Il Leviatano - anno I - n. 7 - 18 dicembre 1979

venire dall'esterno, dai due partiti a vocazione «popolare»: avra notato il parallelismo con cui il PCI respinge le «deviazioni socialdemocratiche» e una parte della DC esorcizza le «tentazioni liberaldemocratiche». Si parla di crisi di governo. La giudica imminente, o probabile nel prossimo futuro? Qual è il suo giudizio in proposito? Ritiene proponibile il •pentapartito• dopo il congresso DC? La crisi di governo in Italia è sempre imminente perché la DC è un Saturno che si rimangia, prima che crescano, i governi che mette al mondo. lo chiedo soltanto che la crisi, quando dovrà esserci, si apra nel parlamento, su motivazioni che consentano di individuare la successione possibile, affinché il 1980 non ripeta il destino del 1979che ha consumato oltre la metà dell'anno in condizioni di crisi governativa. Il pentapartito è difficile, lo si è visto a luglio. Ma arrivarci in qualche modo è necessario, se si vuole evitare il compromesso fra i due populismi e trovare la convergenza necessaria per una politica di legislatura. VALERIO ZANONE IL LEVIATANO UNIVERSJTA' ROSARIO ROMEO Di peggio • • in peggio UN ANNO FA, NEL NOVEMBRE - DICEMBRE 1978, le questioni universitarie stavano al centro dell'attenzione del Paese. La pretesa dei cosiddetti «precari» di entrare nei ruoli senza verifiche e senza concorso provocò una mobilitazione mai registrata prima dell'opinione pubblica e della cultura, di destra e di sinistra, contro la prepotenza degli interessi corporativi. la dequalificazione dell'università, il regresso intellettuale e scientifico che si minacciava al paese. Ne nacque il mediocre decreto Pedini, debole per molti aspetti e che tuttavia proponeva alcune soluzioni accettabili: ma, giunto alla Camera, bastò a farlo fallire l'ostruzionismo di due o tre demoproletari, insufflati da vecchi arnesi del sindacalismo scolastico che meriterebbero l'incriminazione per i danni recati alla scuola nazionale. Le assemblee legislative, e la Camera in particolare, si illustrarono poi con la immediata approvazione di un successivo decreto (il «Pedini 2--). che istit117innalinava le più deplorevoli novità della recente legislazione universitaria, estendendo la stabilizzazione a tutti coloro che avessero maturato un triennio di incarico. Adesso l'opinione pubblica guarda con giustificata preoccupazione all'Iran, alle forniture petrolifere, ai nuovi scandali, agli euromissili, alla legge liberticida sull'editoria: e non ha tempo né voglia di pensare all'università. Tanto di guadagnato per le bande dei saccheggiatori in agguato. pronte a strappare altri brani dal corpo mutilato dell'istruzione superiore profittando della disattenzione universale, già mostratasi così vantaggiosa in passato. Ciò che accade è presto detto. Un ministro liberale del gabinetto Cossiga, alla scadenza della proroga concessa lo scorso anno ai precari, presenta un disegno di legge con alcune norme di buon senso, e chiede al parlamento una delega che autorizzi il governo a provvedere al resto. Ma alla commissione istruzione della Camera è in attesa la solita coorte di insegnanti di scuola media e di intellettuali di mezza tacca, reduci da ripetuti fallimenti universitari; mentre, nei corridoi, si affolla la corte dei miracoli dei veri o presunti rappresentanti sindacali della scuola. Gli interventi di costoro sono registrati nelle modifiche al progetto governativo che si leggono nel testo del disegno di legge proposto dalla commissione. Fra le tante perle, ci limiteremo alle seguenti. La commissione vuole che la legge imponga a tutti i docenti universitari un identico orario di insegnamento, in misura non superiore a tre ore al giorno. Il limite superiore verrà naturalmente assunto come livello normale, non essendovi ragioni plausibili per adottarne uno inferiore a quello indicato dalla legge. La nuova università italiana dovrebbe dunque essere un sistema nel quale 30.000 professori ufficiali (ordinari e associati) e 15.000 ricercatori, per un totale di 45.000 docenti (che raggiungerà i 49-50.000 nei 5

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