Il Leviatano - anno II - n. 9 - 11 marzo 1980

...... ~ ... _ ...... ~..... . ..... ~ ..... • .,. ■ lliiiii■--lrll■ -■lrll • lliiiii ■--lrll■ - .• ,. ii lliiiii■--lrllii HELMUTH KOIJL _ ca. la crisi di questo Stato che va in pezzi per la corruzione e per il terrorismo (alimentato dalla corruzione), la crisi dei rapporti internazionali (sapendo che siamo in Occidente, non in Oriente e nemmeno nel Terzo mondo). Nel decidere queste poche ma importanti e improrogabili cose, le scelte non sono ideologiche, ma pratiche, all'occidentale. Di ~progetti di società,., molto belli, le sinistre italiane hanno già fatto indigestione mentre gli Evangelisti governavano alla loro maniera; adesso si tratta di pochi e precisi punti programmatici di governo, che non mancano a tavolino ma che si deve poi applicare e non impasticciare. Quindi lo si voglia o no, il discorso torna a chi dà - all'opinione pubblica, agli elettori (anche qui secondo schemi occidentali pratici, non secondo ideologie) - maggiori garanzie di poter fare, e di fare meglio. Le combinazioni parlamentari sono poche per via dei numeri, il compromesso storico è rinviato alle calende afghane, l'alternativa di sinistra (oltre a non avere i numeri) non la vogliono i comunisti (coerentissimi su questo, al massimo la concepiscono come supporIL LEVIATANO to tattico lungo la strategia del compromesso storico), resta da scegliere chi può dare un minimo di affidamento, e allora il discorso - terra terra - diventa: avendo i comunisti perso per l'ennesima volta l'autobus (perché non basta il ~dissenso,. dall'Oriente se non si sta convinti con i piedi e soprattutto con la testa nell'Occidente), è meglio dare la direzione di un governo al solito partito degli evangelisti o a qualcun altro? Se si ragiona così, invece di proporre a Craxi subordinate inesistenti, lo si vincoli a una sola proposta e a una sola subor- .dinata: presidenza socialista o presidenza laica. Poi dicano gli altri se ci stanno. Compresi i sindacati se vogliono il patto sociale con qualcuno che esiste invece che con l'inesistente. LucianoVa.rconi URSS Una ragione di vita L RIPROVAZIONEDAPARTE del PCI del 'intervento sovietico in Afghanistan, per quanto cauta e accompagnata da appelli a una immediata ripresa praticamente senza condizioni del dialogo con /'aggressione, ha tuttavia suscita• to in certi settori della base e dei quadri, reazioni inquietanti; che fanno intuire quanto sia difficile e remoto quell'addio alla Russia, che il mese scorso Scalfari dava già per scontato. Alcuni personaggi formalmente ai margini del potere comunista, ma tuttora prestigiosi, come lo storico del cristianesimo Ambrogio Donini e l'ex-presidente della Corte costituzionale Giusep• pe Branca, a suo tempo esegeta della sapienza giuridica dellaprocedura penale staliniana e del valore probatorio delle ,confessioni», si sono pronunciati dura• mente contro le ingerenze negli affati interni afghani. Non contro le azioni del/' Armata rossa, che ingerenze certamente non sono; ma contro fatti, quelli sì lesivi della distensione, come le dichiarazioni antisovietiche e anti• afghane che avrebbero «inquinato» lo sciopero generale del /5 gennaio. Accanto a lettere, talvolta instr litamente radicali, di critica ali' URSS, e a scolorite adesioni alla linea ufficiale, sono piovute alla redazione del/'«Unità» lettere di giustificazione del/' intervento sovietico. E queste ultime sono dovute non solo a vecchi compagni, che della trasfigurazione del- /' URSS hanno fatto ormai una ragione della loro vita, ma a giovani dirigenti della FGCI. Si tratta di inevitabili resistenze a una linea revisionistica, discorie del passato in via di graduale eliminazione, che appunto per questo sono sottoposte dal/'• Unità» ali' attenzione critica dei militanti? Piacerebbe crederlo. Ma il fatto è che queste lettere riciclano, liberandole dal 'ambivalenza e dalla cautela, valutazioni giustificazioniste presenti nelle posizioni «critiche» di vertice. Quando alla TV Romano Ledda, della sezione esteri del Comitato centrale, unisce alla deplorazione il richiamo alpericolo di accerchiamento incombente sul 'Unione Sovietica, e l'Unità «deplora» «la reazione eccessiva al rischio dell'accerchiamento»; quando irifìne lo stesso GiorgioAmendo/a invita a •tener conto• della presenza nel 'area medio-orientale dello «imperialismo americano,, che cosa dovrebbe dedurne il compagno di base? Accompagnata da simili riserve, del tutto omogenee col mito stalinista del 'URSS accerchiata, pacifica, non può certo innescare alcuna crisi radicale e diffusa della mentalità delle masse comuniste: né nella sua dimen, sione apertamente stalinista, né in quella, più subdola e pericolo• sa, fatta di atonia morale e di indifferenza difronte a qualunque infamia perpetrata da quella parte, che preliminarmente si è accettata come giusta. Non meno ambivalenti di quelle sull'Afghanistan sembrano d'altronde· le reazioni alla deporta• zlone di Sacharov. l'«Unità» dava per scontato, nel 'ambito dello stesso scritto che criticava l'Intolleranza del dirigenti sovietici, che il dissenso sia minoritario e isolato «di fronte alla generalità (!) de/l'opinione pubblica sovietica,. 7

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