Il Leviatano - anno II - n. 12 - 1 aprile 1980

La oc cont~ il pentapartito

EDITORIALE l ■I Troppi favori alla DC NEL COMITATO CENTRALE DELLO SCORSO gennaio il Partito socialista, pressoché all'unanimità, propose un governo con i comunisti ed elesse come proprio presidente Riccardo Lombardi, capo riconosciuto della corrente di sinistra. A due mesi di distanza, Lombardi è dimissionario, il Comitato centrale prende atto dell'impossibilità di portare i comunisti al governo, vota a maggioranza la disponibilità del PSI a partecipare «senza pregiudiziali» a un governo con la Democrazia cristiana, ciò che, nella sostanza, significa a un governo di centrosinistra, anche se rende ancora un omaggio verbale alla formula dell' «unità nazionale». Inoltre questa volta non si parla, come vorrebbe Lombardi, di sostenere un governo per «spirito di servizio», come dicono i democristiani; vi è, al contrario, il senso di una scelta autonoma di un partito che si ritiene, a torto o a ragione, essenziale nell'equilibrio politico del Paese. Non si può tuttavia tacere il fatto che tutto questo è stato determinato più da un veto altrui, quello pronunciato dal congresso della Democrazia, che non da un dibattito e una maturazione interna. D'altra parte l'opinione prevalente nel mondo politico italiano, che sarebbe stata riassunta da Ferrari-Aggradi con la battuta: «peccato che sia arrivato l"Afghanistan, altrimenti i comunisti oggi sarebbero al governo», vera o falsa che sia, corrisponde alla tendenza a rinviare la questione della partecipazione comunista al governo con ragioni di opportunità contingente. Ciò che impedirebbe l'evento auspicato sarebbe solo la pur evidente «asimmetria» tra un certo avvicinamento dei comunisti italiani a posizioni genericamente occidentali e una recrudescenza dell'espansionismo sovietico. Si trascura invece il fatto che l'appartenenza del Partito comunista italiano al movimento internazionale guidato da Mosca è una opzione di fondo («Le Monde» ha giustamente osservato che la scelta tra Mosca e Pechino il PCI l'ha fatta da tempo); non si dice più nulla del problema della democrazia interna del partito; si tace sul modello di società che il PCI adombra con la tesi ribadita della necessità di una «fuoriuscita dal sistema»; si sottovalutano gli argomenti in favore del «controllo delle masse», della «democrazia consociativa», ecc. E invece dev'essere riportato in primo piano il fatto che ciò che impedisce la partecipazione dei comunisti al governo di un Paese occidentale è qualcosa di fondo, non di transitorio. Ciò che 2 non tiene è la proposta mitterandiana, il programma comune, il fronte unito delle sinistre. Il PSI uscì dal congresso di Torino con due proposte politiche, l'una a breve, l'altra a medio tempo, ambedue dominate dalla questione del rapporto con i comunisti. È ora di prendere atto che se i modelli di società che comunisti e socialisti propongono non coincidono, se i comportamenti rispettivi non collimano, queste due formule risultano marcate da una ambiguità di fondo. Da questa ambiguità nasce, tanto per fare qualche esempio, la spasmodica ricerca di «carristi» e «autonomisti» all'interno del PCI, la pretesa che i comunisti italiani si facciano rappresentare al governo dal PSI, siano benevoli e accomodanti di fronte a un governo a partecipazione socialista, la scelta autopunitiva e subalterna a proposito delle amministrazioni locali da formare sempre e comunque all'interno della formula ristretta e chiusa della «sinistra unita»; questo spiega una situazione in cui Lucio Magri può ergersi a custode e verificatore della coerenza a sinistra. Dietro la questione immediata della formula di governo, appare così l'esigenza di quel chiarimento di fondo che, prima o dopo, un congresso socialista dovrà, se non risolvere, almeno proporsi. La formula del pentapartito ha come sua filosofia implicita l'accorpamento su posizioni più avanzate delle forze laiche, socialiste socialdemocratiche e di tradizione liberale, è il tentativo di coagulare quest'area, per poi trattare con le forze moderate e conservatrici, in gran parte identificabili con la Democrazia cristiana, da posizioni non disperse, non frantumate. In questo sforzo si sono esercitate le migliori energie del nuovo corso socialista, dalla ripresa della tradizione di Carlo Rosselli alla rilettura di alcuni classici nell'estate del 1978, dalla frequentazione e dall'editoria Lib/Lab agli interessanti convegni milanesi. Si prenda il caso dei rapporti tra socialisti e socialdemocratici. Con il PSDI i socialisti sono insieme ovunque al di là di Chiasso, nel parlamento europeo con un gruppo unitario, nella Unione dei socialisti europei, nell'Internazionale socialista, nei rapporti con i massimi partiti socialisti europei. Ma c'è di più: c'è una comunanza evidente di retroterra culturale, di storia e di filosofia politica, lo stesso gruppo dirigente dei due P!li:titi,nellasua 1_>artpeiù giovane, ha quasi un' ongme comune; c1sono state anche iniziative I APRILE /980

politiche congiunte. La proposta di portare alla presidenza del governo un socialista è venuta dai socialdemocratici e poi è stata ripresa e confermata dai liberali e dai radicali. Insomma, nella direzione di un avvicinamento tra le forze socialiste e di ispirazione liberale hanno giocato tutti gli elementi del «nuovo corso», a questo scopo sono state consumate buona parte delle sue energie. Se tutto questo ha una logica, se si vuole che questo lavoro abbia uno sbocco coerente, occorre una minore nevrosi sul problema comunista: lasciamo che la storia lavori ai fianchi il movimento comunista internazionale, ne modifichi i termini generali; smettiamola di rincorrere la buona volontà o la furbizia o la reticenza di questo o quell'altro dirigente comunista. esaltare il ruolo dei socialisti, con una richiesta della responsabilità della presidenza del consiglio che in queste circostanze avrebbe una sua consistenza e serietà; avrebbe il buon effetto di portare i socialisti al loro congresso liberati dagli incubi e dagli esorcismi sull'esperienza del centro-sinistra; e infine avrebbe il grande merito di non permettere che la Democrazia cristiana risolva, con il bipartito, tutti i suoi guai. Se non si va al pentapartito la DC ottiene, tutto insieme, di non passare la mano della direzione del governo, di tenere buona con tipica ambiguità I'opposizione Zaccagnini-Andreotti nell'ammiccare ai comunisti, di scaricare all'interno delle forze laiche e socialiste la sua divisione. Non si vede davvero perché ci si dovrebbe incamminare verso una formula di cheek to cheek con la Democrazia cristiana. In cambio solo di qualche ministero in più, i socialisti entrerebbero in un'alleanza in condizioni di evidente sproporzione, il 10%contro il 40% del loro