MONOPOLIO RAI-TV L'iniquo canone NoNOSTANTE u CRISI ENERGETICA MONDIAie, non c'è aumento della luce, del gas, della benzina, del gasolio che non trovi la pronta e demagogica opposizione dei sindacati. Quando invece si tratta - come si sta facendo in questi giorni - di aumentare del 50% (cinquanta per cento) il canone televisivo (bianco e nero e colore), il sindacato tace e i partiti di sinistra (PSI e PCI) trovano subito la via dell'accordo con la Democrazia cristiana (ai voti di questi tre partiti si è aggiunto il voto del PSDI, il che ci ha lasciato letteralmente sbalorditi, visto che, se non ricordiamo male, al recente ultimo cong~esso era stato addirittura il segretario in prima persona, Pietro Longo, ad avanzare l'ipotesi che fosse necessario rimettere in discussione il monopolio radiotelevisivo). Se l'ENEL ha un buco di mille miliardi, si piangono le condizioni economiche dei più disagiati; il dramma dei pendolari viene opposto ad ogni aumento della benzina, anche se i pendolari, poveracci, prendono il treno. Se mancano invece i soldi alla RAI, allora, cari signori, dovete capire, il deficit, la quadratura del bilancio, il servizio pubblico, e tante chiacchiere. E sì che mentre l'energia elettrica. i trasporti. il gas. il gasolio non c'è nessuno disposto a fornirceli ai prezzi politici tuttora praticati - e se non ci fosse lo Stato dovremmo tornare alle candele e ai cavalli -, il servizio radiotelevisivo sono invece in tanti a proporcelo. e gratis. Basterebbe dare certezza. aura- . verso una regolamentazione liberale. ai privati e avremmo, con la sola seccatura di qualche spot pubblicitario che d'altra parte la RAI non ci risparmia, almeno una decina di reti televisive efficienti, moderne e non lottizzate e soprattutto in concorrenza tra loro. E poiché il loro ricavo lo trarrebbero appunto dalla pubblicità, farebbero di tutto per aumentare gli indici di ascolto e di gradimento, farebbero di tutto cioè per trasmettere ciò che il pubblico, cioè il popolo, gradisce. (A queste reti, se si vuole, si potrebbe affiancare una rete culturale a finanziamento pubblico, un po' com'era una volta la terza rete della radio). Ma il popolo, si sa, è fregnone. Per cui che cosa debba vedere alla televisione lo debbono stabilire i partiti attraverso la commissione parlamentare di vigilanza. E con la scusa di «fare cultura», gli propinano ignobili trasmissioni fatte per piacere non a chi paga il canone, ma a chi comanda, cioè ai burocrati di partito. Nonostante la qualità delle trasmissioni sia scadente, un numero crescente di italiani preferisce vedere le televisioni private anziché la televisione dei partiti. Questa esplicita e manifesta volontà dei telespettatori imporrebbe di mettere le televisioni private in condizione di competere effettivamente, alla pari, con la televisione pubblica. E si dovrebbe quindi non solo, come si è detto, dare certezze agli investimenti dei privati, ma contemporaneamente abolire il canone che privilegia ingiustamente e ingiustificatamente la RAI. Invece di abolirlo, ora il canone ce l'aumentano. A nostro parere, è giunto il momento di battersi IL LEVIATANO per l'abolizione del monopolio radiotelevisivo e in primo luogo per l'abolizione del canone. Per questa battaglia, v'è, a nostro parere, anche un problema di diritto: la Corte costituzionale ha riconosciuto la legittimità delle trasmissioni private, almeno su scala regionale. Ma se trasmettere è lecito, sarà lecito anche ricevere quelle trasmissioni, e quindi avere in casa un apparecchio televisivo, senza per questo dover pagare un canone a un'emittente che, invece, non si vuole ricevere. Come può essere estorto un canone a chi dichiara di voler ricevere solo le trasmissioni delle televisioni private? Tutt'al più gli si potrà chiedere di pagare la tassa a favore dello Stato compresa nell'attuale canone, senza che debba anche rimpinguare le casse della RAI. Non c'è nessun giurista che si sente di sostenere in giudizio - fino alla Corte costituzionale - questa nostra tesi che sembra logica, oltre che giusta e democratica? Innamorato della,ter.zar, ete PROPRIO A ME DOVEVA CAPITARE! UNA Disgrazia così, non la auguro neppure al peggiore dei miei nemici. E, tuttavia, forse, tutto il male non viene per nuocere. Lasciatemi un poco sfogare, perché forse da queste mie personalissime lamentele nascerà un discorso che interessa tutti quanti. Dunque, una sera capito, per caso, in un ristorante, incontro un gruppo di amici. Sapete come accade. «Mio caro, noi andiamo tutti da Massimo, perJJ
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