SECHI I Medico, cura te stesso IL RIMANERE, COME SI USA dire. in mezzo al guado espone il Partito comunista ad attacchi concentrici da destra e da sinistra: non saremo noi a contestare la giustezza di molti di questi attacchi, ma c'è qualcosa in essi che suscita. talvolta. perplessità e diffidenza. Occorrerebbe. prima di tutto, definire bene il bersaglio della polemica, per non correre il rischio di colpire, nel PCI, proprio qualche suo titolo di merito e ciò che lo differenzia, positivamente, non solo dall'estremismo di sinistra, ma anche da certi confusi progetti di marca radical-socialista. li limite più grave della linea politica comunista non sta in un certo suo spregiudicato pragmatismo, ma nella pretesa di poter a lungo conciliare questa prassi «liberale», che si esprime concretamente in migliaia di amministrazioni locali - nelle quali i comunisti governano talora non solo con i socialisti, ma anche con i repubblicani e i socialdemocratici -, e un progetto politico che oscilla confusamente fra proposte di «compromesso storico» con la DC e velleità di fuoriuscita dal sistema capitalistico. Sono riflessioni di questo genere che ci rendono dubbiosi di fronte alle tesi espresse nel libro dello storico comunista dissidente Salvatore Sechi (La pelle di zigrino - storia e politica del PCI - editore Cappelli). Quello che non ci convince in questo libro è la pretesa di conciliare le giustificatissime critiche al sistema centralistico-burocratico ancora vigente nel Partito comunista con una proposta politico-economica intimamente contraddittoria. A nostro parere, infatti, ogni analisi circa la rigidità burocratica del PCI e la sua mancanza di reale democrazia interna non può che sfociare nell'invito a praticare un riformismo l:_oerente fino in fondo, ad abbanu CULTURA I donare, assieme con la pratica dell'unità coatta, la pretesa di essere contemporaneamente partito del sistema e partito che lavora per fame scoppiare le contraddizioni. Sechi non ama il «modello emiliano» ed avanza tutta una serie di argomentazioni che colgono più volte nel segno. li pericolo di corporativismo e di pura aggregazione di interessi divergenti ascopo elettorale è qualcosa che non può essere passato sotto silenzio: il riformismo. concepito a questo modo, rischia di trasformarsi in fattore di disgregazione sociale e di rivolta violenta. Né si può negare la crescente tendenza del partito ad appiattirsi su un'immagine interclassista e «democristiana», per insediamento sociale. e. Sechi apprezza gli inviti amen: doliani alla democrazia interna, ma ne contesta duramente la linea economica. Eppure ci sembra, da un punto di vista riformista e, quindi, interno al sistema, che la linea di Amendola sia. nel PCI, l'unica che possa. concretamente e senza indulgere ai sogni velleitari delle «terze vie». opporsi ai guasti del falso riformismo corporativo, grande risorsa della Democrazia cristiana e vizio in cui sono spesso incorsi anche i partiti suoi alleati. li «lamalfismo» di Amendola. il suo insistere sui temi dell'austerità e dell'etica del lavoro. sono, in realtà. quello che ancora sopravvive dell'eredità gramsciana in un partito che ha dovuto, di fronte alla tenace capacità di sopravvivenza non solo del capitalismo. ma soprattutto della società liberale, abbandonare molti miti e rivedere molti progetti alternativi. I comunisti sanno tener conto delle dure lezioni della storia assai SALVATORE SECHI più di altri partiti anacronisticamente legati a una cultura di tipo anarchico-romantico. Lavorare. dunque. per permet- _tere al capitale parassitario _dj rinsanguarsi e riprendere il suo ciclo? Fare sacrifici per consentire a una borghesia d'accatto, che ha nella DC non tanto la sua rappresentante politica. quantp _la· ·sua indispensabile articolazione statal-burocratica. di continuare a percepire le proprie rendite sulla pelle del lavoro produttivo, usando per di più la violenza degli emarginati come alibi per instaurare una democrazia autoritaria? Non ci pare che questo sia il senso di un riformismo davvero coerente con le sue premesse. D'altra parte, ci sembra del tutto impraticabile il progetto di Sechi di coinvolgere la borghesia produttiva in una programmazione economicosociale che dovrebbe. in definitiva. portare alla sua distruzione. Come non crediamo alle miracolistiche virtù di un liberismo sfrenato. così ci risulta inaccettabile un'idea della programmazione che la veda come bomba per far deflagrare il capitalismo, quello efficiente non meno di quello assistenziale. Ci provò, ai tempi del centro-sinistra, Riccardo Lombardi: l'esperienza, tuttavia, dovrebbe aver insegnato che non si può guarire un malato uccidendolo. E una cura un po' troppo radicale. Se qualcuno la vuole provare, è bene che se ne assuma tutte le responsabilità, avendo ben chiari i fini che si propone e non cercando alleati in mezzo alle sue vittime predestinale. Forse i comunisti come Amendola (che sono ormai tanti, anche se, diversamente da lui, un po' · troppo silenziosi) sono arrivati ad una conclusione per loro ideologièamente ripugnante, anche se logicamente e storicamente ineccepibile: nelle società occidentali. se si vuole far politica e non letteratura romantico-estetizzante sui bisogni dei nuovi soggetti sociali, bisogna muoversi all'interno dello Stato liberale e dei rapporti di produzione capitalistici. Niente è ·immutabile e nessuno sarà così sciocco da sostenere che il capitalismo è eterno; ma la sua trasformazione non passa attraverso gli emarginati di Bologna. PaoloBow':J 18 MARZO 1980
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