Il Leviatano - anno I - n. 2 - 13 novembre 1979

- HUA IN ITALIA DOMENICO BARTOLI Alla caccia del <<Milione>> L , AMMAINABANDIERA IMPOSTO DALle autorità italiane al circo Orfei che inalberava il vessillo di Formosa, avendo nel proprio personale alcuni acrobati cinesi non di obbedienza comunista, è stato un significativo esordio della visita di Hua Guofeng, il primo ministro e supremo capo della Cina. Pare che l'offensivo simbolo sventolasse lungo il percorso che l'ospite doveva percorrere dopo l'arrivo all'aeropc,rto. La vista sgradita gli fu risparmiata. Si dice che gli acrobati fossero invitati a non muoversi dalla loro roulotte, quando il corteo di automobili giunta dall'URSS, sono cronaca del nostri giorni. Il comportamento del governi francese, tedesco ed ltaUano nel confronti di Hua Kuofeng ~ apparso abbastanza sincronizzato per non avvalorar,, U sospetto che la visita del pn,sidente cinese sia stata preceduta da massicci Interventi diplomatici dell'URSS. A quanto sembra In Europa esistono oggi solo due capi di governo con le paUe: Josip Broz Tito e Margan,t Thatcber. Il primo, alle dun, deplorazioni deU'URSS per aver accolto calorosamente lo stesso Hua Guofeng In visita a Belgrado, ba risposto con U consueto orgoglio, In un discorso pubblico addirittura, rivendicando al suo Paese Il diritto di accogllett cbl vuole e confermando cbe «l'egemonismo esiste In pattccble parti del mondo». La seconda, alle minacce sovietiche per la questione del Crulse e Persblng 2, ha risposto senza esitazione di essett favottvole alla loro Installazione In Europa, mentn, nella visita di Hua Guofeng si ~ comportata con dignitosa flen,zza accettando, per di plil, di fornltt alla Cina 90 aettl a decollo verticale. Il n,sto dell'Europa, al contrarlo, da qualche anno mostra di essett predisposta a subltt le pttvarlcazlonl sovietiche accettandole In nome di un ptt• sunto «rafforzamento della. distensione». Menttt In n,altà, cosi facendo, essa sta scrivendo le prime paclne della sua flnlandlzzazlone. Gianni Finocchiaro IL LEVIATANO passava v1cmo al circo. Dovere di ospitalità, senza dubbio. Ma non si agitavano per Roma gli emblemi dei Vietcong durante le visite, nei tardi anni '60, di grandi personaggi americani? Non fu quasi aggredito un vice-presidente degli Stati Uniti? Non si fece viaggiare Nixon in elicottero? L'Italia ufficiale, per quanto lusingata da questa visita, era anche imbarazzatissima, trovandosi sballottata da due pressioni opposte. Da una parte, i sovietici, che ripetendo quanto avevano detto nelle altre capitali europee, annunciavano proteste e finimondi diplomatici se il nostro governo avesse tollerato invettive contro di loro da parte del visitatore. E dall'altra, i cinesi per i quali l'Europa serve a due soli usi, tutti e due sgraditi ai sovietici, e cioè come fornitrice di prodotti industriali, specialmente di interesse militare, e come contrappeso strategico. Il viaggio a Parigi, Bonn, Londra e Roma del successore di Mao doveva servire a questi due scopi. La voce di Hua nei brindisi, nei discorsi, nelle conversazioni riservate doveva levarsi liberamente per segnalare i pericoli, per incitare alla resistenza quelli che, senza dubbio, i cinesi giudicano come i pavidi, decadenti e rammolliti europei. Hanno poi tanto torto? In un articolo di alcuni anni fa, il mio amico Sergio Fenoaltea ci avvertiva di non prendere sempre sul serio gli incitamenti antisovietici dei cinesi. Questi, diceva Fenoaltea, per anni hanno aizzato il governo di Mosca contro l'Occidente, contro la «tigre di carta» americana». Ora, fanno il contrario. È il loro interesse, anche se il gioco viene condotto un po' rozzomente, più da imitatori dei bolscevichi che da eredi dei mandarini. Una tensione intorno a Berlino, qualche incidente fra sovietici e occidentali sarebbero utili ai cinesi, ma non agli europei. Pure, non è possibile negare che molte delle cose gridate da Hua contro gli «egemonisti» siano del tutto vere. È vero che l'Unione Sovietica fa pesare su di noi una minaccia armata permanente, e che la sua espansione mondiale non ha tregua. È vero, che un comune interesse difensivo, sia pure un po' alla larga, ci lega a quel lontano Paese. È vero, infine, anche se Hua ha la prudenza di non minacciarlo, che sarebbe rovinoso per noi un ritorno dei due colossi comunisti alla collaborazione e all'alleanza. Da tutti questi punti di vista, mi sembra, il bavaglio che gli europei hanno tentato di mettere all'ospite, senza riuscire del tutto a imporglielo, è un errore politico, e la rivelazione perfino ridicola della debolezza di un continente che fu il centro del mondo. 9

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