partner, il quale ha in più decenni di esperienza governativa alle spalle. È davvero utile trasformarsi in una facile e fatale preda del gruppo dirigente della Democrazia cristiana? Ciò che serve è riprendere le fila della riorganizzazione delle forze laiche di progresso, per trattare energicamente con la Democrazia cristiana senza avventurarsi in accordi separati; con la prospettiva di modificare in questo modo anche ledotazioni elettorali dei due grandi partiti che pietrificano da quasi mezzo secolo la vita democratica italiana. Tra l'altro il pentapartito avrebbe oggi anche l'aspetto non secondario di Carlo Ripa di Meana LEITERE I Un lettore disattento Signor direttore, credo di capire da vari articoli, sia di politica interna e soprattutto negli editoriali, che l'immagine e la realtà degli Stati Uniti d'America sono spesso oggetto di aperto quanto dichiarato amore da parte vostra. Efin qui niente di male, anzi. Non si capisce, invece. perché non mostrate altrettanta fiducia quando nella realtà politica si finisce per porre la questione dell'Europa comune. Carlo Basi, Trento Per le Olimpiadi Egregio direttore, mi meraviglio oltre modo che U Leviatano si sia particolarmente distinto nella battaglia per il boicottaggio per le Olimpiadi di Mosca, ed è partendo dal 'intervento in merito di Antonello Trombadori che prendo le mosse per riassumere i motivi fondamentali di questa mia sorpresa: I) le Olimpiadi offrono per la prima volta la possibilità, a tutti, di poter liberamente accedere in URSS, poter conoscere a fondo la realtà di quel Paese, la gente, poter scambiare con IL LEVIATANO loro esperienze, opinioni, avviare un confronto; Z) è indubbio che da questo confronto il racconto e l'esperienza di migliaia di persone provenienti dai Paesi occidentali uscirà largamente vincente e sarà un contributo prezioso per ogni abitante di Mosca; 3) per ta· prima volta i giornalisti potranno circolare per le strade della capitale sovietica, intervistare la gente, descrivere la realtà, seppure presumibilmente «camuffata» per l'occasione, di un popolo stanco di un'oligarchia dispotica ed arrogante;4) per un giornale di un gruppo di intellettuali che si battono per il pieno rispetto dello «Stato di diritto•, il boicottaggio dei giochi olimpici di Mosca rischia di apparire una posizione debole e subordinata ad una logica da guerra fredda propria di un periodo storico che non può essere il nostro, nel quale l'arma più grossa che le democrazie devono saper usare sono la forza e la circolazione delle idee. Marina Usmani, Bergamo 'TRA I COLLABORATORI DEL «LEVIATANO» GIOVANNI ALDOBRANDINI • GIU· SEPPE ARE - DOMENICO BARTOLI - GIUSEPPE BEDESCHI - ENZO BET'!I· ZA - PAOLO BONEITI - VENERIO CAITANI - LUCIO COLLETTI - FRANCESCO COMPAGNA - VEZIO CRISAFULLI - RENZO DE FELICE· PAOLO DEMARTIS - SIRIO DI GIULIOMARIA - GIANNI FINOCCHIARO • ALDO GARO• SCI· ANTONIO MARTINO· PIER CAR· LO MASINI • NICOLA MAITEUCCI • RENATO MIELI • SANDRO PETRIC• CIONE • ALDO G. RICCI • ROSARIO ROMEO • ALBERTO RONCHEY • DOMENICO SETTEMBRINI - EGIDIO STERPA - GIUSEPPE TAMBURRANO • PAOLO UNGARI - GUELFO ZACCARIA Abbonatevi al «Leviatano» Abbonamento annuo: L. 20.000 Abbonamento semestrale: L. 11.000 Conto corrente postale n. 58761008 intestato a «Il Leviatano» via dell'Arco di Parma 13- 00186 Roma J

RADICALI Dieci re/erendum contro il regime Intervista con GIUSEPPE RIPPA D. IL PARTITO RADICAU PROPONE AL PAESE dled ttfereed-. "--- DU •alta, come nel 1'77, qaudo avauò la pr'OpOlta di•- rdenadam <:Olltro U rqime•, il PR sembra.aatf ,,. __ il_,,..,...,. q--..i .. qullmi-antlciUadioiad..........,.,..-. il siplflcMo ~. di raUara del .._, .... .,..__, rdenradario. t <:GIIÌ? R. Ciò che in questo momento contraddistingue la vita politica italiana è il consolidarsi del regime, che noi radicali da tempo abbiamo denunciato. I referendum si propongono perciò come una strategia complessiva, con la quale vogliamo mobilitare il Paese contro l'opposta strategia del regime, che consiste nel privilegiare gli accordi di vertice, estranei alle grandi scelte di cui il Paese ha bisogno. È in corso una trasformazione autoritaria dello Stato e i referendum sono l'unica risposta possibile, l'unica risposta di massa. Anche il terrorismo, utilizzato allo scopo di creare un «allarme sociale», un'insicurezza collettiva della gente, serve a legittimare la richiesta di uno Stato forte, una restaurazione di carattere autoritariorepressivo con la quale affrontare la crisi del sistema, che non può invece essere affrontata senza una revisione dei presupposti fondamentali del sistema stesso, dei suoi rapporti economici. dei suoi rapporti sociali. Dietro al compromesso storico e alla politica di unità nazionale si nasconde un processo di restaurazione generale, che ha come primo obiettivo una compressione e una riduzione degli spazi di democrazia e di libertà dei cittadini. La strategia referendaria, in questo momento. è. a nostro avviso. oggi più che mai. l'unica possibile risposta di mobilitazione collettiva della gente contro questo disegno complessivo e anche l'unica risposta all'insicurezza collettiva indotta dalla sistematica utilizzazione del terrorismo. I dieci temi da noi scelti hanno dunque un significato globale, costituiscono un vero progetto politico complessivo, affrontano le scelte fondamentali su cui si modellerà la vita del Paese nei prossimi anni: la linea di politica energetica, il «modello di sviluppo•, il modello di società, la scelta di una certa civiltà giuridica. C'è un altro aspetto nella proposta dei referendum: noi intendiamo mettere al centro del dibattito del Paese non più le faide di potere e di regime, gli scandali, la «cronaca nera» dei Caltagirone. dell'ltalcasse, degli Evangelisti; al contrario vogliamo avanzare i temi sostanziali su cui si decidono le sorti del Paese. Attraverso i referendum, ancora, passa la linea di una grande scelta alternativa al governo e al sistema di potere democristiano: su questa linea si qualifica una sinistra alternativa, diversa da quella sinistra che da trent'anni batte il passo in attesa di essere cooptata nell'area di potere, senza avere avuto altro effetto se non quello di confermare la Democrazia cristiana come asse centrale del potere in Italia. Infine, i referendum costituiscono anèhe un'deterrenle contro le vocazioni autoritarie della sinistra stessa, consentono alla sinistra di garantire alla controparte politica e di classe la possibilità che, una volta giunta al potere, essa stessa può essere rovesciata: il referendum diviene cosi lo strumento materiale attraverso cui da una parte si bloccano le smanie golpiste della Democrazia cristiana, e nel contempo si contengono le vocazioni autoritarie della sinistra. In conclusione, i referendum sono lo strumento concreto e realistico per candidare la sinistra al governo del Paese, nonostante la difficile situazione internazionale. D. Da quale caacealaae della democrazia 6lcoade la ICldta del ttfenradam? Pn- dllartnr: Mgll altri P..i dtmoalltld ID adalstel'~del.tfa t ,.,.,.....,....srineno, la tel'1i caal, In -'-rica, ~ caadlailc:e.... - c:cwnram, ddla --ie dialdtka ..,..._.,..,,., - ............... - forma democratica dlvena, od oppoota, ri,pdto alla derwram 1app.