Il Leviatano - anno II - n. 14 - 22 aprile 1980

... ..-r .... ■ - ■ .. ..-r .... ■ ... ■ .. "' ... - ... ■ .. "' ... - ALFA/N/SSAN Protezionismo di corte vedute A PORTARE UN PO' DI CHIArezza, in questo italianissimo dibattito sull'opportunità o meno di concludere l'accordo fra Alfa e Nissan, è stato il commissario della CEE per la politica industriale, Etienne Davignon. Senza troppi giri di parole. Davignon ha affermato che la Commisione non ha alcuna intenzione di condurre una politica difensiva, protezionistica del settore auto a livello europeo. L'auto è un settore in sviluppo, non in declino, e lo stimolo della concorrenza dei produttori extraeuropei non può che giovare alla sua razionalizzazione. Davignon ha detto queste cose in occasione di una smentita ufficiale di voci circolate fra i maggiori produttori europei di automobili, voci secondo le quali la CEE avrebbe annunciato ai produttori italiani la sua disponibilità a una azione di difesa del settore, e dunque a «coprire• politicamente il veto all'accordo Alfa/ Nissan. Il fatto che a livello europeo la prospettiva dell'invasione giapponese venga vista con questa «serena aggressività• è importante per almeno due motivi. Primo, perché seguendo la via del protezionismo l'Italia sarebbe politicamente sola, in un settore, quello delle lotte commerciali, al cui tavolo delle trattative la fedina bisogna sempre averla pulita. Secondo, perché l'Italia sarebbe economicamente sola e il pericolo allontanato dalla porta si riaffaccerebbe alla finestra. La Nissan, infatti, come altre case americane e giapponesi, ha già concluso (in Spagna per il settore degli autocarri) o si appresta a concludere accordi simili a quello con l'Alfa Romeo in altri paesi membri della CEE, da dove le esportazioni verso l'Italia non potrebbero essere impedite (a meno ...... ~ ... .. ii .. "' .. che tanti paladini del libero scambio non scoprano, all'improvviso, che la comunità europea è una cosa da buttar via). · Dunque, teniamolo ben presente: che si concluda o no raccordo Alfa/Nissan, un'invasione di auto giapponesi, prima o poi, ci sarà comunque. Giustamente, perciò, la commissione incaricata dal ministro del bilancio di studiare le condizioni e le prospettive dell'industria automobilitistica italiana non ha accennato all'accordo in discussione, ma ha denunciato con molta chiarezza le ragioni di fondo del declino del settore in Italia. Alcune sono comuni ad altre industrie: caduta di produttività, scoordinato e carente intervento pubblico nella ricerca e nello sviluppo di nuovi modelli e nuove tecnologie. Altre riguardano in particolar modo il settore auto: errori nella politica di prodotto, che hanno condotto alla attuale carenza di modelli nuovi e competitivi con quelli della concorrenza (auto a basso consumo, da produrre in quantità enormi in tutto il mondo e da vendere a prezzi stracciati, ma che per essere pensate, progettate e realizzate richiedono anni di lavoro e centinaia di miliardi di investimenti); alti costi dei componenti, che all'estero vengono prodotti su larghissima scala per imprese diverse da poche aziende. Ora, tutti questi problemi non si risolvono mettendo l'industria italiana «in mutua• e proteggen22 APRILE 1980

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