Il Leviatano - anno II - n. 14 - 22 aprile 1980

dubitare che il processo di maturazione democratica che nel dopoguerra ha pur conosciuto l'opinione pubblica, il legame culturale, economico, politico, che lega l'Italia all'Europa, il diffondersi dei valori e dei costumi delle società più sviluppate dell'Occidente non produrrebbero alla lunga comportamenti politici ed elettorali simili a quelli europei e americani solo che un punto di riferimento, un polo di aggregazione reale e credibile cominciasse a mostrarsi? E, d'altra parte, il delinearsi di una consistente aggregazione di questo tipo non spingerebbe la DC a quel rinnovamento che l'esercizio incontrastato del potere impedisce? E non sarebbe questo a determinare, finalmente, il compimento di quel processo di revisione che il PCI sempre preannuncia e mai porta fino in fondo? Di qui nasce l'esigenza, che il nostro giornale porta avanti fin dal primo numero, di avviare un processo di unità e insieme di rinnovamento della cultura politica dell'area laico-socialista. Di unità, nella ricerca dei punti di contatto, nella individuazione di programmi riformatori comuni ai partiti dell'area, anziché di puntigliosa sottolineatura di divergenze spesso pretestuose. Di rinnovamento, nell'aprirsi alla cultura liberaldemocratica e socialdemocratica dei Paesi più sviluppati, nel superamento del provincialismo di buona parte della nostra classe politica, incapace di cogliere la dimensione sovranazionale dei problemi del Paese e restia ad apprendere da chi ci ha preceduto le possibili soluzioni. l'area laico-socialista rende tutto questo pm difficile di quanto non potesse apparire qualche mese fa. Non solo rimangono nell'area divergenze profonde nella prospettiva strategica, ostilità a un ravvicinamento, pesanti condizionamenti quando non vero e proprio servilismo verso i partiti più forti; quand'anche tutto questo non vi fosse. ragioni, se non altro, di concorrenza elettorale tendono ad approfondire, anziché a colmare, i solchi che dividono l'area laico-socialista. Né riteniamo che il nostro appello unitario debba precluderci una critica severa nei confronti di chi esplicitamente alla prospettiva unitaria si oppone, come il segretario repubblicano, o un apprezzamento per chi invece a questa prospettiva sembra credere, come i segretari del PSDI e del PLI. Ma né l'esistenza di divergenze e di concorrenze, né la libertà della critica, che ci riserviamo, ci consigliano di abbandonare la prospettiva che ci siamo fissati: quella dell'unità. La formazione di un governo che divide Anzi, riteniamo che sia giunto il momento di fare un passo in avanti. Di superare gli appelli alla concordia attraverso un tentativo di verifica, nel concreto, su questioni politicamente significative e rilevanti, della possibilità di delineare un programma comune per l'area laicosocialista. A questo confronto invitiamo gli amici che ci hanno seguito finora, per questa discussione apriamo le pagine del «Leviatano» ai contributi di quanti vorranno partecipare, nella convinzione che ciò che unisce finirà per prevalere su ciò che divide. LETTERE «Il Leviatano» nel Palazzo Caro direttore. I seguiamo il Leviatano fin dalla sua prima comparsa è ci è sembrato opportuno, dopo questi suoi primi mesi di vita, valutarne insieme sviluppi e prospettive future. Anzitutto le critiche: l'elaborazione più propriamente teorica, condotta indubbiamente da autorevoli e significativi esponenti del pensiero liberaldemocratico, pare portarsi dietro un non so che di antico, di obsoleto, quasi dimenticando che liberali e socialdemocratici siRniJìcano 01uii la parte trainante dei paesi industrializzati, e non soltanto testi, documenti, · proposizioni politiche «togate•, che paiono appartenere più al passato remoto della storia che proiettate nel futuro dei nostri tempi. Certamente lo sviluppo del pensiero politico dall'Ottocento ad oggi va tenuto a fuoco e abbeverarsi costantemente alle fonti IL LEVIATANO dà vigore al/' intervento nella quotidianità. Oggi però la realtà politica e sociale, tanto interna ai singoli stati che sovranazionale si è sfaccettata. raggiungendo una complessità strutturale ignota alle analisi anche le più acute e illuminate del passato. Gli interpreti dei classici che calcano la scena politica odierna, i vari Ola/ Palme, Willy Brandi, Pierre Trudeau, sono costretti a recitare in cerro qual modo a soggetto sul canovaccio proposto loro dal costante divenire della situazione internazionale, spesso vivendo contraddizioni fra prassi e teoria, alla ricerca della battuta adeguata: nella realtà odierna liberal- e socia/democrazia, più. che rigida deduzione da astratti principi sono coerente estrapolazione, empiricamente condotta, di linee di pensiero. Nelle pagine del Leviatano questo continuo ricercare, così dinamico rispetto a una realtà come quella politica italiana, è raramente ospitato. Si indugia spesso.forse a causa del/' esiguità dello spazio, a considerare la dialettica politica come dialettica fra segreterie, concentrando l'attenzione nelle azioni e reazioni tattiche. senza scavllre oltre es.H~ per ri/e,;are linee strategiche generali. E inoltre non ci pare da sottovalutare il tentativo che la rivista dovrebbe intraprendere per individuare come e quando nasca di fatto fuori dal Palazzo la realtà politica e ideale, per quanto ci interessa la stessa effettiva possibilità di una ag- ,?reRat.ione laico-democratica convinta del valore del/' assunzione individua/e di re.<pon.whilitti. Ciò presuppone un addolcimento del tono da addetto ai lavori, del taglio specialistico, per allargare le tematiche affrontate e discusse. Se è vero, come si deduce dal contenuto della rivista, che è falsa e artificiosa la dicotomia tanto cara alla nuova sinistra fra pubblico e privato. la scarsa considerazione riservata ad argomemi quali la scienza, l'educazione (senza volontaristiche utopie di uomo nuovo). le sfere creative ed espressive de//"attività umana. la nuova morale (empirica) che emer!Je tumultuosamente fra tecnologia e sogno, e che il pesante coperchio di luoghi comuni, orchestrati o tollerati che siano, non riesce a comprimere. si,tnifìca la rinuncia a un intervento tanto pili fecondo in quanto meno monocorde. Alzando troppo il tiro ci si spara in testa. È naturalmente, ne siamo certi, una questione di spazio. Perché il Leviatano «è fatto per non avere paura». Silvia Pastini e altri, Genova 3

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