Il Leviatano - anno I - n. 8 - 25 dicembre 1979

EDITORIALE Una democrazia vacillante UNA DEMOCRAZIA NON PUÒ VIVERE IN una situazione di tensione pennanente quale conosce oggi l'Italia. Crisi economica, crisi istituzionale, crisi di valori, frattura fra Paese e forze politiche, violenza dilagante in tutti' i campi e in difesa degli interessi di ogni individuo e di ogni corporazione, ricorso continuo allo sciopero, malessere nei gangli vitali dell'apparato pubblico - polizia, carabinieri e magistratura -, occupazioni e pestaggi, blocchi stradali, manifestazioni annate, attentati e omicidi a catena: questo è il quadro del Paese; e in questo quadro pensare che possa sopravvivere un sistema politico di «nonnalità», come è quello della democrazia, è pura illusione. Per cui: o la democrazia saprà difendersi, saprà ristabilire energicamente le condizioni che sono necessarie per la sua stessa ·sopravvivenza, o è destinata in breve tempo a soccombere. Ma quali siano le condizioni necessarie per la sopravvivenza della democrazia non sembra essere abbastanza chiaro a tutti. Alcuni pensano che la «fede democratica» della maggioranza del popolo sia un argine sufficiente contro chi spinge invece alla guerra civile. Altri, osservando i guasti prodotti dal malgoverno e gli innegabili,acuti contrasti sociali, pensano che la risposta al terrorismo debba essere soprattutto «politica», e cioè intesa a sanare questi contrasti, a riconnettere il tessuto lacerato del Paese in una nuova annonia: si veda il titolo preoccupato della «Repubblica» del 16 dicembre: «Una risposta "militare" - Il governo punta tutto sui .carabinieri». Altri ancora, perfino, condannano coloro che sparano solo in nome dell'infelice scelta tattica, ma ribadiscono il valore positivo della violenza rivoluzionaria, anche se da praticare in altri tempi e altri luoghi. In realtà dovrebbe essere chiaro che la fede democratica della maggioranza non basta per conservare la democrazia; la democrazia funziona quando la minoranza accetta il sistema democratico. Se una minoranza invece, anche inizialmente limitata (e questo comincia a non essere più il caso dell'Italia), riesce a imporre l'abbandono delle regole della democrazia, il ricorso alla violenza e alle anni sarà inevitabile da tutte le parti, porterà inevitabilmente alla guerra civile, quali che siano le buone intenzioni dei più. 2 Quando alla guerra civile saremo arrivati, ed è questo chiaramente il disegno politico di chi oggi spara e uccide, si sparerà da tutte le parti in nome di cose diverse dai principi costituzionali. Gli schieramenti politici più consolidati, i partiti più consistenti, i sindacati onnipotenti finiranno per essere travolti; chi sembrava isolato apparirà l'avanguardia. Le convinzioni oggi apparen- · temente più salde cadranno nella ferocia dello scontro. Gli individui, i ceti, le classi lotteranno per la propria sopravvivenza; di democrazia si tornerà a parlare dopo una lunga epoca storica di dittatura. Allannismo? Non crediamo. La democrazia può ancora essere difesa, sebbene i tempi si facciano sempre più ristretti senza che la classe politica prenda atto della catastrofe incombente. Senza un'immediata svolta, il sistema democratico rischia di crollare entro pochi mesi. La svolta deve essere anzitutto una svolta politica. Il Paese è praticamente senza un governo stabile da quando è finita l'esperienza di centro-sinistra. I comunisti premono perché la crisi politica trovi uno sbocco con la loro partecipazione al governo del Paese. È una aspettativa legittima - quella di un così grande partito di opposizione - quella di accedere al governo, anche se noi non possiamo condividerla. Noi pensiamo, diversamente da altri per i quali solo un loro coinvolgimento nel potere potrebbe consentire una pacificazione sociale, che l'ingresso dei comunisti al governo, sulla onda di aspettative miracolistiche di soluzione della crisi economica, aggraverebbe ancor più la situazione. Quel che è certo è che, quando erano nell'area di maggioranza, i comunisti non riuscirono a imporre la moderazione alla loro base e tanto fu efficace la spinta che veniva dal loro seguito che dovettero interrompere la collaborazione di «solidarietà nazionale», costringendo allo scioglimento anticipato del Parlamento. Che cosa fa credere che le cose andrebbero diversamente se ai comunisti fossero ora concessi due o tre ministeri? Non è la partecipazione dei comunisti al governo che può salvare il Paese; molto può fare invece un loro atteggiamento responsabile: moderare la polemica, «dire la verità» al Paese, come richiede Amendola, nonostante le forti pressioni subite. 25 DICEMBRE /979

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