-..t.tiYL Voi .......... I nfenra.hua l'..ica forma • ml è ,-IINle rare plllltica oal • Italia perc:W 1 slslcma ~ partwntare è bloa:af.o dall'·- mucxblala•, oppure la,.-. polemica, attra•eno I nrfenradam, ripanla l'lstltato del par1-o la té, cootitui9u cioè u -.civodl pmileplnr la gmerale la dtmoaula dlnrttae di contrapporla alla danocrazia ....,.._..1atiYa? R. Noi siamo decisamente contrari all'utilizzazione del referendum in chiave plebiscitaria, cioè al suo uso per confermare il potere assoluto di una élite politica. Ci muoviamo all'interno dello spirito della Costituzione, uno spirito autenticamente democratico e sicuramente anti-plebiscitario; riteniamo oggi più che mai importante difendere i meccanismi attraverso cui avviene la indizione dei referendum, cioè la raccolta di firme: quindi ci opponiamo a qualsiasi tentativo di rendere più difficile e complessa questa procedura. Rispetto al quesito circa il nostro privilegiare la rappresentanza istituzionale o il referendum, ci muoviamo anche in questo caso all'interno dello spirito costituzionale, nel gioco di pesi e contrappesi per il quale il referendum non è solo un correttivo deHa democrazia rappresentativa, né quest'ultima un correttivo di quella diretta. Noi riconosciamo nella Costituzione un modello di equilibrio, che non privilegia una democrazia assemblearistica, in cui si nascondono alcune dinamiche di carattere autoritario, né però lascia prevalere del tutto la democrazia rappresentativa, che presenta il rischio di intrappolare la gente in accordi verticistici. D. Ma l'esistenza delle dme forme di democ:ruia si gimtillca, odia Costituzloae, lolo perché il nrfenrodum ronseale di cornrggere, sul conlenuti, gli orieutamenti dei partiti, che restano però strummto lnsostltulblle della vita clemouatlcL Per Uparia-nto l'ddtonr - •ooi su singole q-'onl, ma per Il partito che pensa, più o meno, che lo rappresenti. Il nrfenrodum ha Invece come cantieristica quella di cblamanr l'dettonr a pronunciarsi su argomenti specifkl. Nel momento In cu.i YOÌ cbiamale l'elettonr a pronunciarsi SU dieci ,,.,.,,... dum, • tutti Insieme, e conlemponneamenle dale ai rdenrndum U significato di strumento di una strategia politla, complessiva, non rmite per snaturare compldamenle l'Istituto del nrfenrndum? In altnr parole, chiamate la genie a pronunciarsi sull'aboliziom della caccia e sull'al>ropzioue della licenza di portanr anni o la chiamale a votllnr per l'altemativa di sinistra? R. Noi ci muoviamo in una strategia complessiva di dieci referendum perché riteniamo il sistema politico profondamente squilibrato. Riteniamo che la società politica sia profondamente distaccata dalla società civile, che a noi sembra complessivamente molto più matura e democratica di quanto i vertici non ritengano. Una diversa gestione del Paese è possibile solo con una partecipazione maggiore, mentre la gente è invece mantenuta in uno stato di marginalizzazione e I APRILE 1980

la politica privilegia gli accordi di vertice e il confronto a livello di establishment. In questo senso il discorso è da parte nostra in tennini radicali: assistiamo al totale immobilismo parlamentare, conseguenza estrema della partitocrazia. la cui critica e rimasta per molti anni uno stupido regalo fatto alla destra. mentre avrebbe dovuto essere un impegno della sinitra; quest'ultima ha il compito di farsi interprete delle domande di libertà, di liberazione, che vengono dal Paese; quand.o la sinistra rinuncia a questo ruolo, non è più avanposto delle spinte progressiste che vengono dal basso. Noi pensiamo che i dieci temi sui quali viene chiesto il voto della gente non solo non creano confusione, ma consentono all'elettore di decidere su dieci aspetti particolari e nello stesso tempo costituìGIUSEPPE RIPPA scono una forzatura decisa, una forzatura necessaria all'interno di un sistema politico dove la sclerosi ha raggiunto livelli inusitati e dove di fatto il sistema costituzionale, il suo gioco di articolazioni democratiche, è seriamente compromesso da un verticismo che ha raggiunto esasperazioni massime. In questa fase storica è necessario utilizzare in maniera massiccia i referendum. Il referendum ha un valore terapeutico immediato molto significativo. È ad un tempo la chiave di rottura rispetto agli schemi lottizzati, di regime, e uno strumento autenticamente democraticoe costituzionale, perché pacifista, non violento, legale. Questo è un Paese che conosce null'altro che corruzione di vertice, ladrocinio continuato, politica di bustarelle, compromessi a tutti i livelli, una sinistra che più che muoversi con un impegno serrato contro il malcostume dilagante ha cercato invece sempre tentativi di accordi, perché questo le garantiva una sorta di legittimazione per inserirsi nella cittadella del potere: in questo seguace ancora della vecchia filosofia leninista secondo la quale è la conquista del potere la chiave del mutamento, e non, all'inverso. la capacità di produrre meccanismi autenticamente deIL LEVIATANO mocratici. La nostra scelta è un atto di originalità politica che ha lo scopo, nel sistema di pesi e contropesi previsto dalla Costituzione, di riequilibrare un potere corrotto con una dose massiccia di democrazia dal basso. La sinistra storica è in questo momento null'altro che la punta più avanzata dello schieramento conservatore. Se la destra vincerà, se la reazione vincerà, sarà grazie alla spinta decisiva che la sinistra le sta dando con la sua incapacità di risolvere le sue contraddizioni in una chiave rinnovata, rimettendo in discussione i suoi dati teorici, ideologici e culturali. Un aspetto non marginale della crisi del sistema è proprio la crisi dell'impianto culturale, teorico e politico della sinistra, che non intende rivisitarsi, rielaborarsi, rivedere le proprie risposte nell'attuale crisi politica, anche internazionale. I valori essenziali: la non violenza, l'antimilitarismo, la scelta antinucleare, la qualità della vita, dovrebbero essere fatti propri da tutta la sinistra, che invece queste scelte sostanzialmente rifiuta. D. Dunque, voi lnteodde promuovere I rererendum all'Interno dello spirito costituziooale. Dite però che vi è un blocco nel runzioaamento istituzJooale per cui I rere..-um servono am:be a dare espres.,ione a rorze che - riesc:ouo più a rkonosttnl net sistema costituzionale, bloccato ne11e raide, nelle lolle all'Interno di un regime lottizzato, ~be - affronta più i grandi temi. Nel mesi sc:orsi si è discusso molto se la Costituzione va rivista o rirormata. Vi siete posti il problema di un'azione polltk:a die, nello spirito della Costituzione, si proponga la modifoea dei mettanismi obsoldi o errati dell'attuale regime ~ituzionale? R. Qualunque Costituzione a lungo tempo mostra dei segni e quindi una potatura in ogni caso può essere fatta. E un meccanismo naturale, sul quale non c'è da discutère. Non mi sento però di assecondare tendenze, maturate soprattutto nello schieramento socialista, secondo cui proposte di ingegneria costituzionale potrebbero risolvere l'immobilismo attuale del quadro politico-costituzionale. Ritengo pericolosissimo 5

