Il Leviatano - anno II - n. 14 - 22 aprile 1980

o BUSINESS Il cappio tecnologico Fu LENIN AD AFFERMARE che sarebbe stato lo stesso sistema capitalistico, nella logica della economia di mercato, a fornire, o meglio a vendere, al blocco comunista la corda per impiccarlo. In toni non ceno autoironici, la battuta è stata rispolverata recentemente in una seduta del Senato degli Stati Uniti dedicata al problema, sempre più pressante, posto dalla vendita, diretta e indiretta, ai sovietici di tecnologia di produzione occidentale e giapponese. Non è una novità: in Unione Sovietica, pur in presenza di una ricerca matematico-scientifica che tiene il passo di quella occidentale, non si sono mai destinate risorse all'affinamento tecnologico. Mobilitare in tal senso l'apparato produttivo si rivela di fatto incompatibile con un sistema economico rigidamente centralizzato e una scelta economica più liberale avrebbe senz'altro indebolito l'efficacia del controllo politico che il panito comunista esercita capillarmente sulla società sovietica. Parve quindi sempre più facile, e più sicuro, ai dirigenti sovietici acquistare tecnologia dall'Occidente, evitando da un lato di incriminare la monolitica organizzazione sociale e produttiva nazionale e sfruttando dall'altro i crediti occidentali per alleggerire il peso sul settore civile, riservandosi così di concentrare sforzi e risorse sul potenziamento della loro macchina bellica. Questa almeno è la spiegazione corrente dell'arretratezza tecnologica sovietica. Sta di fatto che negli ultimi anni i sovietici stanno pagando il prezzo di questa politica. li gap tecnologico fra Oriente e Occidente si è man mano ampliato e oggi i paesi del blocco comunista dipendono in modo· massiccio dalle imponazioni di tecnologia occidentale per la modernizzazione del loro apparato 10 produttivo. Circa 1'80%del polietilene sovietico, il 75% dei fenilizzanti chimici, il 40% del cemento, il 70% delle automobili e degli autocarri sono prodotti da impianti occidentali. Dal 1967 le esportazioni occidentali verso l'area comunista sono decuplicate e i paesi occidentali e il Giappone hanno firmato più di 2500 accordi commerciali con paesi del blocco sovietico per la fornitura di prodotti tecnologicamente avanzati (50%), macchinari sofisticati e centinaia e centinaia di impianti industriali •chiavi in mano». L'URSS ha acquistato oggi all'estero beni strumentali per dieci miliardi di dollari l'anno, destinandoli soprattutto al potenziamento dei settori dell'industria che più pesantemente dipendono dalle tecnologie avanzate. Dagli Stati Uniti l'URSS importa soprattutto prodotti chimici, computer, semiconduttori, macchine contabili, parti di automobili, cuscinetti a sfere, impianti per la ricerca la trivellazione e il pompaggio di petrolio e gas combustibili; dalla Germania occidentale apparecchiature fotografiche e strumenti ottici, cronografi, sincronizzatori e congegni a tempo in genere, locomotive diesel e macchine per l'edilizia; dal Giappone impianti per la produzione di acciaio, per la trivellazione di pozzi petroliferi, timer, congegni per il controllo automatico dei processi produttivi, televisioni, computer. apparecchiature elettroniche, semiconduttori e microconduttori. E non è ceno un caso che faccia parte della routine delle trattative di acquisto l'esame accurato da pane di tecnici militari delle tecnologie occidentali richieste, per esplorarne il potenziale uso strategico. Più volte imponazioni sovietiche destinate sulla cana ad usi civili, sono state dirottate a fini militari. Valga ad esempio il caso dell'acquisto di apparecchiature elettroniche per la navigazione strumentale da varie ditte statunitensi e giapponesi e che anziché essere destinate ad usi civili aiutano ora l'aviazione e la marina militare sovietica nell'individuazione dei sommergibili americani; o quello dei componenti elettronici di produzione giapponese convertiti per consentire la guida dei missili tramite i computer. O, ancora, il caso dei colossali impianti per la produzione di automezzi pesanti realizzati a Zii e nei pressi del fiume Kama con lo . acquisto di oltre 130 brevetti meccanici ed elettronici statunitensi e di informatica giapponese per più di tre miliardi di dollari. Destinata in sede di accordi al mercato interno la produzione si è però ben presto diversificata a comprendere mezzi d'assalto anfibi, lanciamissili, automezzi militari: gli stessi che corrono ora per le strade d'Afghanistan. Ma anche il problema di controllare le esponazioni dall'Occidente verso i paesi del blocco comunista non è affatto nuovo. Pur semisegreto e operante nell'ombra pressoché totale, fin dal 1949 esiste a tale scopo un'emanazione informale della NATO, il COCOM, un comitato di coordinamento cui aderisce anche il Giappone. All'indomani dell'invasione sovietica dell' Afghanistan, l'amministrazione Caner si affrettò a richiedere per un aggiornamento la lista dei prodotti «strategici» soggetti prima della esportazione verso l'area comunista alla preventiva approvazione del COCOM, e della quale la stessa amministrazione e i suoi alleati industrializzati avevano appena concluso Ja revisione triennale ordinaria. Ma gli Stati Uniti sono impotenti, per loro stessa ammissione, a frenare il flusso di tecnologia verso il blocco sovietico senza un convinto appoggio dei loro alleati. Sta di fatto che proprio dagli alleati industrializzati degli Stati Uniti tale flusso si è mantenuto costante spesso a spese delle industrie statunitensi che si sono visti offrire gli stessi lucrosissimi affari solo per scontrarsi con il veto governativo. Che citare Lenin cada a proposito lo dimostra ampiamente il fatto che in ogni occasione le autorità sovietiche non dimenticano di sottolineare quanto l'interscambio con i paesi del loro blocco, ottanta miliardi di dollari l'anno, sia estremamente conveniente alle economie dell'Europa occidentale. b.g. 22 APRILE /98()

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