TERRORISMO • ... e noi ci tesseriamo UN GIORNO SI E UNO NO, TERRORISTI, mafiosi, delinquenti comuni ammazzano o feriscono un poliziotto o un carabiniere, un professore, un capo-reparto, un dirigente industriale; deteniamo il record assoluto dei sequestri di persona; qualche giovanotto conduce la propria «battaglia ideale» portando a spasso due missili terra-aria da mezzo miliardo l'uno; in tasca a Gallinari si è trovato un piano di assalto al carcere speciale dell' Asinara, un'operazione militare con mezzi terrestri e navali da far invidia a un corpo di marines; l'assalto è sventato, ma nel corso di una rivolta, sempre ali' Asinara, i detenuti sotto sorveglianza speciale si scopre sono provvisti di bombe a mano; vent'anni fa Antonietta Longo, la decapitata di Castelgandolfo, il caso Fenaroli o quello Bebawi reggevano le prime pagine dei giornali per giorni e giorni, mesi addirittura, o anni: oggi un Pecorelli, un Ambrosoli, un Boris Giuliano, un Alessandrini, un Croce, un Casalegno, un Guido Rossa resistono poche ore, subito cacciati da un nuovo, più efferato, delitto. Di chi la colpa? Quali le cause? Ci sarebbe molto da dire. da ricordare. da riscoprire. Ma il problema più urgente non è capire, per quanto capire possa essere importante. Il problema, ora, è fermare la mano degli assassini, dei gambizzatori, dei sequestratori. Sarà pur vero che la lotta all'inflazione è anche lotta al terrorismo, come pensa Rodotà; sarà pur vero che i killer sono disoccupati in cerca di prima occupazione, e che basterebbe offrirgli un posto di spazzino per trasformarli in agnellini; sarà pur vero che la crisi della pastorizia spiega i sequestri della Sardegna, come raccontano tutti i sociologi d'Italia su tutti i giornali d'Italia. e che se al pastore fosse garantito mezzo milione al mese se ne infischierebbe del miliardo del riscatto; per quanto queste «spiegazioni» sfuggano al buon senso, ammettiamo pure di sbagliare noi, e che esse siano invece la verità. Ma, intanto, che si fa? In attesa di risanare l'economia, in attesa di riassorbire la disoccupazione, in attesa di ricondurre l'inflazione a livelli ragionevoli, c'è forse altra strada che non la ferma repressione dei delinquenti, e in primo luogo dei colpevoli di reati violenti? Continuate pure a sognare la società perfetta in cui si potranno abolire le carceri, come vuole Foucault; sbizzarritevi, nelle vostre riunioni, nei vostri articoli, nei vostri opuscoli, a disegnarci 8 un mondo in cui tutti saltellano felici, la manna piove tutti i giorni, tutti sono ricchi e nessuno fa niente. Nel frattempo, salviamo il salvabile: la convivenza civile, il gusto di uscire la sera senza il timore di essere aggrediti, la libertà di dire quello che si pensa senza essere gambizzati, la libertà insomma, tout court, la nostra imperfetta democrazia, senza la quale la libertà non esiste, l'ordine, senza il quale non esiste né libertà né democrazia. Ordine significa che tutti rispettano la legge; ordine significa reprimere tutti coloro che non rispettano la legge. Ordine non significa libertà, dunque; ma il contrario della libertà, il limite della libertà. Ordine significa sacrificare ciascuno una parte della propria libertà perché tutti possano godere di una più limitata, ma effettiva, libertà. Ordine significa abolire la libertà di uccidere per garantire la libertà di vivere, abolire la libertà di far violenza per garantire la libertà di lavorare, parlare, scrivere, muoversi, agire. Non Enzo Felsani Confederale li renerr,k Enzo Fetsani è eiponenù del mo>UMnlo per la /orrnavone di IUI siNlaealo di polizia atkrenù aJk confedenuioni 1ùulaeali CGILCISL-UIL. Generale Felsani, il progetto governativo di riforma di polizia prevede che le organizzazioni sindacali dei poliziotti non possano essere collegate con organizzazioni confederali. Qual è il suo giudizio in proposito? La nostra posizione è quella prevista dalla Costituzione per tutti i sindacati. Chiediamo al governo il rispetto degli articoli 39 e 40. L'articolo 40 prevede una limitazione al diritto di sciopero: noi, per parte nostra, abbiamo già detto in varie occasioni che il sindacato di polizia rinuncia al diritto di sciopero di propria iniziativa. Però chiediamo che ci sia da parte del governo il rispetto dell'articolo 39, che all'erma che •l'organizzazione sindacale è libera•: chiediamo cioè che non ci siano limitazioni organizzative al sindacato di polizia. Su questo punto abbiamo criticato il progetto di legge governativo, che pone limiti alla libertà di organizzazione, in quanto preclude qualsiasi forma di adesione a federazioni sindacali, contiene limitazioni alla capacità propositiva in alcune materie, che vengono sottratte alla competenza del sindacato, e limita la capacità contrattuale del sindacato. Infatti, sempre nel progetto governatiI I DICEMBRE 1979
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