Il Leviatano - anno II - n. 5 - 12 febbraio 1980

EDITORIALE l Un programma serio DuNQUE. CRAXI DICE CHE VUOLE I comunisti al governo, pensa che, nell'attuale situazione interna e internazionale, sia molto difficile che ci vadano e quindi, avendo dimostrato che non è colpa sua se il «governo di unità nazionale» non si può fare, spera di portare tutto il Partito socialista al governo a cinque, riaprendo la questione della presidenza del Consiglio: inoltre, avendo mantenuto un atteggiamento di disponibilità nei confronti del PCI, conta sulla restituzione del favore da parte dei comunisti. Spadolini, erede del partito di La Malfa, l'inventore, in altri tempi, della formula di «solidarietà nazionale», non può decentemente smetterla, come farebbe con un abito usato, ora che è diventata impraticabile. Propone allora una trattativa tra tutti i partiti «senza pregiudiali»: ma in compenso richiede con forza l'adesione comunista a una linea di politica estera che il PCI non può accettare (un conto è barcamenarsi, un altro è schierarsi apertamente tra le forze ostili all'URSS). Longo e Zanone, fiutando il cambiamento di vento in casa repubblicana, faciliiano la manovra di Spadolini, accettando l'incontro senza pregiudiziali ma dichiarandosi, giustamente, convinti che il PCI sulla linea filoamericana non marcerà. I comunisti cercano di spaccare il fronte laico proponendo l'esclusione di PLI e PSDI dall'incontro: sapendo che al governo non ci andranno, non vogliono farsi incastrare sul programma. Quindi: prima dit~ci che ci volete, poi decidiamo per fare che. Magri è uno zombie. I radicali eludono. La Democrazia cristiana approfitta dell'insipienza di Riccardo Lombardi: visto che il governo con i comunisti non si può fare, esclusa l'ipotesi di portare i socialisti nel governo con liberali, repubblicani e socialdemocratici, poiché i socialisti temono elezioni anticipate da cui probabilmente uscirebbero battuti, giocando i comunisti contro i laici e i laici contro i comunisti, la DC continua, come ha fatto finora, a tenersi per sé. tutto il potere. Che la politica sia un'arte non saremo noi a negare. Che, come ogni arte, presupponga la conoscenza di una tecnica non perfettamente accessibile a tutti, e che di questa tecnica faccia parte la capacità di far ricadere sugli altri le responsabilità per i mali e far apparire se stessi gli artefici dei beni, appare incontestabile. Se però questa tecnica diventa virtuosismo, se ciascuno crede di poter dire il contrario di 1 quello che pensa, che è a sua volta il contrario di quello che fa, se, in una drammatica situazione interna e internazionale, dimenticando le preoccupazioni e le aspettative del Paese, ogni forza politica si comporta come se al Paese il Palazzo non dovesse rispondere: se accade tutto questo, non ci si può stupire del progressivo decadimento delle istituzioni, del progressivo discredito del parlamento, della frattura che si allarga fra Paese e classe politica. Il Paese è stanco di un gioco politico inconcludente, di un'«emergenza» da cui non si esce mai. di mali unanimemente diagnosticati ai quali non si pone mai rimedio, di toccasana miracolistici che si rivelano regolarmente ricette alla Dulcamara. Ci avete promesso di risolvere il problema della disoccupazione giovanile e poi avete votato una legge che si è rivelata una truffa. Ci avete promesso una casa a prezzo ragionevole e il risultato è che case in affitto non se ne trovano più. Ci avete promesso la giustizia fiscale e ora non avete di meglio che immaginare controlli sugli avventori dei ristoranti, quando tutti sanno che questi controlli non ci saranno mai. Ci avete promesso l'aborto libero e gratuito, e le ragazze incinte continuano a ricorrere alle praticone e alla mammane. Avete detto che ridurre l'inflazione era la prima delle vostre preoccupazioni e, all'inizio del decennio, navighiamo verso un tasso del 30%. Ci avete promesso l'ordine e i terroristi sparano indisturbati nel mucchio. Ci avete promesso un'amministrazione pubblica efficiente e non c'è settore dell'amministrazione, dalle poste alle ferrovie, dai tribunali alle regioni, che non faccia acqua da tutte le parti. L'ultima promessa è la salute per tutti: la riforma sanitaria. Di fronte all'incauto ottimismo della classe politica, il Paese già sa, per antica esperienza e per semplice senso comune, che non funzionerà. A costi sempre crescenti - il servizio sanitario 11011 è gratuito, come si dice: lo paghiamo, e caro, tutti noi -, la riforma offrirà servizi sempre peggiori, l'ospedale 11011 funzionerà come non funziona la posta. Al ministro Altissimo - il quale, non si sa se per amore dell'avventura o per vocazione suicida, da una parte, da liberale, partecipa a convegni organizzati dalla Fondazione Einaudi nel corso dei quali i relatori (prof. Arthur Seldon) definiscono la riforma «una bella carrozza, il cui unico difetto è che non esiste un cavallo che 12 FEBBRAIO /980

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