. Quantomeno per un motivo molto semplice: che la Fiat si è ammalata non per i rigori della concorrenza, ma proprio per gli stravizi concessi dalla protezione dalla concorrenza giapponese a managers, sindacati e forze politiche che nella Fiat e intorno alla Fiat lavorano operano e decidono. La Fiat, tino a<lura, ha ottenuto che le importazioni di auto giapponesi in Italia non superassero le 2000 vetture alranno, ricorrendo alla clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 115 del trattato istitutivo della CEE. OPERAI DELLA NISSAN Ciò ha permesso a tutti (a cominciare dal PCI, non solo alla Fiat) di rinviare per anni un problema che ora è drammaticamente alle porte. Per questo è lecito chiedersi: chi ci garantisce, chi garantisce, soprattutto, il consumatore costretto a comprare auto· più care di quelle disponibili su altri mercati, che il metodo dei piani di settore, delle «conferenze di produzione», dei mille favori ed esenzioni concessi a un'industria in nome della sua «centralità» sia la soluzione di un problema che questo stesso metodo ha contribuito a creare? IL LEVIATANO Punti di vista. si può dire. Oppure: «Potenza della Fiat», con le parole del suo amministratore delegato, Cesare Romiti che così laconicamente rispose a un giornalista dell'Espresso che qualche anno fa chiedeva chiarimenti sulla storia delle 2000 vetture ali 'anno. Comunque, potenza o meno della Fiat (o miopia di chi queste cose concesse per tanti anni) in tutta la faccenda dell'accordo Alfa/Nissan resta un aspetto sicuramente problematico, e importante per l'economia italiana. Si tratta dell'assetto proprietario dell'Alfa Romeo, della sua mai chiarita indipendenza dal potere politico, del suo operare sul mercato italiano, della «trasparenza» insomma della concorrenza che ora verrebbe a fare alla Fiat. Non avrebbe senso, infatti, far tanti discorsi sulla concorrenza quando poi uno dei partecipanti al gioco può permettersi di tutto. Non si può fare i liberisti a metà. Se l'Alfa e i suoi dirigenti hanno deciso di fare sul serio, dall'esterno bisogna cominciare a fare sul serio con l'Alfa. L·Alfa, insomma, deve assumersi totalmente i rischi di questajoint venture. deve essere costretta a trovarsi i capitali al prezzo e alle condizioni vigenti per tutti gli altri; il potere politico deve chiarire quali sono i limiti della sua ingerenza nelle scelte aziendali, perché questa non sia causa prima e giustificazione poi di cattivi risultati di gestione; i sindacati e i partiti devono permettere che il vantaggio nei costi ottenuto importando dal Giappone l'acciaio stampato con cui saranno fatte le scocche della Cherry possa essere raggiunto anche dalla Fiat, anche se ciò aggraverà la crisi di un altro settore italiano, quello siderurgico. Si traila di questioni solo apparentemente settoriali, che riguardano le regole del gioco e l'assetto istituzionale entro cui deve muoversi l'economia italiana. Un chiarimento su questo sarebbe molto più importante di tanti di- . scorsi su mercati, settori, produzioni destinati, nel giro di pochi mesi, a perdere interesse e utilità politica. Silvio Bencini ■.a..-r-.-...■ ... ii .. "' ... VALERIO ZANONE ' • o Llf!/LAB Il gioco perverso del bipartitismo QuANTO DURERÀ Il «COSSIga secondo»? Nessuno può dirlo, perché in realtà nella struttura e nella maggioranza di questo governo coabitano elementi contraddittori. C'è certamente la volontà di una parte della DC e di buona parte del PSI di farlo durare, ma negli stessi due partiti non sono da sottovalutare le forze che aspettano l'occasione buona per farlo cadere. Piccoli e Craxi lo considerano il loro capolavoro ai fini interni di partito, ma sanno benissimo che la navigazione non sarà tranquilla. Ci sono appuntamenti che neppure l'abilità manovriera di Cossiga potrà evitare. Ma lasciamo stare per un momento le fasi contingenti della situazione politica e cerchiamo invece di dare uno sguardo oltre il ponte del «Cossiga secondo». Indubbiamente la situazione italiana è così intricata, e per 5

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