qualsiasi discorso a carattere presidenzialistico, in particolare nella situazione politica italiana. Ciò che bisogna fare è attuare la Costituzione, dar corpo agli istituti che la Costituzione prevede e che sono stati assassinati dalla Democrazia cristiana con la complicità della sinistra. Abbiamo chiaramente espresso il nostro totale dissenso rispetto a qualunque manovra di ingegneria costituzionale che è o un alibi e una fuga in avanti, o il tentativo di farsi portatori di una politica restaurativa. Le modifiche della Costituzione servono a risolvere le contraddizioni del capitalismo e dell'attuale sistema, il quale, anche su scala internazionale, cerca di far tacere l'antagonismo che genera con una politica autoritaria. Si tratta, al contrario, di servirsi della Costituzione per far avanzare un nuovo progetto di sviluppo, un nuovo sistema di valori, un nuovo modello di società. Fermali non firmando CoME RISULTA CHIARAMENTE DALL'INTERvista con Giuseppe Rippa, segretario del Partito radicale, la proposta di dieci referendum avanzata dai radicali ha soprattutto una funzione politicostrategica complessiva. Rippa dice che al/"elettorato viene consentito, anche, di esprimersi sulle specifiche questioni per le quali è invocato il referendum, ma insiste sul fatto che il pacchetto complessivo rappresenta «una strategia• per «mobilitare il Paese contro l'opposta strategia del regime, che consiste nel privilegiare gli accordi di vertice»: contro gli avversari (che sono tutti i partiti, dai fascisti ai repubblicani, dai socialdemocratici ai comunisti: «fermali con la firma», recita lo slogan per i referendum, illustrato da un ritratto di tutti i segretari dei partiti) i radicali, per bocca di Rippa, ritengono necessaria una «forzatura» del sistema politico, un, potremmo dire, bastone 6 fra le ruote che ne inceppi il già precario funzionamento. Ciò sarebbe necessario, perché il «regime» marcia verso una «trasformazione autoritaria dello Stato», «una restaurazione di carattere autoritario-repressivo» voluta dal «capitalismo» che, anche su scala internazionale, genera un «antagonismo» che poi sente il bisogno di reprimere. Per i radicali del 'ultima generazione, a un capitalismo intrinsecamente antidemocratico occorre rispondere facendo avanzare «un nuovo progetto di sviluppo, un nuovo sistema di valori, un nuovo modello di società». Rippa conferma così quanto su questo giornale si è già fatto osservare: e cioè che il Partito radicale, nel corso degli anni, e probabilmente sotto la pressione degli eventi del decennio e grazie alle deformazioni tipiche di un piccolo movimento diretto da un capo carismatico, ha sensibilmente modificato la rotta iniziale e da partito del 'alternativa laica, democratica, occidentale è divenuto partito de/l'alternativa al sistema: non, si badi bene, de/l'alternativa al sistema .li potere democristiano; ma al sistema occidentale: :•e è conferma il fatto che i temi radicali sono stati trasferiti a livello europeo e nel parlamento di Stra~ sburgo, dove i radicali sono sostanzialmente isolati, mentre ancora pochi anni fa (e ne è testimonianza lo stesso simbolo radicale della rosa nel pugno, ripreso da quello di Mitterrand) essi aveano come punto di riferimento leforze di opposizione interne al sistema politico di altri Paesi. Certo, è da apprezzare il fatto che, finora, lo «spirito rivoluzionario» dei radicali (perché di questo sostanzialmente si tratta) continui ad esprimersi attraverso gli strumenti, sia pure piegati ad un uso improprio, della democrazia costituzionale: le raccolte difirme, le manifestazioni pacifiche, gli scioperi della fame, lo stesso abusato ostruzionismo parlamentare sono strumenti che, in democrazia, hanno una loro liceità, che non può pretendere l'azione squadristica, l'atto di violenza e prevaricazione, il terrorismo. Ma resta il fatto che il Partito radicale si propone, per dirla con gli ingraiani, la «fuoriuscita dal sistema• capitalistico, cioè democratico-occidentale: ed è certo non privo di significato che a questo si accompagni una prowessiva perdita di fiducia nella democrazia rappresentativa (si vedano anche le incertezze sulla partecipazione alle elezioni amministrative e regionali) e un accentuato privilegio per la cosiddetta democrazia diretta. In queste circostanze, la proposta radicale dei «dieci referendum» è, per quanto ci riguarda, inaccettabile. Il nostro obiettivo è opposto rispetto al loro: è quello di ricreare le condizioni per unfunzionamento non anomalo del sistema democratico italiano, nell'ambito del sistema di vita e del quadro di alleanze dei Paesi democratici del 'Europa e della America. Noi invitiamo pertanto a non firmare le proposte dei referendum. E possibile tuttavia che il numero di firme necessario venga raggiunto e che almeno alcuni dei referendum proposti arrivino effettivamente al vaglio del- /' elettorato. Offriamo quindi al lettore anche un giudizio sui singoli referendum (alcuni su questo numero, altri sul prossimo), espresso dai nostri collaboratori. Si vedrà che anche sulle singole questioni la nostra opinione è, nella maggior parte dei casi, negativa, a ulteriore conferma che il «nuovo modello di società» proposto dai radicali è ben lontano dai nostri ideali politici. g.s. I APRILE /980

