Il Leviatano - anno I - n. 1 - 4 novembre 1979

dell'autunno caldo. Ma ai processi destabilizzanti di quegli anni altri se ne affiancarono di segno contrario, a cominciare dalla rilevantissima espansione delle classi medie, cresciute (come suggerisce una lettura critica delle indagini di Sylos Labini) da un 30 a un 50 per cento della popolazione attiva, e nella gran parte orientate verso la conservazione dell'ordine di cose esistente. Altri hanno insistito sulla necessità che i salari italiani si adeguassero a quelli europei: ma in un paese dove il reddito nazionale restava ancora largamente inferiore a quello degli altri membri del Mercato Comune, i redditi operai potevano raggiungere i livelli francesi o tedeschi solo sottraendo ad altri ceti un parte della quota ad essi spettante; a non contare l'irrazionalità di un assetto economico che rinunciasse a combinare nel modo più economico i fattori produttivi disponibili in sede nazionale. Ma soprattutto la debolezza della spiegazione socio-economica della crisi italiana appare evidente quando venga riferita ali' esperienza francese. Modello di uno sviluppo realizzatosi con squilibri comparativamente minori che in ogni altro paese europeo, la Frj\ncia attraversò nel 1968 una crisi politico-sociale assai più grave della contemporanea crisi italiana: ma, a differenza di quel che accadde da noi, essa venne rapidamente ed energicamente superata, e il decennio successivo al di là delle Alpi ha visto una continua e grandiosa espansione in tutti i settori. I fautori della sociologia ad ogni costo invocano a questo punto le tradizioni della burocrazia francese, tanto più solida di quella italiana. Ma a fronteggiare i dieci milioni di operai in sciopero e gli studenti rivoluzionari del maggio 1968 non furono i funzionari dei ministeri parigini ma una classe politica ispirata dall'autorità e dal prestigio di De Gaulle, e sostenuta da una opinione conservatrice che intorno al generale e al suo governo rimase unita anche quando si profilò la possibilità di un intervento dell'esercito. 8 11discorso viene dunque ribaltato dal livello sociologico a quello politico: al livello, cioè, dello Stato, e della sua capacità di assicurare l'ordinato progresso della vita civile. In un momento di crisi drammatica, in presenza di una concreta minaccia di rivoluzione e forse di guerra civile, lo Stato francese riuscì ad assolvere questo compito, facendo appello alle energie e alle risorse di un'antica e solida società politica, che invano la leggerezza di molti osservatori cercò subito di svalutare come manifestazione di sola paura borghese. Messo alla prova, in una situazione assai meno difficile, lo Stato italiano si è invece rivelato incapace di controllare le tensioni prodotte dallo sviluppo, e ha lasciato in gran parte inutilizzate anche le potenzialità che lo stesso sviluppo offriva di avviarle a sbocchi positivi. In questo senso, la sola politica praticata con coerenza è stata la utilizzazione di una fiscalità sempre sperequata ma meglio armata che in passato, al fine di prelevare dal cresciuto reddito nazionale i mezzi non già di meglio provvedere alle esigenze della collettività ma di tacitare per qualche tempo le richieste dei gruppi più forti e più aggressivi: che è, oltre tutto, l'origine della incontrollata dilatazione della spesa pubblica e del rilevantissimo contributo che essa reca all'inflazione. Una politica di questo tipo documenta la degradazione dell'arte di governo ad arte della corruzione generalizzata, in un paese dove sembra che non si sappia più distingere la funzione redistributrice del reddito propria dello Stato democratico dal mero clientelismo e dalla pratica dei favori settoriali. Una spiegazione più soddisfacente di ciò che in Italia è accaduto negli ultimi anni andrà dunque ricercata nei caratteri dello Stato repubblicano nato il 2 giugno 1946. La Resistenza e le speranze sorte dal crollo del fascismo avevano espresso alcuni gruppi dirigenti dotati di precise motivazioni politiche: ma le cose stavano assai diversamente per il resto della società italiana. Per gran parte dei ceti medi, formatisi alla scuola del patriottismo di stampo risorgimentale 4 NOVEMBRE 1979

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