Il Leviatano - anno I - n. 7 - 18 dicembre 1979

1984&1985 GUIDO RILLETTI L'ultimo incubo letterario « ScRNERE È DUNQUE svET.ARE n MONDO E al tempo stesso proporlo come compito alla generosità del lettore ... Quanto a me che leggo, se creo e mantengo in esistenza un mondo ingiusto, non posso a meno di rendermene responsabile. E tutta l'arte dell'autore è volta ad obbligarmi a creare ciò che egli svela, dunque a compromettermi ... e se non è veramente la città dei fini che dev'essere. hisogna almeno che sia una tarpa verso di essa». r.l.P. Sartre. Che cos'è la le11erat11ra. li Saggiatore. 1960). Fossimo nei panni di Anthony Burgess. autore del recentissimo /984 &/985, agghiacciante cacotipia. o utopia negativa, sull'imminente dittatura sindacale. non ci priveremmo dello sfizio di inviarne una copia allo «Zdanov disarmato», e. perché no?, una anche ai suoi nipotini italiani, che so Sanguineti, Volponi. scelti a caso tra la folla degli «organici». A costoro non potrebbe non sfuggire una smorfia di disappunto nel vedere come una concezione della «letteratura come impegno», che avrebbe dovuto tagliar corto alle passate ambiguità, finisce per essere un «passe-partout» buono per tutte le porte; a meno di definire esattamente ché cosa intendere per «città dei fini», e conseguentemente dare patenti di «letteratura impegnata buona» e «letteratura impegnata cattiva». A questo punto non si vede che farsene della letteratura visto che alla bisogna, meglio dei letterati, provvedono due rispettabilissime categorie di persone: politici e propagandisti di professione. li libro di Burgess. insomma, rischia di essere una ghiotta occasione per celebrare un funerale di prima classe a quel sintagma destituito di senso che è «letteratura impegnata•. La letteratura è sempre stata, è, e sarà una comunicazione che ha per oggetto se stessa; ora, alcuni scrittori, un po' equivocando sul loro mestiere. un po' perché oppressi dai mali del mondo, si illudono di risollevarne le sorti con le doti di un'arte che, per essere fatta con le stesse parole della lingua comune. si presta all'equivoca commistione di arte e vita. Le lettere si sono sempre giovate di tali equivoci: così dell'epicureismo di Lucrezio, come dell'invasato riformismo religioso di Dante, così del veemente moralismo di Swift. Ma oggi, grazie a Dio, estimatori e detrattori di tali personaggi non si dividono certo tra stoi~i ed epicurei. o tra bianchi e neri. La cillà dei Jì11i di Sartre è qualcosa con una bandiera rossa là in alto ed i borghesi appesi ai lampioni, e lo stesso, pressappoco, vuol dire «impegnato• per Brecht e Majakovskij: forse per questo i loro scritti hanno sempre la funzione di una rivista pornografica nella sala d'aspetto di una prostituta; ma non sono certo gli impegni cattivi a fare cattiva letteratura; la generazione che ha vent'anni si pasce avidamente di Pound e di Celine infischiandosene o ignorando il caotico fascismo dell'uno ed il collaborazionismo dell'altro. Per le stesse ragioni non l»Lstano impegni u buoni a fare buona letteratura; certamente non è bastato l'impegno nella demistificazione del comunismo a fare di Koestler e Silone dei grandi scrittori, e forse anche il giudizio su Orwell e Burgess. meglio di noi lo daranno quei fortunati per i quali comunisti e fascisti saranno come per noi bianchi e neri. li libro di Burgess è così impastato di cronaca, è così attuale: collasso di tutti i poteri dello Stato "tranne quello sindacale che tutti li riassume; il lavoro condizionato all'appartenenza e all'obbedienza sindacale; l'unica forza di opposizione al caos è un esercito clandestino di fanatici musulmani che non obbediscono allo sciopero per costruire la gigantesca Moschea; che il lettore è forzato a farsi l'antica domanda: «è un libro importante o un libro bello?». Se un libro importante è tale quando è discusso da un numero di persone superiore ai suoi lettori, questo si può dire senz'altro del libro di Burgess. Ma questi terni, che sono così brucianti per italiani e inglesi, non lo sono altrettanto per tedeschi e argentini dopo la «normalizzazione militare». mentre opere postume. come Il Processo e li Maestro e Margherita, assai meno importanti dell'Utopia di T. Moore, scritta in latino. sfidano allegramente tempo e spazio, perché il male che contengono non è politico, è il Male metafisico che accompagna l'uomo in qualsiasi regime: la sua debolezza, la sua incapacità a concepire la felicità senza perdere la libertà e viceversa. I mali politici. per quanto atroci. sono come una mano schiacciata da una pressa: il male si sa da dove viene e quando avrà termine. L'angoscia è il male del signor K., senza origine e senza senso. e soprattutto senza fine. E' l'assenza di ineluttabilità del male che ci rende poco simpatici questi lavoratori vittime delle sbarre che si sono costruiti intorno a loro stessi; se non sono in grado di liberarsene non meritano di meglio. Insomma non si tratta né di una dnmina1ionc straniera. né di una dittatura di un·otigan.:hia partitica sulle masse: ma è semplicemente «il potere delle masse». In questo sta il suo pregio maggiore. almeno dal punto di vista del realismo: questo libro ha voluto essere una «correzione• di /984 di Orwell. che rappresenta una vera dittatura sulle masse che Burgess ritiene improbabile. I dubbi maggiori vengono da quegli aspetti «melodrammatici» dei quali Burgess ha intenzionalmente condito il sandwich: la moglie bruciata all'ospedale durante uno sciopero dei pompieri. la tortura, il suicidio del protagonista col petto nudo contro il filo ad alta tensione che circonda il «lager». Viene il ANTHONY BURGESS 18 DICEMBRE 1979

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