■.a-■-~a!!a.a■ - ■.a-■-~a!!a ... ■ ... ■ --~.-.- - ... ■ --~.-.- - CODICE PENALE Di ogni erba un fascio I tttntadue artlcoll dei roditt penale sottopo&ti al referendum, sostengono i radkall, sono 11011M di dubbia CGlltituzionalltà in quanto, ooo e.e, si giunge • punltt l'...-dzio di diritti fondamentali costituzlonalmfle garantiti. Abolire i reati d'oplnlooe - non meno queW di riunione e -«iazione - comporta per Il Partito ndlcak la .-ltà d'invtt1itt la IJoea di tendenza che U •ttgime• ba constantemmle alimentato: la ooovlnzlone che l'ordine pubblico pot!IS8 essere preservatoa detrimento delle llber1à del cittadini, che gli ordinamenti democntici non siano in grado di oootra.tare • debellare le forze dell'eversione. ScoRRENDO L'ELENCO Dt articoli che il secondo referendum radicale vorrebbe veder aboliti per •realizzare il pieno esercizio delle libertà fondamentali» non è difficile isolarne un mazzetto - il più striminzito - contenente disposizioni effettivamente vessatorie e in contraddizione con la prassi di effettiva libertà che caraiic:ìizza, checché se ne dica, la vita politica italiana; e un altro, senza dubbio dominante. che stabilisce quel minimo di difesa senza cui ogni organismo politico. anche il piÌJ liberale. non può operare. Anche que~to secondo nucleo, senza dubbio, còm· porta paragrafi e dizioni «pericolose» che andrebbero redatte in modo più limpido; ma quest'opera di lima e di emendamento, ammesso che possa venir portata vicino alla perfezione (tanto da non poter venir distorto neppure da giudici parziali) non è certo cosa da farsi a colpi di •referendum». Nel primo gruppo collocherei, grosso modo, l'articolo 256, che eleva a reato il semplice procacciarsi •notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato, o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale dello Stato, debbono rimanere segrete». La vaghezza stessa della dizione potrebbe spingersi fino a includeIL LEVIATANO re fra queste notme una massa tale di informazioni da rendere impossibile studiare e discutere seriamente ogni indirizzo politico. L"articolo 257, che concerne esplicitamente lo spionaggio, copre sufficientemente questa materia perché vi si rinunzi senza troppo pericolo. Ridicolo è l'articolo 269: «attività antinazionale di cittadino all'estero»; l'articolo ha senso fino a che esiste una restrizione alle attività «antinazionali» in Italia; con la completa libertà di opinione e di stampa instaurata· nella Repubblica, con la partecipazione dell'Italia alle istituzioni europee, è divenuto privo di senso impedire al cittadino di esprimere all'estero quelle opinioni •antinazionali» di cui ciascuno può avere notizia dalla stampa italiana. Non ha senso neppure l'articolo 271 che mette accanto alle associazioni 41:sovversiveq,.ueHé •anti· nazionali•, e il relativo 272 o 273 e il 274 che proibiscono la costituzione di •associazioni aventi carattere internazionale» o la adesìoncl ;:è ~sse (Massoneria? Rotary? Multinaziòiìil!i7) Dimostra invece scarso itenso di rispetto verso la vita civile la richiesta della abrogazione •sic et simpliciter• di articoli come il 279 (lesa prerogativa del Presidente della repubblica) e gli altri reati di «vilipendio», della repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate. della bandiera dello Stato, l"offesa alla bandiera o altro emblema di Stato estero, nonché I'«istigazione a disobbedire alle leggi». Per quel che riguarda la tutela delle essenziali istituzioni dello Stato dal «vilipendio• (che non è, ovviamente, la critica), mi rendo conto che esso ha confini che non sempre lo distin- ....... ~ .... ... ■ .. "' .. guono nettamente (e certo non distingueva la giurisprudenza fascista) dalla appassionata discussione; pure la parola è per sé abbastanza chiara, come nei rapporti privati la parola •ingiuria•. Che cosa significi sottovalutare il vilipendio, la violenza verbale (di cui i non violenti radicali hanno talvolta abusato) ce lo ha insegnato la Repubblica di Weimar: fra i primi segni delle complicità che la sovversione trovava nelle autorità che avrebbero dovuto tutelare lo Stato ci fu proprio l'assoluzione pronunciata dalla Corte suprema, che non ritenne vilipendio l'aver definito la bandiera repubblicana, nero rosso e oro, bandiera nero, rosso e merda. Ciò non aveva evidentemente nulla in comune con una pur appassionata difesa della tradizione monarchica, che avesse per esempio contrapposto i grandi successi dell'impero bismarckiano sotto la bandiera biancorossonetaaiPincondudenza dell'Assemblea di Francoforte, tenuta nel 1848 sotto gli auspici della bandiera nero rosso e oro. Era già (e i radicali sembrano ignorare certi paurosi rapporti col presente nostro) l'accompagnamento verbale, la musica direi della guerriglia civile ehe si svolgeva in piazza. Quanto al fatto che l'istigazione dei militari alla disobbedienza e l'istigazione a disobbedire alle leggi meritino pena, non fa per me dubbio. Se ci sono leggi che offendono immediatamente la coscienza individuale e pubblica del cittadino o del militare, sarà magari dovere morale disobbedirvi senza attendere la modifica. affrontando la pena. Così hanno fatto i primi obiettori di coscienza, così gli stessi radicali nelle loro più con7

....... ~ . ... - ....... ~ . ... .. ■ .. ■" .. ■ - . ■ .. ■" ... - vinte battaglie, come quella per l'aborto (sul quale le mie opinioni divergono dalle loro); e la convinzione con cui hanno affrontato la pena è valsa loro, checché si dica o possa credere, molti più consensi e più stima di parecchi •show• pubblicitari. Le norme che puniscono le offese alla religione dello Stato hanno dato, prima dell'istituzione della Corte costituzionale. luogo a molti abusi clericali. È chiaro che vanno ricondotte nell'ambito della libertà religiosa in modo più esplicito. Si potrebbe. è vero. dire che tutto ciò che oggi serve (o dovrebbe se applicato servire) a difendere la Repubblica e la libertà di tutti, compresi i suoi nemici, potrebbe domani diventare. nelle mani di un dittatore. strumento di oppressione. È ovvio. come è anche ovvio che un dittatore non ha bisogno di far molte leggi. gli basta di intodurne. in fatto o in diritto, una che legittimi tutti i suoi arbitri. E si potrebbe d'altra parte affermare, per il mazzetto che è veramente da sopprimere, che si tratta di norme cadute in desuetudine. Ma ciò non ha importanza. L'essenziale è altrove. La difesa della legalità ha confini mutevoli. ma non si può giocarsela a buon mercato e quasi a furor di popolo. Sono leggerezze che l'opinione pubblica può far amaramente pagare. ma a noi, non ai soli promotori dell'abolizione di queste barriere. Aldo Garosci - NUCLEARE / Energia nucleare? Sì, grazie In dettaglio il rererendum sul nudeare prevede semplicemente l'abrogazio. ne di 9 articoli della legge n. 393 t.he stabiliscono le attuali prottdure per la scelta del luogo dove -•à una <entrale nucleare. Di fatto, sostengono I radicali, basterebbe una vittoria del sì 8 per blotcatt Immediatamente In tutta Italia la costruzloot delle <entrali. L'1NJZIATIVA DEL PARTITO radicale di proporre nuovi referendum è un altro aspetto del processo degenerativo che la democrazia italiana sta attraversando da anni e che l'ha trasformata, già da tempo, in demagogia. cioè in una condizione di anarchia disgregatrice. L'iniziativa è particolarmente grave per quanto riguarda il referendum anti-nucleare. L'approvvigionamento energetico è condizione basilare di sopravvivenza della società industriale. Il «partito verde». che è così largamente diffuso