conosciuto naturalmente gli alti e bassi della politica internazionale (in particolare durante la crisi cecoslovacca del 1968), creando continuamente apprensioni e timori tra i governanti di Belgrado, ma ha tuttavia resistito finora a tutte le difficoltà. La normalizzazione dei rapporti con Mosca, confermata nell'incontro del maggio scorso tra Tito e Brefoev, ne ha rappresentato la garanzia più efficace. Questo difficile equilibrio sta correndo proprio in queste settimane i più gravi pericoli. Le premesse sono state poste dalla politica espansionista ed aggressiva adottata dall'Unione Sovietica in Africa e in Asia in questi ultimi anni, politica che ha messo in crisi progressivamente la distensione tra i blocchi e, parallelamente, anche il movimento dei non allineati, sul quale la Jugoslavia ha impostato così gran parte della sua politica. L'assemblea dei non allineati tenuta l'anno scorso ali' Avana, che ha registrato l'offensiva dei Paesi legati all'Unione Sovietica (e di Cuba in primo luogo) per far passare la tesi secondo cui il movimento deve considerarsi «naturalmente• legato a quello dei «Paesi socialisti•, e la dura resistenza jugoslava a questa impostazione hanno messo in luce le difficoltà che Belgrado incontra nel far conservare al movimento il suo ruolo iniziale di equilibrio tra i blocchi. L'invasione vietnamita della Cambogia e la conseguente condanna jugoslava avevano già dato un'aspra conferma a questa nuova realtà. Questi ultimi mesi hanno improvvisamente aggravato questa tendenza e le conseguenti difficoltà jugoslave. L'invasione sovietica dell'Afghanistan e la contemporanea lunga ed estenuante agonia del Maresciallo Tito, simbolo e garante dell'indipendenza del Paese, hanno creato una somma di circostanze estremamente preoccupanti per la nuova dirigenza di Belgrado. Le continue riunioni della Presidenza jugoslava e le ripetute prove del funzionamento della •difesa totale•, che permette di mobilitare il Paese contro ogni possibi!e interferenza_ esterna, testimoniano drammaticamente le inquietudini dei successori di TiIL LEVIATANO to. In questi ultimi giorni la temperatura della vita politica jugoslava è di nuovo risalita per un'improvvisa ripresa delle polemiche con Mosca. Le agenzie di stampa sovietiche, seguite da quelle degli altri Paesi dell'Est, hanno ripreso con grande risalto degli articoli della stampa vietnamita nei quali veniva attaccata la condanna di Belgrado all'invasione della Cambogia e dell'Afghanistan come manifestazione dell'allineamento jugoslavo sulle posizioni dell'imTITO perialismo americano e cinese. Dalle agenzie di stampa e dagli attacchi per interposta persona, la polemica si è sviluppata rapidamente fino a mobilitare anche gli organi ufficiali (la •Pravda• da una parte e «Borba• dall'altra). Mosca ha duramente criticato il tentativo (poi rientrato) del ministro degli esteri jugoslavo di convocare a Belgrado una riunione dei non allineati per discutere l'invasione dell'Afghanistan, così come tutte le altre iniziative di Belgrado nell'ambito delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo Mosca segue con sospetto gli sviluppi dell'imminente accordo tra Belgrado e la CEE, che potrebbe spostare, secondo i dirigenti del Cremlino, l'asse dell'equilibrio politico jugoslavo. Personalizzando la polemica (oggi contro il ministro degli esteri, domani contro altri) Mosca cerca poi di rompere l'unità del gruppo impegnato a garantire il dopo-Tito, per individuare possibili punti d'appoggio per eventuali sviluppi futuri. Contemporaneamente proseguono le punture di spillo alle frontiere con la Bulgaria per la mai sepolta controversia sulla Macedonia e le riunioni dei diversi esponenti del Patto di Varsavia per rinforzare l'unità operativa del suo apparato militare e ridurre al silenzio la dissidenza romena. Tutti questi segnali vengono interpretati a Belgrado come indici di una politica offensiva della Unione Sovietica che non accenna affatto a interrompersi dopo il blitz di Kabul e di cui è ancora difficile prevedere gli sviluppi. Il primo obiettivo è certamente quello di bloccare le iniziative jugoslave all'irtterno dei non allineati contro l'espansionismo sovietico e quelle per rafforzare i rapporti con l'Europa occidentale; ma oltre a questo potrebbe esservi anche dell'altro o almeno questo sembrerebbe essere il timore dei dirigenti di Belgrado. Certo la «difesa totale» funziona, l'America ha rinnovato le sue garanzie, il Paese risponde con decisione alle incertezze del dopo-Tito. ma la temperatura della vita politica jugoslava punta oggi decisamente al rialzo. Aldo G. Ricci 15
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==