Il Leviatano - anno I - n. 8 - 25 dicembre 1979

PIERRE-JOSEPH PROUDHON liberalismo economico, in Russia ne diventava la culla». Era l'epoca in cui Miljukov, capo del partito cadetto (cioè liberale), confutava con argomenti marxisti gli opposti estremismi conservatori di destra e di sinistra. Il marxismo nella rivoluzione industriale russa. diventava l'equivalente del pensiero manchesteriano nella rivoluzione industriale inglese. Non meno paradossale appariva la situazione culturale sul versante socialdemocratico vero e proprio. Plechanov il padre del marxismo russo, il maestro di Lenin, sembrava, con le sue idee, più vicino al cadetto Miljukov o al liberalmarxista Struve che al terrorista Tkacov. Quello che a un determinista rigoroso come Plechanov premeva soprattutto era l'avvento della rivu1uL1unc<letta borghese. Per lui, marxista classico, era non solo futile, ma pericoloso, voler anticipare con la violenza armata e con l'esasperazione dottrinaria una rivoluzione socialista prima che non ne fossero maturate tutte le condizioni oggettive e non si fossero consolidati, anche in Russia, uno Stato garantista di tipo li\)eraldemocratico e un'economia capitalistica evoluta. Questa concezione gradualistica dello sviluppo resterà poi, per sempre, lo spartiacque insormontabile tra il menscevis1no e il bolscevismo. I menscevichi, nonostante rntte le conce~~ioni occasionali alla demagogia rivoluzionaria. e nonostante la nota intransigenza ortodossa di Plechanov, custode inflessibile della dottrina in seno alla Seconda Internazionale, evolveranno verso posizioni che diverranno schiettamente liberalsocialiste al momento della loro sconfitta storica nell'ottobre 1917. Con altre parole, si potrebbe dire che i menscevichi diverranno dei liberali «anonimi». Prima di tornare a Marx, e al grave momento della frattura tra socialismo e liberalismo che IO con Marx si consumerà in Occidente alla metà del secolo scorso, mi era sembrato importante sottolineare questo bivalente filone liberale che aveva costantemente attraversato la storia dello stesso marxismo russo. Un filone che solo la terza rivoluzione russa, quella leninista, spezzerà. Non è vero che in Russia. data la sua arretratezza, non esistessero alternative diverse da quella di un socialismo autoritario destinato a imporre col terrore di Stato e col Gulag la rivoluzione industriale in un Paese sottosviluppato. Non è vero. C'erano in Russia già allora altre potenzialità, altre probabilità, altre ipotesi evolutive che vennero però tutte interrotte brutalmente non tanto dalla seconda rivoluzione, quella di febbraio, ma dal colpo di mano bolscevico contro di essa e contro le forze democratiche e socialiste che essa aveva espresso. Veniamo ora al Marx negativo, quello che ha contato e pesato di più non solo nel divorzio tra liberali e socialisti, ma nelle tragiche vicende dello stesso movimento operaio. Più studiamo oggi la figura e la lezione di Marx, e più vediamo che esse hanno molestamente sconvolto la naturalezza delle originarie coniugazioni fra liberalismo e socialismo. Perché Marx è uri' punto cruciale di svolta, di scissura storica tra le proposte di conflitto e di libertà del pensiero liberale e le esigenze di giustizia e di eguaglianza della tradizione socialista? Una risposta l'aveva già tentata Carlo Rosselli, nel suo Socialismo liberale. Rosselli considerava giustamente il marxismo come un corpo di dottrine a sé stante, un sistema autonomo, diverso e opposto sia al liberalismo che al socialismo. Per Rosselli il liberalismo è essenzialmente un metodo, il socialismo principalmente un ideale, mentre il marxismo non può essere né un metodo né un vero ideale perché è, fondamentalmente, un sistema. Tutto il libro di Rosselli, come ha notato Bobbio, è dominato da una tesi centrale: l'incompatibilità e pertanto l'inconciliabilità tra marxismo e liberalismo. Nella triade è il socialismo che si concilia col liberalismo. mentre il marxismo si contrappone ad ambedue e non si coniuga con nessuno dei due. Se Marx aveva imposto al socialismo, ivi incluso il socialismo italiano, la rottura col liberalismo. Rosselli col suo libro proponeva al movimentò operaio ormai adulto una netta inversione di rotta: proponeva alle nuove generazioni la necessità di una «rottura tra socialismo e marxismo». Diceva Rosselli: il socialismo, che era sempre stato considerato inscindibile dal marxismo, è con esso alla fine incompatibile, ed è invece perfettamente compatibile col liberalismo del quale era stato considerato, per lunga e arbitraria tradizione, l'antitesi. Il socialismo, secondo Rosselli, non solo non è incompatibile col liberalismo, ma ne è teoricamente e storicamente la continuazione e la logica conclusione. Vale la pena di citare, qui, l'acuta interpretazione che del socialismo liberale rosselliano fa 25 DICEMBRE 1979

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