nella sinistra libertaria, sceglie la via demagogica di una mobilitazione delle reazioni emotive della gente, giustamente preoccupata dei rischi dell'inquinamento, S~!1ra proporre nessuna alternativa, seria e praticabile, alla questione del rifornimento energetico. In altre parole, non si è disposti a rinunciare ai comfort della società industriale: risc!!!damento, illuminazione, Eécetera. Si rifiutar.o. però, i mez~i che, soli, possono assicurarli. E il tipico atteggiamento anarchico-infantile di una cultura e mentalità politica, la quale è insieme subalterna ed eversiva. Si pretende che il governo continui a garantire al Paese ciò che è indispensabile per la sopravvivenza della società industriale, nell'atto stesso in cui gli si vieta di predisporre i mezzi adeguati, e finora insostituibili, per provvedere a ciò. L'irresponsabilità di questa presa di posizione risulta tanto più evidente. se si pensa alle sciocchezze. alle soluzioni puramente fantastiche a cui si spingono molti dei discorsi ecologistici. Si specula sull'ignoranza della gente, per prospettare vie d'uscita illusorie, che esistono soltanto nella fantasia e nel semplicismo di una cultura incompetente. Si cerca d'ingannare la buona fede della gente, anziché lavorare al fine che essa prenda coscienza dei problemi esistenti e dei mezzi indispensabili per affrontarli. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la democrazia. Ne è. al contrario, l'antitesi e il rovesciamento più completo. Lucio Colktti CANNABIS o Giù le mani dall'afghano Questo referendum sì propone di liberalizzare la roltivaziooe, il rommercio, la detenzione e il tonSUmo dell'hashish e della marijuana. Per due molivi: varie commissioni intemaziona• li hanno evidenziato rome questa sostanza non dia assuefazione, tolleranza o danni irreversibili all'organismo umano; inoltre l'attuale proibizionismo dà luogo ad un men:ato nero ronglunto di fatto c,on quello dell',re:.-.. E cii, è !!!!! !!:~~ r-illse della diffusione-di droa glie pesanti. In sostanza, roncludono I radicali, questo referendum non è Indirizzato semplicisticamente allo .sp1ne1. lo libero•, ma serve a cambiatt una <attiva legislazione e a riportare nel roncreto tl!lta la problematica legata ~'iibuso e all'uso di tutte le droghe. e' É UNA PROPOSTA DI LEGge del 4dicembre 1979, firmata da dieci deputati radicali e da dieci deputati socialisti, che riguarda «modifiche ed integrazioni alla legge 22 dicembre 1975, n. 685, concernenti la distribuzione controllata delle sostanze psicotrope e stupefacenti e stati di tossicondipendenza e nuove disposizioni sulla liberalizzazione della cannabis». Nella relazione che precede la proposta di legge. sono enunciati alcuni principi da condividere. La legge intende •provare laicamente» un sistema che permetta di ridurre le morti, spezzare il circolo tra criminalità coatta e I APRILE /980

..... ~ .... _ ...... ~ .. .. ■ . .. .. - . ■ ... .. - ...... ~ ... ........ tossicodipendenza, offrire ai tossicodipendenti condizioni di vita non ossessionate dalla angoscia e pericolosa ricerca della droga. Non si tratta di dare spazio a una presunta e discutibilissima «cultura della droga•, ma di valutare scientificamente, razionalmente, al di fuori di facili condizionamenti emotivi, i danni effettivi, psichici e fisici, prodotti dall'uso di certe sostanze, e gli effetti sociali, più o meno deleteri, di un regime proibizionista. In questo senso, occorre saper prendere le distanze da certi modelli della nostra cultura, che consentono la tranquilla accettazione dell'alcool e del tabacco di cui tutti conoscono l'alto grado di nocività, mentre impongono il rifiuto irrazionale e demonizzante dei derivati della canapa indiana. Sull'uso dell'hashish e della marijuana molti Paesi e organismi scientifici hanno creato commissioni d'inchiesta interdisciplinariè nata, così, una serie di rapporti (India, Stati Uniti, Inghilterra, Olanda, Australia) che sono arrivati, sulla base di una larghissima documentazione, a questa comune conclusione: non c'è rapporto causale fra l'uso di queste sostanze e compQrt::menii criminali, malaitie mentali o il passaggio all'uso di droghe pes~nti. D'altra parte, esse non generano dipendenza fisica e la dipendenza psichica è minore di quella determinata dall'alcool e dal tabacco; anche la tossicità è minore di quella dell'alcool e del tabacco. I guai più grossi sono provocati, invece, dai •meccanismi perversi• del proibizionismo che peggiora la situazione sanitaria e porta alla criminalizzazione per affrontare i prezzi del mercato nero. In queste condizioni prosperano e si estendono •potenti organizzazioni criminali• che penetrano perfino nelle istituzioni. Diverso è, naturalmente, il discorso che riguarda le droghe derivate dall'oppio e che producono assuefazione: qui si tratta. sulla falsariga di quanto già proposto dal ministro Altissimo, di arrivare ad una distribuzione controllata délle sostanze per sottrarre i tossicodipendenti (che in Italia oscillano dai 50.000ai 100.000)ad«una spirale che conduce con alta probabilità alla morte•. Ripeto: non IL LEVUT!.NO si tratta di dare un pubblico riconoscimento alla morale o antimorale della droga, ma di tentare di mettere un argine razionale al fenomeno, per poi cercare di eliminarlo con più radicali interventi sul tessuto sociale. Certo, nessuno può essere sicuro dei risultati di un provvedimento del genere, ma la nostra etica di laici, legata allo spirito della sperimentazione scientifica, non può che essere fondata su ipotesi di lavoro da sottoporre a una continua correzione. I tromboni del moralismo non hanno molto di meglio da offrire. In presenza di una proposta legislativa che dovrebbe vedere la convergenza in parlamento di tutte le forze laiche (anche se lascia dubbiosi la posizione dei comunisti), la richiesta di referendum abrogativo della tabella 2 dell'art. 12della legge 685 sulla coltivazione, il commercio, la detenzione e il consumo dell'hashish e della marijuana, rischia di estremizzare il problema, di scatenare reazioni violente ed ottusamente moralistiche attraverso una demonizzazione della droga e dei drogati che ha radici profonde nella psicologia collettiva. Coloro che hanno proposto il referendum pensano che «una vasta campagna di informazione ci darà la possibilità di incidere sulla coscienza della gente•. Sarà veramente così? O non assisteremo piuttosto, attraverso gli schermi delle televisioni pubbliche e private. nonché sulle prime pagine compiacenti di certi giornali, ad una virulenta esplosione di demagogia e di bigottismo, capace di travolgere anche la possibilità di varare una legge più umana ed efficace? Paolo Bonetti ERGASTOW Il momento meno adatto Nel pn>porff l'abropzione della pena dell'erpstolo I radka1i si Ispirano al Sllpttametdo