VJLLABRUNA, CARANDIN/, OLNEITI, SCALFAR/, PANNUNZ/0 un'economia liberale consapevolmente programmata, ben diversa dalla torbida miscela di keynesismo e populismo che il partito cattolico ha poi realizzato. Fu la grande ragione riformistica delle battaglie radicali e dei Convegni degli Amici del "Mondo" che proseguivano. su un piano di riformismo più organico e coerente, le lotte già da tempo iniziate contro il parassitismo pubblico e privato. Il gruppo del "Mondo" continuò, tuttavia, a muoversi nell'amhito di quella civiltà capitalistico-liberale, di cui auspicava non la fine ma la progressiva razionalizzazione; si trattava, specie in un Paese arretrato come l'Italia, di eliminare le zone di privilegio e di ridare alla funzione imprenditoriale una rinnovata validità sociale nell'ambito di una economia programmata. La politica di programmazione (attorno a cui si annodavano tutte le altre riforme, da q4ella fiscale a quella burocratica, a quella scolastica) implicava necessariamente la politica dei redditi, se non si voleva, attraverso una indiscriminata pressione salariale, mettere in pericolo la stessa strategia riformatrice. Bisognava stabilire una rigorosa scala di priorità, per non restare vittime di quella logica settoriale e corporativa, tipica dei grandi partiti di massa, che avrebbe ben presto bloccato la via del riformismo e aperta quella, che stiamo ancora percorrendo, del capitalismo burocratico e assistenziale. Il riferimento ideale del "Mondo" fu sempre costituito dalla tradizione liberale europea ed americana: la fedeltà ai valori dell'Occidente fu appassionata e talvolta rigida fino all'incomprensione di importanti fenomeni storici. E, tuttavia, pensando alle terribili delusioni di questi ultimi decenni, non si può non essere d'accordo con uomini che vedevano nelle istituzioni rappresentative della democrazia occidentale l'unica garanzia per la libertà degli individui e per l'autonomia della società civile nei confronti dello Stato. Il laicismo del "Mondo" - precisò una volta Guido Calogero - non era solo "la difesa dello u Stato dall'invadenza della Chiesa", ma "più propriamente la difesa della libertà dell'individuo tanto dall'autoritarismo dei cattivi Stati quanto dall'autoritarismo delle cattive Chiese". E la funzione dell'intellettuale in una società di massa consisteva, per Nicola Chiaromonte, nel mantenere "a qualunque costo il principio stesso dell'individualità, il diritto al dubbio e alla critica, il senso del vero e del falso, il rifiuto delle 'menzogne utili'". La difesa della libertà di stampa contro ogni forma di asservimento pubblico e privato, le battaglie per la riforma scolastica, per quella urbanistica, per quella dei codici, erano tutti momenti, fra loro intimamente coerenti, di un'azione politico-culturale rivolta a creare uno Stato efficiente e autorevole all'interno di una società libera e vitale. MARIO PANNUNZ/0 25 DICEMBRE /979
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==