PACE E GUERRA La sinistra sinistrata &FRATl'ARIA AL SISTEMA dell'alternanza la democrazia italiana non ha neppure stabilità. Questa non è che la conseguenza del fatto che nella democrazia italiana una sinistra, semplicemente, non c'è. Una considerazione così brutale interpreta la vivace percezione e il senso comune politico dei «cittadini• che sottoposti in questi anni a un'altalena di fiammate d'entusiasmo e delusioni, hanno finito col manifestare sfiducia e rigetto per quanto «la sinistra• (nei limiti in cui la parola conserva un senso determinato) in questi anni ha saputo CLAUDIO NAPOLEONI mettere in piedi, ma è soprattutto una maniera di dire quanto le incertezze e le contraddizioni della sinistra gravino direttamente sull'equilibrio di un Paese che è precipitato dalla staticità del bipolarismo imperfetto al caos dell'ingovernabilità. Incapace di esprimere una politica veramente adeguata alle esigenze di governo di una democrazia industriale, priva di risorse nel rimettere in moto il sistema politico già ingolfato da una dislocazione sui generis dei partiti questa sinistra non è stata neanche in grado di raccogliere le spinte del sistema sociale di cui si è limitata ad assecondare passivamente le l!:anze più massimaliste. IL LEVIATANO Finché il criterio di giudizio ·della politica della sinistra rimane quello di obiettivi che quando non sono impossibili sono contraddittori, quel tanto di politica di riforme che può esser messo in cantiere è destinato ad essere stravolto nonché a logorare le basi di consenso intorno ad esso. Sebbene si qualifichino inmodo assai diverso, inadempienze in questo senso esistono in entrambi i maggiori partili della sinistra. Il PCI, per un verso legalo a una prospettiva di spartizione consociativistica del potere con la DC, è fin troppo «dentro• il sistema dal quale contemporaneamente si mette del tutto fuori interpretando questo «passo» come la fonte di un grande «cambiamento•. Il PSI, che è invece la chiave di volta del rinnovamento dell'intera sinistra italiana. ha come tutti sanno le sue incertezze. le quali non derivano solo dalla sua collocazione specifica nel sistema politico (partito «maggiore dei minori e minore dei maggiori» come lo ha definito Bobbio), ma anche dal doversi presentare come comune punto di riferimento tanto per un'area democratica - progressista - di sinistra, ivi comprese le venature libertarie, disillusa del mito del socialismo reale e diffidente del compromesso storico, tanto per una moderata in senso più tradizionale e più sensibile alla stabilità delle istituzioni. Il logico corollario, ma puramente teorico, sarebbe che la sinistra si attrezzasse ad essere sinistra di governo. Ma poiché questo è il materiale con cui si dovrebbe costruire,nessuna meraviglia che-anche il nuovo invito a dar vita a un •comune programma di transizione», rivolto a tutta la sinistra da Castellina, Napoleoni, Rodotà con la rivista «Pace e guerra», appaia mangiato dalla muffa dei vecchi errori. Il numero zero avvia una riflessione sulle radici dell'emergenza, la crisi economico-energetica, gli equilibri internazionali, il '68, il sistema di potere DC, e implicitamente le manchevolezze della sinistra: «bisogna riconoscere che le nostre risposte, mi riferisco - dice De Martino - non solo al PSI ma all'intera sinistra, sono inadeguate, e talvolta arcaiche». Una considerazione di autolesionismo retorico, se commisurata all'intransigenza con cui poi sulla stessa rivista si sostiene che misure di LUCIANA CASTELLINA riforma all'interno, l'esplorazione della via europea alla pace e lo stesso governo d'emergenza devono essere subordinati alla prospettiva di «un modello di sviluppo economico e culturale radicalmente diverso da quello che conosciamo» (Magri). Tuttora remota dagli arcana imperi i di una vera e propria cultura politica e «bucando» le ragioni che hanno finora reso inadeguata l'azione delle sinistre nella direzione di una coalizione d'emergenza, questa rivista rischia con tutta probabilità di vedere il proprio progetto morir di parto. Tanto più che questa proposta rimane per ora sospesa tra la valutazione priorit~ria della questione del potere e il ventilare linee di riforma così ampie, quando non dichiaratamenle destinate a travalicare i limiti del sistema, e contraddittorie ali' «emergenza» che dovrehhe invece nel quadro istiluzionale ricreare condizioni di governabilità economica e politica. E tanto basterebbe se questo progetto non pretendesse poi di avere le sue basi di «necessità». Nel corso di una polemica, sulla famigerata «compatibilità», Napoleoni nel 1976 aveva sostenuto (se la memoria non inganna) che il sistema deve essere compatibile con la politica sindacale e non viceversa. In Italia. diceva Napoleoni, è stata l'iniziativa dinamica e veramente moderna della classe operaia ad essere inibita da una composizione sociale arcaica e da un dirottamento sistematico della produttività verso il consumo dei ceti tradizionalmente improduttivi piuttosto che verso I' incremento dei salari industriali. In quesJ
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==