della C0DttDoDe retributiva della pma, dllanmente enllllCialo nell'art. rT della Cost~. La scelta di proporn, ora q- rel'erendum è ~ta a motivi politlc:i: per I radicali e proprio nd momenti di dJsonllne che si -- alla prova I prindpl In c:ul si crede: la logica della ragione illuminata al posto della logica del potere. NoN ABBIAMO MAI AVUTO ragione di scostarci dalle conclusioni alle quali Croce giunse una quarantina d'anni fa in materia di «giustizia dei tribunali•. Quando uomini si erigono a giudici di altri uomini, non è tanto questione di giustizia quanto di difesa della società, minacciata dagli autori di delitti o da altri che potrebbero essere indotti ad imitarli se restassero impuniti. Giusto ed ingiusto sono già difficili da distinguere nella teoria: nella pratica, la pretesa di farsi portatori e rappresentanti di principi cosi delicati e di così grande portata etica può solo manifestare la scarsa saggezza di chi ha dimenticato l'ammonimento antico del noli iudicare. Troppo ignoriamo dei meccanismi della responsabilità individuale, dei suoi legami con fatti biologici e strutture sociali per osare di distinguere con tanta nettezza il diritto e il torto senza ricordarci della cautela manzoniana. A pane il disagio etico intrinseco al fatto stesso di erigersi a giudice della altrui moralità da parte di chi dovrebbe essere consapevole dei limiti della propria. Quando, però. la difesa sociale sia assicurata con la custodia dei colpevoli, resta da vedere se sia lecito dichiarare degli esseri umani irrecuperabili per sempre, e se d'altra pane una pena detentiva a termine possa avere un potenziale di deterrenza sufficiente. Pene come l'ergastolo sembrerebbero sconsigliate da ragioni umanitarie, e non necessarie alla difesa sociale. La dichiarazione della de9

...... ~a!9._.■ - • ._.._.ra!9._.■ ... ■ lliiiiii~ ... - ... ■ lliiiiii~ ... - finitiva irrecuperabilità di un uomo sembra più di ciò che altri uomini possano osare; e d'altra parte non pare che chi supera il rischio di venti o trent'anni di detenzione possa essere arrestato dalla minaccia di una pena perpetua. Nella pratica vi sono tuttavia irrecuperabili che è vietato restituire responsabilmente alla società; mentre la stessa restituzione di un uomo alla convivenza civile dopo venti o trent'anni, in una società dove tutto, intanto, è cambiato, pone problemi quasi altrettanto gravi, da affrontare con meccanismi di recupero adeguati, e tali dunque che chi non ha competenza in materia. come è il caso di chi scrive. deve lasciare comunque agli esperti di cose criminali. Resta da vedere se sia questo il momento di proporre riforme del genere, in una atmosfera appesantita dalle gesta del terrorismo, e in cui ogni attenuazione delle difese sociali contro la criminalità può essere intesa come volontà di resa, e sminuire quel tanto di volontà di resistenza e di lotta che tuttora sopravvivono. Naturalmente, i radicali non si pongono neppure queste domande: contribuendo in tal modo a giustificare il sospetto che anche questa loro iniziativa abbia carattere strumentale e intenti provocatori, e molto poco a che fare, invece, con interessi autentici alla soluzione di questi problemi di umanità e di civiltà. Rosario Ro~o SINDACATO Quale «democrazia operaia» LA LEADERSHIP È COME IL prestigio: non si sa bene che cosa sia ma si capisce benissimo chi non l'ha. Così è per il sindacato: grandi sconfitte non se ne vedono, eppure sono molti, ormai, che parlano di 1111asua crisi. Del resto I' ele11co degli episodi ,da 11011 IO racco11tare ai 11ipoti•dal '77 ad oggi, è lu11go: dalla accusa di dife11dere solo gli interessi dei lavoratori occupati,alla sconfitta della ,/i11eadell'Eur», dalle molte elezioni di co11siglidifabbrica co11 risultati imprevisti alle durissime critiche di Ame11do/a, dal fiorire di compo11e111iautonome alla diffusione dei primi risultati del sondaggio del PCI su atteggiame11tie prefere11zedell'operaio Fiat. A11che se sotto forme diverse, c'è un problema che accom1111a molti di questi p1111ticaldi della storia si11dacale:è il dubbio sempre pilÌ diffuso sulle capacità del si11dacatoa rapprese11tarea capire gli ili/eressi dei lavoratori. dai gradi pilÌ bassi dei delegati difabbrica a quelli pitì elevati della co11trattazio11e collettiva e del co11fronto col governo. Se u11ali11ea politica scelta da 1111assemblea di centi11aiadi delegati vie11epoi sco11fessata alla base, se le elezioni 11ei consigli di fabbrica avvengo110 se11za troppo rispetto delle ,gara11zieliberali», se l'operaio Fiat pe11sacose così diverse da quelle che dice il suo rappreserrta/1/e, se avvie11etutto questo è chiaro che qualcosa, 11ei mecca11ismidi formazione delle decisioni, di rivelazione delle prefe• renze dei lavoratori, di garanzia per le minoranze, non funziona. Come tutti i problemi, anche questo si può affrontare in varf modi. U110 è quello comunista; ogni manifestazione di contrasto fra posizione sindacale e preferenze dei lavoratori viene usata per riaffermare con pelosa cortesia ilprimato del partito (non necessariamente della politica, beninteso) e per decidere qual è (come hafatto Chiaromorrte su Rinascita) il •mestiere del sindacato•. Per forttma quello di Chiaromonte non è l'unico modo possibile di affrontare la crisi di rappresell/atività del sindacato. Anche se meno organico e defi11ito,nel dibattito di questi mesi se ne è fatto avarrti wr'altro. Si tratta di una posizio11eabbastanza semplice: se i lavoratori non ci seguono è perché 11oinon dife11diamo i loro veri interessi; se noi 11011dife11diamo i loro veri interessi, escludendo per carità di patria la malafede, vuol dire che coi sistemi elettorali ed assembleari attuali i veri interessi non vengo110fuori, il dissenso è muto. Il ragionamento, molto più articolato di questa sintesi, ha un pregio che ogni liberale dovrebbe notare: l'attenzione si concentra sulla procedura di formazione delle decisio11i,della linea conflittuale, più che sulla linea stessa o sui risultati dell'azione si11daca/e. Non solo: mentre è sempre pericoloso, formula11doprincip{ generali, decidere che il sindacato deve essere «moderato• e che i suoi leaders devono dunque, pitì o meno esplicitamente, fare i cani da guardia della conflittualità operaia, è lecito pretendere che i lavoratori moderati abbiano mezzi per esprimere la loro opillione. So che molti sindacalisti 11011saran110d'accordo, perché è indubbio che un sistema più fluido di formazione delle rappresentanze aziendali, metodi più gararrtistidi voto, metterebbero in forse /'esiste11za di tanti pri11cipiacquisiti della lotta sindacale e dunque della conflittualità. Ma permetterebbe. forse, di evitare una rottura molto pericolosa. Pitì democrazia aziendale, dwrque, più attenzio11edei partiti 11011 ta11toper quello che il sindacato