I NELMONDO I I VITA DI CHIERICI I Soluzione finale SECONDO I CINESI (AGENZIA «NUOVA Cina»), «quali che siano stati gli errori che il governo del Kampuchea democratico (cioè il governo di Poi Por) ha potuto commettere nel passato, è un fatto che esso rappresenta oggi la principale forza di resistenza a/l'aggressione vietnamita»; e poiché «il compito urgente in Cambogia è oggi quello di obbligare il Vienam a ritirasi da quel Paese», se ne conclude che la Cina appoggia in tutti i modi la restaurazione dei cosiddetti «khmer rossi». Dall'altra parte, i Paesi del blocco sovietico sono impegnati strenuamente nel difendere il governo-fantoccio di Heng Samrin, installato dal Blitzkrieg vietnamita dell'inizio dell'anno. Con il pretesto dei crimini commessi dai «khmer rossi», dei quali peraltro non si erano accorti tra il 1975e il 1978, anche i comunisti italiani sono sostanzialmente schierati sulla stessa linea. Tra le stragi di Poi Por e le uccisioni in una guerra cinosovietica per interposti vietnamiti e cambogiani, la popolazione khmer, stimata in oltre 8.000.000 di abitanti nel 1976, è nel frattempo quasi dimezzata. / superstiti, inoltre, rischiano la morte per denutrizione, mentre la sterilità delle donne e l'elevatissima mortalità infantile rischiano di far scomparire in pochi mesi tutti i bambini di età inferiore ai cinque anni. Il «compito urgente» appare dunque né quello di cacciare i vietnamiti né quello di lasciar terminare l'occupazione, ma più semplicemente quello di soccorrere tutti i cambogiani ammalati e affamati, ciò che solo recentemente si è potuto cominciare a fare, aggirando le prrgiudiziali politiche delle opposte fazioni. Resta, nondimeno, il problema del futuro politico della Cambogia. E se appare inaccettabile che si lasci ai vietnamiti il compito di governarla manu militari, altrettanto assurdo deve apparire, ad ogni persona di buon senso, esigere sic et simpliciter il ritiro dei vietnamiti e il conseguente ritorno al potere di quel Poi Por responsabile, per parte sua, della morte di almeno 1.500.000 cambogiani, tanto più che sembra che la politica del genocidio continui nei territori attualmente sotto il controllo dei «khmer rossi». Senza doverne sposare la filosofia politica e senza dimenticarne gli errori del passato, sembra ragionevole, in questo contesto, ciò che propone Norodom Sihanuk (nel recente libro Croniques de guerre ... et d'espoir) per la pacificazione della Cambogia, e cioè: a) la convocazione di una conferenza internazionale di tutte leparti interessate; b) l'invio in Cambogia di una forza internazionale che provveda al disarmo di tutte le parti e al ritiro delle truppe vietnamite; c) la convocazione di libere elezioni sotto controllo internazionale cui possano partecipare tutte le formazioni politiche; d) l'impegno da parte di tutti sulla neutralità <segue a pag. :?3) (a cura di Guido Rilleth) II comunismo in musica LA PROPOSTA DEL so VRINTENDENTE DELla Scala, il socialista Carlo Maria Badini, di reperire risorse a sostegno del suo teatro con l'intervento pubblicitario dell'industria, è piovuta come una bomba in un ambiente che pure è avve1.1.oa tutti gli sperimentalismi. Badini, di fronte al dissesto cronico del teatro, nonostante l'impegno finanziario di Stato, enti locali e banche cittadine, pone con chiare1.1.ail problema: «non si può continuare a presentare allo Stato conti a/l'incasso, non si può continuare a chiedere che tutta l'attività musicale, anche quellaprivata, sia esclusivamente finanziata dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali. A questa linea vi può essere un 'alternativa. Questa è rappresentata dalla capacità delle istituzioni musicali pubbliche di trasformare in prodotto industriale quanto vengono realizzando nei teatri d'opera e nelle sale da concerto... occorre che dette istituzioni trasformino in dischi, in film, in collegamenti radiotelevisivi il proprio prodotto operistico e sinfonico, traendo da ciò quei «profitti» da reinvestire nell'attività istituzionale primaria». A sostegno del ragionamento di Badini si potrebbe anche aggiungere - e non sarebbe la questione meno importante - che la migliore garanzia del pluralismo culturale e della democrazia politica è il mercato; che quello che accomuna i Paesi totalitari di destra e di sinistra è il dominio assoluto dello Stato su scuola, editoria, giornali, radiotelevisione e spettacolo in genere; che non le elezioni - quelle le fa anche Khomeini - ma l'indipendenza economica dei mass media dallo Stato è il segno più sicuro della salute deHa democrazia. Ma per tornare alla Scala, a Badini ha replicato, stracciandosi le vesti per l'eresia neoliberista, il ministro della musica del PCI Luigi Pestaloua, che ha così sentenziato: «il nodo della questione musicale, sotto la specie della sua economia, è quello di una rapida riforma che renda obbligatorio il finanziamento statale... In altreparole, anche in campo musicale, si tratta fondamentalmente di far funzionare lo Stato, poi viene il resto». La replica di Pestaloua, a parte il lapsus del «resto», che significa la qualità artistica degli spettacoli prodotti, potrebbe così riassumersi: «La minestra è rancida; allora doppia porzione!». Toscanini tolse la gestione della Scala ai palchettisti privati non per darla ai sindacati o alle cricche partitiche, ma a un ente pubblico chiamato non a caso «autonomo». Ma su che cosa si fonda tale autonomia se non sulla pluralità delle fonti di finanziamento (botteghino, Stato, privah)? A Pestaloua questa autonomia non piace. E non a caso. In quali enti autonomi di fatto oltre che di nome avrebbe potuto infilare alla direzione artistica una nidiata di fedelissimi, promossi sul campo per meriti di partito? Quale ente veramente autonomo avrebbe tollerato una delle più sfacciate prostituzioni della musica agli interessi di partito come l'opera di Nono Al gran sole carico d'amore, rappresenta di fronte a una sala disertata dagli appassionati e affollata di militanti? O (segue a pag. 24) 4 NOVEMBRE 1979
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