strumenti come il pluralismo dei servizi. l'autogestione (soprattutto la cooperazione). la garanzia di un minimo per- i più bisognosi. il managerialismo. Che cos'è dunque venuto fuori di preciso da questo confronto? Che si deve dibattere sui mezzi e non più sui fini; che ovunque, e specialmente in Italia, lo Stato, con la sua pubblica amministrazione e i suoi interventi economici, può creare danni alla società e ai ceti meno privilegiati; che è necessario garantire la qualità dei servizi pubblici per rispondere soddisfacentemente alla domanda dei ci11adini. Sembra che sia finita l'era del processo al mercato e si apra quella del processo allo Stato. Meglio tardi che mai. Tuttavia, se le diagnosi liberali che hanno portato avanti questa presa di coscienza sono rigorose e indicative di un metodo valido (il mercato). che anche se imperfetto è sperimentato, le soluzioni socialiste sono, per quanto ancora non chiare e inadeguate, ricche di motivazioni che rendono necessaria un'ulteriore ricerca e sperimentazione. Giovanni Aldobrandini L'esempio dei vecchi IN QUESTO ULTIMO ANNO, DALL'ELEZIONE DI Pertini alla Presidenza della Repubblica agli interventi di Amendola sulla stampa e alla televisione, la vecchiaia ha riacquistato presso l'opinione pubblica un prestigio che sembrava definitivamente sepolto sotto l'industrialismo ed i miti giovanilisti di destra e di sinistra. Già sull'Espresso l'ignoto Eventyr aveva dimostrato la falsità della tradizione che attribuisce ad un fanciullo la celebre sentenza «li re è nudo•, anzi i fanciulli furono i primi a prestarsi alla finzione del re vestito, e fu invece un vecchio che non aveva più né da temere né da sperare, a prendersi il gusto e la responsabilità della verità. L'esperimento si è ripetuto venerdì 14 dicembre davanti alle telecamere e Giorgio Amendola, un po' per coerenza, un po' per non deludere i suoi tifosi di ogni parte politica, l'ha ripetuto: «li re è nudo•. Martedì 11 dicembre è stato il giorno della decimazione nell'Istituto aziendale di Torino; lo stesso giorno al convegno sulla riforma di P.S. il segretario della CISL Pierre Camiti sostiene •Questo Stato vuole suicidarsi ma non salviamolo con le armi•. Giovedì 13 il Circolo Socialista •Mondo Operaio• organizzava un dibattito sugli arrestati del 7 aprile, Negri, Scalzone e C. con interventi dei soliti Spazzali, Branca e Giacomo Mancini divisi fra semplici •garantisti• e aperti «innocentisti•. li 14dicembre su La Repubblica, l'autorevole Rodotà, Gran Ciambellano e capo della folla che grida ammirata dai vestiti del Re, tuonava: • ... il terrorismo sta facendo nascere un pericoloso consenso di massa intorno all'adozione di misure autoritarie. travolgendo gli argomenti della ragionevolezza ed incrinando l'adesione alle regole della democrazia•. Ma il vecchio. che non ha più da sperare per sé ma da temere per gli altri. sollevandosi dallo schiamazzo. disse ai telespettatori le seguenti verità: I) li problema di gran lunga più grave dell'Italia è il terrorismo. 2) Esso ha raggiunto dimensioni tali che non si può fare a meno di parlare di guerra civile. 3) Esso prospera anche grazie alle complicità intellettuali di chi giustifica il terrorismo con la scusa delle ingiustizie sociali. Amendola ha messo a fuoco un fenomeno osser6 vato da tempo, la tendenza degli intellettuali a solidarizzare con l'eversione in generale, sia di destra che di sinistra; la loro tendenza ad attribuire i mali e le ingiustizie sempre alla società, «accettare che il male e la disuguaglianza siano da natura, ... significherebbe arrendersi all'ineliminabilità del male stesso, rinunciare all'assoluto in terra• (Domenico Settembrini - li Labirinto rivoluzionario - Rizzoli 1979pag. 29). Se si esaminano gli atteggiamenti prevalenti fra giornalisti e intellettuali di spicco nelle vicende del terrorismo, è facile constatare quanto Amendola colga nel segno. A cominciare dall'Ateneo di Padova, dove dopo i più efferati episodi di violenza, il corpo docente si trovava diviso tra mozioni di condanna della violenza «comunque•, e mozioni di condanna della violenza immotivata. In questa atmosfera è maturata quella guerra dei manifesti che ha visto al centro il coraggioso professore Ventura. Ridotti all'osso, i fatti sono questi: all'appello «garantista• alla Magistratura del 15 settembre in difesa dei diritti degli imputati Antonio Negri, Franco Piperno, Oreste Scalzone e altri, è seguito un contro-appello di docenti dell'Ateneo padovano che contestava il carattere di opinione alle idee degli imputati in quanto esse si configurerebbero come incitamento e giustificazione dei 500 attentati a persone e cose avvenuti a Padova nell'ultimo anno. La prevista risposta dell'Autonomia non si è fatta attendere, ed il 27 settembre il prof. Ventura Angelo, uno degli animatori del gruppo del contro-appello, è stato ferito nel modo solito. Immediatamente viene stilato un documento di solidarietà al prof. Ventura firmato prima da 56 professori, perlopiù colleghi del ferito, e poi da altri 82 intellettuali variamente collocati tra PSI e PCI. Ma invano si cercherà tra questi ultimi qualcuno dei 407 firmatari del primo appello a garanzia degli imputati. Inoltre i Partiti democratici locali e l'ANPI organizzano una manifestazione a Padova contro il terrorismo: risultato non più di 500 persone, e nessuna delle «stars• firmatarie del documento garantista come Moravia, Sciascia, Eco, Bocca, ecc., l'unica eccezione è l'imbarazzato Cacciari. Questa cronaca agghiacciante impone alcune considerazioni. I - Soppesando le firme ai due documenti si nota una schiacciante superiorità, non solo numerica, a favore del primo, e questo significa che se la libertà e la democrazia in questo Paese dipendessero dagli orientamenti prevalenti tra gli intellettuali, esse sarebbero già state spazzate via dalle spallate dei terroristi di destra e di sinistra. E questo non perché tale maggioranza sia filo-terrorista, ma perché è suo fermo convincimento che la minaccia alle Istituzioni viene da giudici e poliziotti più che dal Partito Armato, fino a non molti anni fa ritenuto una variabile delle •trame nere». Traumatizzati dal fascismo, i sedicenti garantisti vedono fascismo dappertutto. come certi adulti che vivono tulla la vita segnati dal trauma infantile. Il - E' fuor di dubbio che Gentile non ebbe alcun rapporto con i sicari di Ma11eotti, e nemmeno simpatia vista la sua concezione dello Stato. ma il suo manifesto dette forza politica e prestigio culturale ad un Partito che praticava l'omicidio come strumento di lotta politica: e questo 19 anni dopo i partigiani fiorentini non glielo perdoneranno. Così la qualifica di filosofo non salvò Rosenbcrg dalla condanna a morte al tribunale di Norinberga perché riconosciuto consigliere di Hitler. È lecito chiedere agli ex partigiani: la politica forse diventa follia omicida solo se rivolta contro gli Ebrei? O lo è meno quando prende 25 DICEMBRE /979
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