fa, mapercomedecidedifarlo.11 dibattito, ammesso che i primi accenni di queste settimane 11011 muoiano nel disinieresse t.1enerale sarà lungo e difficile. No11soio per carenza di vo/0111à,ma anche perché la legge, su tutta la questione, offre molto poco. Anche se in occasione del tre/1/emraledella Vii Giorgio Benvenuto lo ha tirato fuori come la cosa nuova degli a11ni '80, il referendum difabbrica previsto dal 'articolo 21 dello statuto dei lavoratori, purtroppo, è uno strume/1/o praticamente inutile ai nostri fini. Si potrebbe dire, anzi, che sia presente nella legge co11lo scopo opposto: quello di offrire no11u11a possibilità di esprimersi al dissenso, ma al co/1/rario un'occasione alla maggioranza di indire plebisciti. Qualcuno, rece111eme111e, ha parlato di •norma suicida», messa apposta per impedire u11ainterpretazione estensiva di altri articoli della legge, quelli pitì importami per la libertà d'azione sindaca/e di tutti i lavoratori. Ma il suicida, se non tiene conto di questi problemi, rischia ora di essere il sindacato stesso. Silvio Bencini I APRILE /980

... ..-r .. ._.■ _... ..-r .... ■ ... ■ --~ ... - ... ■ --~ .. . TERRORISMO Figli di nessuno TRA UN FUNERALE E UN'AS~ semblea, tra uno sciopero e un corteo, l'opinione pubblica, e quella di sinistra in particolare, si interroga in termini sempre più drammatici e angosciati sull'origine e sulla natura del terrorismo. Sull'«Espresso» del 23 marzo vengono riportate le opinioni di Giampaolo Pansa e di Giorgio Bocca, entrambi autori di libri sull'argomento di imminente pubblicazione. Senza potere per il momento tener conto di quanto verrà pubblicato su questi volumi, le tesi di fondo dei due giornalisti sono già abbastanza chiare. Per Pansa il terrorismo è figlio esclusivo del movimento nato dal '68; non ne è certamente l'unico figlio (nel senso che dal movimento sono nate anche altre cose), ma non ha altri genitori. Pansa ricorda l'ambiguità e lo equivoco che circondò l'atteggiamento della sinistra in tutte le sue sfumature durante questi anni nei confronti del fenomeno terrorista. Prima non volendo riconoscere l'identità dei nuovi protagonisti del terrorismo; poi consolandosi con l'ipotesi di una congiura e di una provocazione da parte del sistema; infine rassegnandosi a identificare i terroristi come «compagni che sbagliano». Pansa sottolinea con molta efficacia lo stato d'animo di sottile compiacimento che serpeggiava in buona parte della sinistra per le prime imprese brigatiste, quando erano dei sicuri «nemici del popolo» a essere colpiti. È stata necessaria la morie di esponenti della sinistra perché la massa cominciasse ad aprire gli occhi e venisse in chiaro l'assoluta e incolmabile estraneità della violenza del terrorismo rispetto alle esigenze della sinistra. Per Bocca la spiegazione è una altra. D'accordo con Pansa sui ritardi della sinistra nella comprensione del fenomeno, Bocca ritiene tuttavia che la sua origine risieda principalmente nel «Palazzo». Prima nei complotti che hanno portato al terrorismo di IL LEVIATANO Stato e alla strategia degli opposti estremismi, poi nella corruzione e nel disfacimento che hanno caratterizzato le «istituzioni» in questi ultimi anni, dando al fenomeno terrorista dimensioni e peso altrimenti impensabili. È evidente che le due interpretazioni guardano il fenomeno da due angoli opposti: i protagonisti del terrore nel primo caso, il quadro entro cui si muovono nel secondo. È altrettanto evidente che dalle due analisi discendono terapie opposte, anche se forse complementari, per la cura della malattia. Quello che va sottolineato è che mentre la prima interpretazione, pur se insufficiente, guarda alla specificità del fenomeno italiano, la seconda punta invece il dito su delle condizioni «oggettive» (la corruzione e il disfacimento) che tanto specifiche non sono. Vi sono e vi sono stati Paesi corrotti e in sfacelo (anche più del nostro) che non hanno avuto fenomeni di terrorismo, così come vi sono stati Paesi che hanno avuto il terrorismo senza per questo avere né la corruzione né lo sfascio delle istituzioni. Dunque la miscela è più complessa e in parte ancora da analizzare. Certo corruzione e sfascio sono un buon terreno di coltura, e Bocca ha anche ragione a ricordare la complicità del potere politico, della stampa e della magistratura che per anni hanno visto forme di lotta insurrezionali e antistituzionali senza alzare un dito; ma la premessa è stata certamente un'altra e va cercata nella tendenziale collocazione fuori del sistema che ha caratterizzato la sinistra italiana, nella sua prevalente componente comunista, in questo dopoguerra. Questo ha favorito l'inamovibilità e la corruzione del potere democristiano e l'estremismo corporativistico, anarchico e distruttivo delle lotte sociali di questi ultimi anni. Date queste premesse, data questa sinistra ibernata e antistituzionale, il movimento studentesco e sindacale dal '68 in poi ha potuto certamente provocare la scintilla del partito armato. Il fantomatico «Stato imperialista delle multinazionali• di cui favoleggiano i brigatisti e ai cui rappresentanti sparano, non è altro che l'odiato «sistema• o «Stato• che la sinistra e la sua cultura ha sempre pensato (dentro di sé o esplicitamente) che si abbatte e non si cambia. Per sconfiggere il terrorismo occorre riconoscerne tutti gli ascendenti. Non basta perseguire i colpevoli. Serve quindi anche una mentalità istituzionale e di governo, frutto di un'autocritica della sinistra, che le permetta di togliere tutti i suoi scheletri dal1' armadio e presentarsi ali' opinione pubblica come un'alternativa valida e praticabile. DISSENSO . Sacharov . pisano DAL 18 MARZO ANDREI SAcharov è cittadino onorario di Pisa. A differenza che a Torino, Pavia e Firenze la decisione è giunta dopo una vicenda travagliata, che aveva visto lo scorso mese il rigetto di una prima proposta,con 20 voti comunisti contro 20 democristiani, socialisti e repubblicani. Ma la questione non si è chiusa: un documento di protesta ha ottenuto in pochi giorni, nonostante la completa assenza di impegno dei partiti, la adesione della stragrande maggioranza degli insegnanti di quattro scuole medie superiori. Mentre questa campagna di opinione era in pieno sviluppo, la questione veniva riproposta al consiglio comunale: · Questa vicenda ci sembra una prova inquietante di quanto il richiamo della giungla stalinista si faccia sentire, al momento opportuno, fra i quadri intermedi del PCI. Ma anche, per fortuna, un indice della ribellione di settori d 'opinione, finora esitanti o disorientati, al conformismo compromissionario, e di una crescente sensibilità al significato universale della testimonianza e del messaggio del dissenso sovietico .. 11

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