Il Leviatano - anno I - n. 5 - 4 dicembre 1979

SINDACATO SIRIO DI GIULIOMARIA Tutti contro tutti LA CLASSE POLITICA, SOPRATTUTTO quella che ha avuto funzioni di governo, ha pesanti responsabilità per la situazione di crisi in cui versa l'Italia. Ma anche il sindacato, come ha recentemente ricordato Giorgio Amendola, ha le sue, e rilevanti. Mentre però le responsabilità del governo vengono costantemente denunciate, e pensiamo sia essenziale continuare a farlo con decisione, a quelle del sindacato si accenna solo in maniera episodica, a volte con timida reticenza. La ricerca di tutte le cause e le responsabilità della crisi dovrebbe invece essere il più possibile spregiudicata e approfondita. Un esame della natura di alcune delle rivendicazioni sindacali a volte fa pensare che il concetto marxista di lotta di classe sia stato sostituito da quello di lotta di gruppo. Il sindacato, anche attraverso strumenti come lo Statuto dei Lavoratori, interpretato, come dice Amendola, «a senso unico», ha sostenuto e anche sollecitato rivendicazioni di categorie, e persino di singoli, senza considerare se fossero in sé legittime e quali costi avrebbero comportato per la collettività. Si è insistito, ad esempio, sui prezzi politici dei mezzi di trasporto delle grandi città, senza pensare che il loro costo viene pagato anche da chi non ne beneficia, perché abita in piccoli centri. Ci si batte per tariffe telefoniche non remunerative, quando ancora metà degli italiani non hanno il telefono. Si è favorita la «giungla retributiva» con lotte che non tutelano le categorie più disagiate, ma privilegiano quelle che hanno una maggiore forza contrattuale perché operano in servizi pubblici essenziali. In un primo tempo le segreterie confederali hanno cercato di contrastare tale tendenza scavalcando i sindacati di categorie, ma hanno poi finito per cedere alle pressioni categoriali anche nelle trattative che hanno assunto in prima persona. Si sono chiusi gli occhi di fronte a fenomeni come l'assenteismo, l'insubordinazione e la negligenza sul lavoro, favorendo obiettivamente i lavoratori meno coscienti. Le conseguenze di questo stato di cose cominciano a essere pagate anche dalle amministrazioni di sinistra (caso dei netturbini di Napoli e dei vigili urbani di Roma). Agli orizzonti limitati in campo rivendicativo fanno riscontro orizzonti altrettanto limitati nella visione dei problemi economici. Per le induU strie in crisi le soluzioni del sindacato non vanno al di là del salvataggio. Come i governi provvisori, il sindacato dimostra disponibilità solo verso soluzioni a breve termine. Si crea quindi una situazione in cui manca la base politica per una qualsiasi programmazione. Inoltre, con le aziende IRI che presentano debiti per 20 mila miliardi. non rimane molto margine per salvataggi che non vengano duramente pagati dalla collettività non solo con il costo eflettivo, ma anche con la conseguente tendenza ad incoraggiare quelli che De Benedetti chiama «industriali di avventura», che si impadroniscono dei fondi elargiti dal governo. Le soluzioni di tipo assistenziale non fanno altro che trasferire il problema nel tempo e nello spazio, in quanto rimandano, aggravandola, la soluzione, e trasmettono i costi ad altri strati della popolazione. La politica del sindacato è non solo scarsamente efficace a difendere l'occupazione, ma può anche risultare in effetti negativi. Facciamo alcuni esempi. - L'aumento in assoluto dei salari più del costo della vita e senza che aumenti la produttività e la creazione di condizioni vincolanti nel reclutamento della mano d'opera e nella organizzazione del lavoro (es.: i limiti alla mobilità) hanno incentivato lo sviluppo tecnologico a detrimento dell'occupazione. Come dice Giorgio La Malfa («La Repubblica», 18/11), «se si prevedono salari stabili, prevarranno tecnologie meno intensive di capitale, se si prevedono salari crescenti. prevarranno tecnologie che sostituiscono la mano d'opera». - In una economia moderna i nuovi posti di lavoro non si creano necessariamente nell'industria, ma nel settore terziario. Condizione preliminare perché ciò avvenga è che l'industria «tiri», cioè produca il reddito necessario al finanziamento dei servizi. I posti di lavoro persi per investimenti in direzione della produttività (es. Olivetti) possono essere assorbiti dalle aziende che producono macchinari o dalla crescita del sistema economico in generale. Impedire in -ogni caso i licenziamenti può significare incidere sulla produttività dell'industria e compromettere la crescita economica. Il sindacato non comprende quindi che i posti di lavoro non si creano o difendono necessariamente in ciascuna fabbrica, ma nell'ambito del sistema. - Il sindacato tende a difendere gli occupati a scapito dei disoccupati. Questa considerazione può essere ricavata non solo dagli esempi che abbiamo fatto, ma anche dall'esame di situazioni come quelle dell'Alfa Sud, in cui per produrre le attuali 500 vetture al giorno basterebbero 8.130 degli attuali 15.280 addetti in organico. Che senso ha opporsi a misure efficaci contro gli assenteisti, cioè quelli che hanno in genere un doppio lavoro, in un città in cui molti non ne hanno neanche uno? Le forme delle agitazioni sindacali rispondono a volte ad una logica non solo ristretta, ma 4 DICEMBRE 1979

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==