Il Leviatano - anno I - n. 1 - 4 novembre 1979

hanno niente a che vedere con questi dibattiti tra specialisti. Ci si può consolare tuttavia pensando che in questi casi le occasioni di prendere una giusta decisione (i cui effetti cioè sono conformi alle attese) non sono forse maggiori se questa decisione è presa da esperti piuttosto che casualmente dalle emozioni popolari. È ancora più sorprendente quando si tratta di affrontare «soluzioni globali»: chi sono, per proporle, gli infallibili esperti e, soprattutto, come gli altri - che non pretendono esserlo - possono eleggerli? I meccanismi effettivamente più democratici possono facilmente produrre capi mediocri, ciò che il senso stesso della parola «mediocre» suggerisce e che l'esperienza conferma; i meccanismi dispotici producono capi mediocri o, molto più facilmente, dei criminali: e questa è di solito una mediocrità d'altro tipo e ben più pericolosa. Non c'è bisogno di dire che una società pluralista e aperta ha più possibilità - senza garanzie naturalmente - rispetto a una società dispotica di prendere decisioni importanti partendo da premesse razionali e soprattutto di correggere i propri errori. Resta il fatto che il dispotismo, soprattutto sotto forma comunista, ha le sue virtù: ci offre la sicurezza in cambio della servitù e della rinuncia alla partecipazione agli affari pubblici, ci sbarazza dell'obbligo di avere delle nostre opinioni o idee, ci culla nell'oceano di ottimistica menzogna (e chi ha provato, poi, che si vive meglio nella verità che nella menzogna?). Che le forze sociali che favoriscono l'ondata totalitaria non riusciranno a prevalere è, dopotutto, una scommessa basata sulla nostra fiducia sul bisogno sufficientemente evoluto di libertà, piuttosto che una previsione sostenuta da un calcolo senza pregiudizio. Ci sono senza dubbio circostanze che giocano a profitto della tendenza totalitaria e ce ne sono altre che la sfavoriscono. Tra le prime-a parte l'espansionismo sovietico - si trovano tutti gli imperativi economici che portano alla concentrazione del potere nell'apparato dello Stato, nella misura in cui questo deve essere responsabile dello sfruttamento e della distribuzione di beni vitali limitati, (quali il suolo, le materie prime, le piante, le sorgenti di energia), così come della «salute» generale dell'economia, compiti che non si lasciano più regolare dagli automatismi del mercato. Vi si trova anche, come potente fattore psicologico, quell'infantilismo già menzionato, il maggior valore - cioè - attribuito alla sicurezza a spese di altri beni, e la nostra abitudine, sempre più accentuata, di aspettarci dallo Stato le ricette di felicità e i rimedi contro tutti i mali collettivi e privati e di condannarlo per il fatto che non ce li serva belli e pronti ad ogni occasione. Ci sono comunque altri fattori fortemente attivi nella direzione opposta; essi comprendono non solo tutti gli aspetti repugnanti del totalitarismo, la sua natura oppressiva, menzognera e anticulturale, ma anche la sua incapacità economica e tecnica incurabile che l'esperienza ha IL LEVIATANO pienamente rivelato e che è strettamente legata alla struttura politica. Essi comprendono l'opposizione crescente verso lo Stato, anche se questa opposizione si esprime a volte sotto forme puerili, perfino barbare. Essi comprendono ugualmente, come contrappeso psicologico incalcolabile ma non irrilevante, il desiderio di avere ampi spazi di vita personale e di espressione che nessun potere è autorizzato a regolare. Soluzioni radicali e parziali Tutte queste forze opposte hanno i loro pericoli, ciascuna il proprio. La ricerca del villaggio introvabile, combinata con la fede nelle possibilità infinite dello Stato, dà luogo alle illusioni - molto diffuse fra gli ideologi delle diverse correnti della sinistra - secondo le quali è possibile impiegare efficacemente una tecnica soTHOMAS HOBBES 19

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